Il mistero Oliviero.it
In questi giorni mi è capitato di vedere in TV gli spot di Oliviero.it, sito di e-commerce di articoli sportivi nato dal megastore omonimo.
Essendo della zona mi era capitato spesso di vedere nelle TV locali le pubblicità del negozio fisico, caratterizzate dalla presenza dei personaggi di Beautiful come testimonial…
Devo dire che il passaggio alle reti nazionali, tra l’altro in periodo di Olimpiadi, e soprattutto la decisione di promuovere esclusivamente il sito e non il negozio mi ha stupito non poco. Evidentemente la chiusura di Giacomellisport.com ha portato benefici enormi ai competitor.
Incuriosito ho cercato in rete qualche informazione sul fatturato del sito: secondo questo recente articolo di Davide Casaleggio nel 2003 Oliviero.it ha fatturato 1,7 milioni di € in un mercato che nel suo complesso ha un fatturato di circa 6,6 milioni di €, e soprattutto ha raggiunto il pareggio economico nel 2003.
Sul web è presente quasi ovunque grazie alle affiliation ai maggiori portali (MSN, Virgilio, Tiscali) e siti di comparazione (Kelkoo, Costamento), ma con investimenti presumibilmente non altissimi e soprattutto nella maggior parte dei casi in forma di revenue sharing. Ora, com’è possibile che un sito di e-commerce che fattura 1,7 milioni si possa permettere di fare pubblicità in TV? E’ vero che si appoggia ad un negozio fisico, ma è un negozio, sebbene di 5000 mq.
Qualcuno ha dei suggerimenti in merito?
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27 agosto 2004 @ 09:50
Se l’adv è su Mediaset, non è così “strano”: Pubblitalia80 utilizza da sempre il periodo estivo per lanciare campagne di nuovi investitori con microbudget. è così che è nato il successo di Seven Industries, quelli dello zaino. Piuttosto, è il look’n'feel tamarro che mi lascia perplesso da sempre…
27 agosto 2004 @ 10:08
Se non erro la pubblicità passava anche su Rai2, ma non sono sicuro al 100%. Se Mediaset accetta budget così “micro” mi stupisco allora che non ne approfittino siti ben più grandi di Oliviero.it, che fatturano 10 volte tanto e che presumibilmente hanno più soldi da spendere in advertising. La storia continua a non essermi chiara…
Per quanto riguarda l’aspetto del sito mi ero astenuto da commenti ma non poss che essere d’accordo sul tuo giudizio. La grafica è bruttina e poco curata, la suddivisione dei reparti è quantomeno “originale”, e la varietà di prodotti venduti… beh, si passa dai vestiti da sposa al reparto “Ferramenta”…
27 agosto 2004 @ 13:39
Credo siamo di fronte a una forma di comunicazione e di marketing “sostanziale”, senza fronzoli, low-budget in tutte le sue materializzazioni, ma non casuale. L’occhio di Oliviero sa che le persone (in estrema generalizzazione) a cui si rivolgono sito e negozio sono gente comune, che guarda Beautiful, che naviga poco, attenta al costo, che frequenta outlet e discount alimentari; persone che non capiscono la differenza tra un sito “tamarro” e uno “superfico” da agency.
Il sito è poco appariscente, ma meglio di tante costruzioni artistiche in flash ecc. che fanno sentire la nostra casalinga di Voghera inadeguata a navigarci dentro!
A questo proposito, sapete chi registra un quarto dei domini italiani? Si tratta di Aruba (http://www.aruba.it). Provate a navigare il sito. Non c’è una sola pagina che possa dirsi coordinata ad uno stile aziendale o anche solo ad una area aziendale. Un patchwork pazzesco… eppure!
Che sia la fine (della sopravvalutazione?) del web design?
27 agosto 2004 @ 14:00
Beh Gianluca, il prodotto Aruba e’ al di sopra della media, almeno questa e’ la mia impressione, ma credo sia abbastanza condivisa anche da informatici duri e puri. Ora non vorrei che da un momento all’altro crollasse il server di Aruba su cui e’ ospitato il blog.
