Qualche mese fa parlavamo di Wall*Mart, del suo successo e della capacità di competere in mercati diversi con una mission chiara e lineare: vendere a meno.

Nei commenti a quel post, giustamente, qualcuno sollevò obiezioni in merito al trattamento riservato dalla compagnia ai dipendenti citando le cause in corso e le mobilitazioni dei piccoli commercianti contro l’apertura di nuovi mega-store.

Nelle ultime settimane le proteste dei dipendenti RyanAir contro la nuova politica aziendale di contenimento dei costi mi sembra ripropongano la questione; in pratica ai dipendenti è stato chiesto di NON ricaricare il proprio cellulare utilizzando la rete elettrica aziendale permettendo così, moltiplicando il risparmio della singola ricarica per la somma dei dipendenti in un anno, di abbassare ulteriormente i prezzi dei biglietti.

La domanda allora è: fino a che punto è giusto e corretto “spremere” il costo “umano” per portare un vantaggio al cliente finale?

E’ chiaro che non sto parlando di “sfruttamento” del lavoro, ma di quella sottile linea d’ombra che permette, restando nella legalità, di limitare i costi generali che migliorano la qualità di vita dei dipendenti in azienda.

Quando il rischio del malcontento del personale diventa più importante della conquista di un punto percentuale nelle vendite?

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