Google e tulipani
Google ha comunicato alla SEC il suo ingresso nelle borse statunitensi, dove porrà in vendita un primo pacchetto di azioni per un totale di 2.700 milioni di dollari. Si tratta di una delle maggiori offerte pubbliche di azioni nella storia recente degli Stati Uniti.
Secondo il regolamento della SEC, l’ingresso in borsa potrà considerarsi effettivo tra 60 giorni.
La Società di Mountain View (California) ha annunciato che si quoterà sia al Nasdaq sia alla Borsa di New York: non si conosce al momento il valore iniziale delle azioni. In ogni caso Google ha informato che una parte delle azioni saranno emesse da Google stessa e una parte da azionisti.
I maggiori garanti dell’Offerta pubblica di azioni sono Morgan Stanley e Credit Suisse First Boston.
Il metodo di ingresso nelle Borse USA di Google è detto tecnicamente “metodo olandese” e mira, come afferma Google stessa, a includere nell’IPO fin dall’inizio sia i grandi sia i piccoli investitori.
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30 aprile 2004 @ 08:40
A riguardo segnalo un’interessante intervista a Larry Page, uno dei fondatori di Google. Page parla un po’ di tutto, dalla concorrenza al brand, dai progetti ai futuri scenari.
30 aprile 2004 @ 14:32
Voi comprereste le azioni? Non si rischia “un bagno di sangue”?
30 aprile 2004 @ 15:06
Che cosa intendi per bagno di sangue? Intendi se il rischio è troppo elevato?
Ancora non conosco con precisione i termini della IPO e non mi sono ancora messo a fare calcoli. Quello che mi preoccupa è il tipo di IPO e l’attenzione che sta suscitando presso i media. Il rischio è quello di vedere il prezzo di collocamento a livelli ‘assurdi’.
30 aprile 2004 @ 15:21
Per completezza di informazioni :-) vi segnalo la lettera di Larry & Sergei ai potenziali investitori.
http://www.investors.com/breakingnews.asp?journalid=20953468&brk=1
Non ricordo al momento su che blog l’ho trovata stamattina, ma credo sia un documento interessante per capire il contesto in cui avviene questa IPO. La mia impressione è che vogliano evitare che sia troppo facile rastrellare azioni per qualche banca d’affari magari su mandato di qualcuno…
Ho trovato molto interessante soprattutto l’accenno al sistema di voto e al differente peso attribuito alle nuove azioni, per mantenere il controllo gestionale e strategico dell’azienda.
1 maggio 2004 @ 16:00
Riguardo alla quotazione di Google, ho sentito accennare su Radio 24 che la decisione di quotarsi in borsa sarebbe maturata perché la società che ha creato Google ha raggiunto un livello tale di fatturato da dover sottostare, secondo quanto prescrive la legge statunitense, alle medesime regole di trasparenza delle società quotate…quindi, perché non quotarsi?
Al di là dell’esattezza o meno di questa motivazione per la quotazione, non mi sembra che in tutti i discorsi fatti dai fondatori di Google ci sia una riflessione sul perchè si quotano; anzi sembra che vogliano quotarsi ma mantenendo il controllo totale sui destini della società (ed in particolare sulla prospettiva a lungo termine, in opposizione a quella a breve-medio termine tipica delle aziende con l’unico fine del profitto immediato), cosa che è quasi impossibile se ci si trasforma da “private held” a “public company”.
La mia riflessione, anche alla luce della prima riflessione sulla normativa americana in merito di trasparenza dei bilanci, è che negli USA (soprattutto, ma non solo in USA) il capitalismo sia governato da troppi automatismi, come ad esempio le norme che spingono le aziende a diventare public company anche quando non è una loro priorità.
Ed anche Google, i cui fondatori sottolineano incessantamente l’atipicità della loro struttura organizzativa, atipicità che però li ha portati al successo, sembra che siano quasi obbligati a seguire una strada più tradizionale, con la quotazione in borsa…cercando però di farlo in modo di tenere lontani gli avvoltoi di borsa, quelle banche di investimenti che possono fare forti pressioni su di loro, cambiando il corso del loro stile di gestione aziendale…ma riusciranno in questo intento?