27 agosto 2004 @ 15:25
Certo, sono d’accordo, lode ad Aruba che nonostante un sito un po’ “tamarro” (me lo concedete?) fa soldi e clienti a palate…
27 agosto 2004 @ 15:47
E’ vero Tamarro e’ la definizione che cercavo. Sembra sempre che abbiano messo la pelle di mucca dove era sufficente un tessuto acrilico. Poi pero’ ti accorgi che comunque tutto funziona, e chiudi non uno ma due occhi. Anche quel *** di menu sulla sinistra in Java nella home page, ormai non ci faccio piu’ caso.
27 agosto 2004 @ 17:56
Beh Matteo, se un investitore può permettersi grandi budget, Pubblitalia80 non gli regala di certo gli spazi… ;-)
Per Gianluca: hai ragione sul mktg “sostanziale”, però chi compra on line ancora fa parte di quelli che se la tirano, spero per Oliviero.it che riescano davvero ad accattivare la gente da discount alimentare cui ti riferisci.
Su Aruba: ho collaborato con loro, posso assicurare che i prodotti sono di altissima qualità nonostante i prezzi irrisori. Sull’home page: concordo, una volta era ancora più inguardabile…
27 agosto 2004 @ 18:40
Giuseppe, voglio dire, ma perchè a Oliviero.it sì e a sitoqualsiasi.com no? Non credo che quelli di Oliviero siano gli unici geni del marketing che abbiano capito sta cosa. IBS, Bol, Yoox, Expedia, MrPrice, CHL e tutti gli altri perchè non lo fanno? O se vuoi anche siti con micro-fatturati e micro-budget come ce ne sono a centinaia (vebbè, forse decine…) in Italia? C’è qualcosa che mi sfugge…
27 agosto 2004 @ 18:55
Asimmetria informativa? Pubblitalia80 prima contatta i siti tamarri, alias quelli che comprano su siti tipo Grande Fratello, Jumpy, Dagospia…
Internetbookshop non si porrà nemmeno il problema, visto i margini microscopici che hanno sui libri…
17 settembre 2004 @ 11:55
Credo che il punto importante non sia quanto abbia pagato la pubblicità su una rete piuttosto che l’altra.
Il punto è: quale ritorno può ottenere da questo investimento? Negli articoli sportivi il mercato già esiste. Gli italiani si erano abituati a spendere circa 5 milioni di euro su Giacomellisport.com prima che chiudesse, quindi la domanda esiste già e solo una questione di aggiudicarsela. Chi si muove per primo avrà più possibilità.
17 settembre 2004 @ 15:16
La domanda “drogata” esiste gia’. La domanda creata da promozioni non sostenibili e da una comunicazione massiccia che ha utilizzato mezzi ad altissima dispersione. Ma poi?
Davide hai qualche dato sull’effetto di quella campagna?
17 settembre 2004 @ 16:09
Ma lo spacciatore chi è?
18 settembre 2004 @ 13:44
Ha fatto la battuta!
21 settembre 2004 @ 10:17
Max ha ragione: si tratta di un mercato fittizio, creato come somma degli spiccioli ottenuti ad ogni promozione sottocosto di Giacomelli…
21 settembre 2004 @ 10:17
(Sempre che le promozioni sottocosto rendessero almeno gli spiccioli…)
10 ottobre 2004 @ 18:12
forse sono fuori tempo per la risposta… ;) Ma no, non ho dati sulla campagna in questione. Tuttavia credo che la creazione del mercato on line sia spesso una questione di “abitudine all’acquisto on line” per un certo numero di clienti. Che fosse drogata o meno ha avuto comunque l’effetto di portare persone a acquistare questo tipo di prodotti on line che è uno dei maggiori scogli per la creazione di un mercato piccolo come questo. Ora bisognerà dare a queste persone una buona ragione per continuare a farlo. Nel settore dell’elettronica consumo, ad esempio, se ne sono inventati diversi di queste ragioni.
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