BB. brrrrrr
Non lo nascondo, i blog aziendali non mi piacciono. Non tutti, sia bene inteso. Quelli “comunicativi”, che cercano di creare un’immagine attorno ad un brand. Non credo che riusciranno mai nell’intento di raggiungere il loro obiettivo di creare una comunitá o di trasferire un messaggio ai lettori. Troppo banali per l’utente evoluto. Dispersivi per gli altri.
Dopo il blog della Y, ecco l’ennesimo esempio di blog che non fa trasparire alcunché. Mi pare di assistere ai voli pindarici delle solite agenzie. Meglio fare altro, meglio investire in tabellare che pensare di creare immagine con queste iniziative di pseudo comunicazione. Questa volta è Bacardi.
Nessun post simile.
20 febbraio 2004 @ 01:02
Sono un neo-blogger. Il mio blog - per ora un guazzabuglio confuso di pensieri ancora troppo personali - aspira un giorno a diventare un blog che parla di comunicazione. [Perchè è in questo campo che desidero lavorare]. Un tipo di comunicazione provocatoria e shockante, non legata a nessun marchio o prodotto, poichè non lavoro (ancora) per nessuno (purtroppo). A mio modestissimo parere, devo dire però, scostandomi dalla tua critica, che il blog Bacardi e quello Y, mi piacciono. Perchè intendono infondere nel consumatore l’idea del mondo che queste due aziende intendono creare intorno al loro marchio. Ti ripeto, dico questo da osservatore esterno ed imparziale. Certo strumentalizzano (usano) “il blog” in quanto nuovo strumento comunicativo d’ultima moda, pubblicizzando il prodotto “di giorno in giorno” con storielle accattivanti e snob ma comunque legate al “mondo possibile” della marca. A me pare una buona strategia di marketing. Lavazza fa lo stesso, senza adoperare un blog, con Lavazza Channel.
Tornando a me, come noterai dal mio ultimo post, sto ancora cercando un’idonea impaginazione. Per ora mi sembra di arredare la mia stanza. Accetterei volentieri tuoi consigli e critiche.
Imlog è un blog molto interessante e utile: è in testa ai miei blog-link.
20 febbraio 2004 @ 09:47
Ciao Max,
io invece sono fiducioso nel supporto che un blog ben fatto possa dare alla comunicazione dell’azienda. Il punto è che si tratta di uno strumento che solo ora inizia ad essere utilizzato (almeno in Italia), per cui c’è tanta palestra e sperimentazione da fare. Se poi l’azienda è furba e capace, può oggettivamente valutare i risultati e modellare il blog nel modo più opportuno.
Nella mia azienda abbiamo iniziato a pensare ad un corporate blog da qualche mese. Io ne ho aperto uno mio per cercare di “capire” e per vivere in prima persona le opportunità ed i limiti dei web blog. Ora ne lanceremo uno che sarà uno strumento divulgativo e basta. Poi, forse, nascerà un vero e proprio blog aziendale.
Quindi, aspettiamoci un po’ di esperimenti in giro, di cui alcuni probabilmente inguardabili e noiosi. Ma anche i blog aziendali possono fungere da freccia nella faretra della comunicazione aziendale; certo che se poi l’azienda non sa tirare con l’arco…
20 febbraio 2004 @ 11:26
Ciao Mauro.
Come ho scritto non tutti i blog aziendali non hanno senso. Il tuo per esempio, e sono sicuro anche quello nuovo che state realizzando, è un giusto corollario dell’attività di AdMaiora.
Hai instaurato un colloquio con i tuoi clienti, trasferendo loro parte delle tue qualità professionali. Così come ha fatto Macromedia: ha instaurato un colloquio con i propri clienti. Un colloquio, interattivo per definizione.
Ma quando manca questo colloquio, vuoi per la lontananza del pubblico, vuoi per la difficoltà nell’utilizzo della tecnologia, allora è meglio utilizzare un altro media. Non deve essere la moda a guidare la strategia di comunicazione di un’azienda. Questo errore lo hanno (abbiamo) già commesso in passato.
23 febbraio 2004 @ 12:42
Questa “storia” del blog aziendale mi ricorda tanto quando qualche anno fa la parola di moda era “community”.
Alcune aziende ci provavarono, producendo in realtà degli aborti (alzi la mano chi mi sa fare un esempio di una BELLA community aziendale).
Il problema, che a posteriori poi è sembrato scontato, è che se permetti al tuo pubblico di parlare del tuo brand in casa tua devi essere disposto ad accettare la possibilità che ne parli male, e questo per un azienda è quasi inconcepibile. Se invece censuri il tuo pubblico, questo si troverà un altro posto dove parlare (male) di te.
Alcune aziende hanno rinunciato ad “utilizzare” le community per il loro marketing, altre si sono limitate a sostenere community “finte”, pseudo censurate, ed esclusivamente legate a progetti promozionali (la community del tal prodotto in lancio), altri infine hanno intuito che il vero valore di una community non è insito nella promozione, ma nell’ascolto dei consumatori che parlano liberamente.
Gli esempi più brillanti di questo atteggiamento sono da trovare a mio modo di vedere in ambito ICT: gli user group di compaq e apple, promossi a livello aziendale, ma sostanzialmente gestiti dagli utenti.
Chissà che anche la moda del blog aziendale, con il tempo, non si trasformi invece in uno strumento per ascoltare ciò che i consumatori hanno da dire, interferendo il meno possibile.
ciao
fra
23 febbraio 2004 @ 13:34
Come scrive M. Bancora, il blog, se blog viene fatto, deve essere usato dall’azienda per interagire con i propri consumatori: è un potenziale spazio comunicativo sia per l’una, che per gli altri.
