Molti studi hanno cercato di quantificare il costo dell’infedeltà di un cliente utilizzando concetti come il Life Time Value oppure il costo per il “negative referral” di chi sconsiglia vivamente un fornitore, avendo con esso avuto esperienze negative.

Raramente vengono conteggiati i comportamenti di rivalsa unica arma a disposizione dei consumatori troppo spesso bistrattati. In certe circostanze non si ha la possibilità di cambiare fornitore senza dover subire grossi costi di transazione o complicazioni burocratiche. Qui di seguito riporto una lista per nulla esaustiva di alcuni comportamenti provocati da clienti esasperati.

1) utilizzo smodato del call center per causare l’effetto irritazione fino a risoluzione del problema

2) prenotazione di più voli aerei in orari differenti non comunicando una disdetta quando si è deciso il volo da prendere.

3) ritardo intenzionale nel pagamento delle bollette

4) scambi di carte fedeltà per ingannare il marketing del supermercato sotto casa ma dal cattivo servizio

5) risposte volutamente errate a survey o a ricerche di marketing


Come si sa le grandi società si attivano solitamente quando è troppo tardi sui clienti persi. Le politiche antichurn vengono raramente seguite.

Molto spesso i clienti profondamente insoddisfatti rimangono lo stesso fedeli per apatia, per costi troppo elevati di cambiamento o per una percezione che non avrebbero alcun beneficio dal cambiamento perché i loro fornitori operano in una condizione di oligopolio in cui i comportamenti sono simili. (Linee aeree, società telefoniche ecc)

E’ inutile progettare servizi web in ottica customer based, se dietro non vi è una vera cultura del servizio.

Le aziende dovrebbero capire che la fedeltà premia ma anche l’infedeltà ha un prezzo da pagare i cui costi sono per lo più occulti.

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