il vero dibattito sulle tv digitali
Credo fermamente che non si possa più parlare di Tv Digitale e che si imponga il plurale. Ecco perché mi piace parlare di TELEVISIONI DIGITALI
Non è un problema solo di piattaforme ma soprattutto di modalità di visione. Pensate al Dvr, pensate alla mobile tv, pensate alla tv peer to peer o alla blog tv. Poco importa se questi sono modelli transitori o se invece sono destinati a rimanere.
In un prossimo futuro aumenteranno le opzioni di fruizione dei programmi televisivi che potranno essere visti:
a) live
b) registrati
c) in modalità time shifted
d) on demand
e) in streaming su pc
f) in streaming o broadcasting su terminali mobili
g) in downloading su terminali mobili
h) in modalità enhanced
i) in modalità interattiva
li) in multivisione (mosaico)
m) da un pc attraverso un video search engine (blinkx.tv o google video)
Utilizzeremo schermi di diverse dimensioni, da quello ridotto degli smart phone a quello molto ampio dei grandi televisori al plasma. Come possiamo pensare di trasmettere un contenuto video che sia uguale per tutte le modalità di fruizione? Che senso ha ad esempio vedere una partita di calcio sul telefonino?
Possiamo discutere sulle definizioni, ma per un broadcaster che progetta palinsesti non si può non tenere conto dei diversi modelli di fruizione.
Gli effetti della transizione al digitale in tv si vedranno ben presto perché a mio parere stiamo entrando in una nuova era.
Vorrei qui riassumere una personalissima interpretazione dell’evoluzione della tv su cui Cesare Massarenti, Michele Mezza ed io abbiamo basato il convegno che avrà luogo a Milano il 7 e 8 giugno.
L’evoluzione dell’offerta comunicativa è passata attraverso quattro grandi fasi. La prima prettamente gestita in funzione del servizio pubblico con l’intento di informare, educare ed intrattenere.
La seconda fase, più commerciale, è costituita da nuove e diverse forme di informazione e intrattenimento rivolte all’acquisizione di pubblico.
La terza fase è basata sulla crescita esponenziale di offerta attraverso i servizi a pagamento.
La quarta fase è in grado di veicolare informazioni attraverso reti sempre più evolute e capillari grazie all’aumento dell’interattività, ai processi di personalizzazione dell’offerta, ai nuovi protagonisti e produttori di contenuti.
L’ampliamento dell’offerta mediatica, garantita dal processo di digitalizzazione in atto, sta segnando un percorso di differenziazione non solo delle condizioni di accesso ai servizi, ma nell’intero mercato televisivo aprendolo a nuovi attori.
Sicuramente nei prossimi anni assisteremo a diversi modi di pensare la televisione. Una maggiore quantita di programmi porterà anche una maggiore qualita?
Il dibattito attuale è troppo ancorato sulle tecnologie che dovrebbero invece solo essere considerate come fonte di abilitazione per nuove esperienze di visione. Possiamo tornare a parlare di contenuti?
Nessun post simile.
27 maggio 2005 @ 09:16
E’verissimo. Le tendenze sono, però, diverse. Una quantitativa: passerà molto tempo per lo “shift” del pubblico verso altri canali di fruizione di contenuti televisivi. Molti poi rimarranno fedelissimi alla tele generalista via etere. Ma sarà sempre più un pubblico meno “raffinato” a non scegliere le modalità di fruizione dei contenuti, questo ci porta alla seconda tendenza, quella qualitativa: per la quale il pubblico pi interessante commercialmente si sposterà verso nuovi e diversi canali, vorrà scegliere dove e come e per questo sarà disposto a pagare per l’accesso a canali diversi e nuovi. Non parliamo poi di questo pubblico come target pubblicitario.
Una cosa che vedo o meglio intravedo è l’accresciuta forza degli ideatori e dei produttori di contenuti, gli Endemol della situazione tanto per intenderci. Una volta a produrre contenuti erano soprattutto i possessori del canale, man mano il potere di Canale 5 o di Rai 1 andrà scemando lasciando posto a chi i contenuti li produce. Questi saranno veicolati da una molteplice serie di canali. Le televisioni perderanno, anche se ovviamente solo in parte, il loro potere di controllo delle modalità di fruizione e dei contenuti da fruire. Rafforzando questi attori emergenti della tv. Che ne dite???
27 maggio 2005 @ 10:06
Lorenzo, hai sollevato un ulteriore questione che non avevo menzionato nel mio post. La relazione tra produttore di contenuti e distributore degli stessi è in evoluzione, un po’ come è avvenuto nei rapporti tra industria e distribuzione. Oggi un content provider ha più possibilità di distribuire i contenuti direttamente es. Canale satellitare di una major, canale in broadband ecc. Quindi come fai giustamente notare tu, più che un allargamento dei soggetti, cambiano soprattutto le logiche di creazione e di distribuzione nella catena del valore e quindi i rapporti di collaborazione/competizione
27 maggio 2005 @ 10:10
A completamento della mia risposta a Lorenzo devo dire che ci sono anche soggetti come Sky che rappresentano una sorta di “intermediari” tra i produttori di contenuti e i loro diversi pubblici finali. I rapporti ovviamente dipendono dalla capacità di attrattiva dei contenuti. Quindi quanto detto nella mia risposta precedente che potrebbe essere letto come una tendenza alla disintermediazione, non è sempre vera. Parliamo allora di nuove forme di intermediazione.
