La definizione che trovo più interessante per descrivere il “marketing virale” è quella di “messaggio che sopravvive al suo portatore, usando i contatti sociali per accrescere la sua diffusione”. In altri termini il marketing virale può anche essere visto come l’ultima (in ordine di sperimentazione) forma di permission marketing, dove il mittente del messaggio è, per il destinatario, un “trusted contact”, una persona di cui si ha fiducia.
Analizzando alcune campagne, nate come virali o diventate tali in maniera spontanea, ho elaborato quelle che ritengo essere tre caratteristiche fondamentali di questo sistema di diffusione dei messaggi.


Poco brand = Molto appeal

Il marketing virale è particolarmente adatto a promuovere eventi ed operazioni nelle quali il brand è “collaterale” ma non indispensabile; detto in altri termini il marketing virale è adatto a diffondere “socialità” e momenti di esperienza condivisa, dove il brand è presente in maniera molto discreta. Il marketing virale quindi funziona quando c’è “poco brand”, quando la natura promozionale di una marca/prodotto appare, a coloro che diffondono il “virus”, in secondo piano. Oltretutto il problema della credibilità (tutti siamo più o meno consciamente, e ragionevolmente, portati a credere che un messaggio accompagnato da un brand sia di parte, e quindi poco credibile) è notevolmente ridimensionato, proprio perché il mittente del messaggio non è un brand ma una fonte indipendente.

Not-interruptive

Un messaggio pubblicitario interrompe l’attività del destinatario, ne devia l’attenzione, qualsiasi cosa egli stia facendo nel momento della ricezione; in una parola, il messaggio pubblicitario è un’interferenza nella nostra vita.
Un messaggio virale invece non interferisce con le nostre vite, perché proviene da una fonte (amici, conoscenti) che sono parte stessa della nostra vita. Anche l’attenzione che una persona è disposta a dare nei confronti di un messaggio, è più alta se questo proviene da una fonte indipendente dal brand, fonte che è parte dei nostri contatti di fiducia.
Come citato in precedenza, il messaggio virale si diffonde là dove le persone fanno esperienza, in senso esteso, di tipo sociale. Se pensiamo quindi alla vita degli individui come ad un insieme di esperienze svolte in luoghi pubblici (bar, ufficio, eventi, concerti, palestra, ecc…), ed in luoghi privati, è facile notare che la maggior parte della comunicazione investe il target quando sta svolgendo un’altra attività, costringendo ad interromperla momentaneamente, mentre il marketing virale è l’unica forma di delivery del messaggio che è naturalmente iscritta nell’interazione tra persone.

Non misurabile

I fanatici del marketing quantitativo non saranno contenti del fatto che il marketing virale è difficilmente misurabile; di sicuro, per coloro che si sono abituati, soprattutto nella comunicazione on-line, a poter visualizzare le esperienze dell’utente su Internet (analisi del traffico e Web-metrics, misurazione delle campagne), può essere frustrante non sapere dove il proprio messaggio si sta diffondendo. Nel contempo però si ha la garanzia che il nostro messaggio virale si diffonde all’interno di un target qualificato, e che la sua diffusione è un avvenimento spontaneo e dal costo nullo per l’azienda.

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