Bacardi per esempio non da nessuna possibilità di lasciare commenti. Anzi chiede PURE di inserire la propira mail (per tenersi aggiornatisul blog ? ) . Il blog in questo caso non è vero blog. E’ solo pretesto di pubblicità. Capisco dunque il motivo delle critiche. Ma non prendiamolo come un vero blog .
23 febbraio 2004 @ 15:56
Fra, sono sostanzialmente d’accordo con te, ma forse esageri dall’altra parte: che senso ha fare un blog se deve essere usato come “strumento per ascoltare ciò che i consumatori hanno da dire, interferendo il meno possibile”? non basta un forum?
secondo me l’azienda dovrebbe sì ascoltare, ma anche proporre, informare, suggerire, per poi verificare le reazioni dei clienti/utenti e agire di conseguenza. Il valore aggiunto del blog aziendale potrebbe essere, IMHO, proprio la possibilità da parte dell’azienda di mantenere il timone della discussione, portando i clienti a discutere sugli argomenti più interessanti e più “critici” per l’azienda stessa.
24 febbraio 2004 @ 11:27
matteo, dici:
“Il valore aggiunto del blog aziendale potrebbe essere, IMHO, proprio la possibilità da parte dell’azienda di mantenere il timone della discussione, portando i clienti a discutere sugli argomenti più interessanti e più “critici” per l’azienda stessa”.
In teoria sono d’accordo con te: se fai un blog conviene che tu interagisca con i tuoi consumatori sui temi che ti riguardano. Il problema però nella pratica è che il “timone della discussione” non lo puoi mantenere se non con la censura, e ciò è male.
Se invece permetti ai tuoi clienti/consumatori di discutere liberamente della tua azienda/dei tuoi prodotti in “casa tua” (=in un sito o blog che sia ufficialmente aziendale, che abbia il tuo brand) avrai sicuramente molti benefici, ma ti troverai ad avere a che fare con utenti che hanno avuto problemi e che ti criticano.
Le critiche dei consumatori poi, in una community, non sono quasi mai blande e ragionevoli. Guarda i newsgroup ad esempio: i problemi sono estremizzati, le persone pretendono una soluzione e la pretendono subito, e un normalissimo problema da help desk, portato in piazza, rischia di diventare una crisi aziendale.
Esempio banale: sei un produttore di computer e un consumatore ha un problema con il drive cd del tuo ultimo modello: ci ha versato sopra il caffè e il suo gatto è rimasto fulminato. Ora pretende da te un computer nuovo e il risarcimento per il gatto fulminato. Cosa fai se questo tuo consumatore va sulla tua community a raccontare che il prodotto è difettoso, senza menzionare il fatto del caffè, e tutto il resto della community gli da credito? Attenzione: non puoi censurarlo.
Ora, nessuna azienda a mio modo di vedere può permettersi di investire dei soldi per un progetto di community (blog o forum o mailinglist che sia) il cui risultato rischia di essere una continua potenziale crisi associata al brand.
Molto meglio allora, se si crede nel valore di una community, è promouovere quelle dei propri utenti (con tecnologia, fondi, notizie e materiale) senza necessariamente pretendere di presidiarle con il proprio brand. In questo modo potrai ascoltare i tuoi consumatori, sentire cosa hanno da dire, promuovere le loro iniziative, e anche interagire con loro … ma senza portare i panni sporchi in piazza.
Guarda ad esempio gli user group di apple: sono iniziative degli utenti, a cui apple da supporto in termini di scontistica e di visibilità (sul sito corporate).
chiudo, ho già scritto troppo ….
ciao
fra
24 febbraio 2004 @ 15:43
Riguardo ai blog aziendali. Riassumo la mia personalissima visione:
1 non sono da paragonare ai blog personali. le persone non sono aziende, le aziende non possono avere la libertà delle persone
2 i blog, per stile e forma sono un modo per parlare in maniera meno “ingessata” di ciò che un’azienda fa e vorrebbe comunicare.
3 i blog non sono community. non credo nella community aziendale per una serie di motivi che sarebbe troppo lungo scrivere qui, ma nello strumento blog inteso come “diario/storia” di una persona (vera o finta che sia) ci credo, sempre tenendo presente che stiamo parlando di strumenti di mktg e perchè no, di pubblicità.
4 Gli utenti non sono celebrolesi completi, e sanno distinguere le differenze.
8 giugno 2004 @ 10:25
Scusate il ritardo…
Questa discussione mi fa pensare che in realtà non si sia colta appieno la natura che questi Blog virtuali hanno.
Non si tratta di voler creare un canale di comunicazione bidirezionale tra brand e consumatori. Non credo che sia questo lo scopo e non credo che lo avrà mai, almeno in questa forma.
Si tratta piuttosto di veicolare attraverso la forma dell’autoracconto/diario, per quanto fittizio, una serie di valori, sensazioni, emozioni, che l’azienda desidera collegare ai propri prodotti.
E’ una forma di pubblicità, non dimentichiamolo, e come tale trattiamola.
Discuterne con i parametri di analisi che si applicano ai blog reali è un po’ come voler giudicare le telepromozioni di Gerry Scotty come se fossero format di intrattenimento puro.
Il mezzo sarà anche quello ma il fine… Keyword: trasversale, ibrido.
Ora il punto:
BB riesce nel suo compito?
Quali sono i punti di forza?
Quali le debolezze?
Io credo che riesca nel suo intento proporzionalmente al respiro dato al suo progetto redazionale.
In questo risiede la forza e la debolezza del blog. Ed è per questo, credo, che BB sia una tipa in evoluzione, dapprima interessata a interventi spot e ora invece impegnata in un diario più organico, intimo e autoreferenziale.
25 giugno 2005 @ 04:34
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