27 maggio 2005 @ 17:01
Interessante la tua divisione Maurizio, ma non capisco perchè tu divida per “ricevente” (PC/Mobile) solo lo streaming. In realtà quasi tutti i modelli da te prospettati sono usabili da ogni media (teoricamente).
Penso inoltre che la tendenza alla disintermediazione alla quale fai riferimento è quasi utopica, ed applicabile solo in ambiti che facciano pesantemente uso del buon vecchio www .
Complimenti per il blog.
28 maggio 2005 @ 09:44
@Francesco, grazie per la tua annotazione, ma per me lo streaming era solo un esempio e certamente non voleva essere esaustivo.
Non facevo riferimento alla disintermediazione in senso classico come la potresti intendere tu, es. musicisti che vendono la musica su internet, ma la costruzione di una nuova catena del valore in cui un content provider può decidere di entrare ad esempio sul mercato con un suo canale digitale, in quel caso il broadcaster tradizionale potrebbe perdere il suo ruolo di intermediario. Spero di avere chiarito il concetto.
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Lorenzo,penso che gli “Endemol della situazione”,proprio per le caratteristiche di funzionamento del mercato dei madia,sia sempre(purtroppo) integrati verticalmente con i proprietari delle reti distributive,quali esse sono e si evolveranno con l’ innovazione tecnologica.
Nella catena del valore è vero che il vantaggio competitivo si è spostato a vallle,verso i cosiddetti fornitori di accesso,mentre agli inizi-la nascita dell’industria del contenuto Hollywood-i detentori erano le major.
Il piccolo problema è che come si è allargata la catena di sfruttamento dei contenuti(il multipiattaforma)ci sono state invasioni di campo in terreni che l’innovazione poteva far pensare ad una perdita di potere delle garndi imprese,che infatti con la minaccia venutasi na creare con l’avvento della tv,tutto si è subito riconfigurato,facendo nascere le conglomerate media.
Se i rischi vengono dalle piattaforme distributive le tendenze sono quelle dell’ integrazione a valle(vedi che nel mezzo della bolla speculativa infatti Time Warner e AOL)anche a rischio di bruciare miliardi(50 miliardi a giorno perdeva Disney alla fine del 2000),ma mai queste grandi multinazionali si troveranno sprovviste in seguito all’ evoluzione del sistema.
Anzi la tendenza adesso che la personalizzazione del contenuto può essere spinta dall’ aumento di piattaforme di accesso(il broadband,sia wireless che wireline)si sposta proprio a valle della filiera e soprattutto con modalità più flessibili e meno avventuriere di quelle che hanno caratterizzato il recente passato della sbornia della new economy,ovvero attraverso accordi e non con fusioni e incorporazioni ch eappesantiscono l’ adeguarsi al cambiamento della domanda.
L’unica sponda che può aumentare il potere,soprattutto contrattuale dei nuovi “Endemol della situazione” sono adeguate normative che possano incentivare l’ACCESSO che sono controllate proprio da chi invece è suo scopo principale abbassarne il potere contrattuale.
La situazione italiana è maggirmente aggravata da questo squilibrio tra reti e content provider e penso che i probemi del nostro mercato interno siano chiari a tutti,ma mi piace ricordare che senza fare nomi,i proprietari di due reti controllano circa il 90% delle riorse che dovrebbero remunerare i contenuti.
Il probema della molteplicità dei canali è già una realtà ma il numero non è un potere di per se,che dipende sempre dal famoso tempo di attenzione.
La perdita di controllo che menzioni delle modalità di fruizione avverrrà solo per una irrilevante parte di contenuti,semmai la competizione si sposta nall’ acqisizione dei diritti premium e soprattutto nel dettare le norme che li regolamentano(lobbyng?),vedi per sostanziare questa ipotesi le vicende che girano intorno alla negoziazione dei diritti sportivi.
Il vero cambiamento nel sistema dei contenuti a sbilanciato l’ industria dell’ informazione,e soprattutto a livello di innovazione organizzativa e di processo ma l’ intrattenimento in tutte le sue sfaccettature diverrà sempre più subalterno alle reti.
Reti contro contenuti vince per KO
25 luglio 2005 @ 17:56
Lorenzo,penso che gli “Endemol della situazione”,proprio per le caratteristiche di funzionamento del mercato dei madia,sia sempre(purtroppo) integrati verticalmente con i proprietari delle reti distributive,quali esse sono e si evolveranno con l’ innovazione tecnologica.
Nella catena del valore è vero che il vantaggio competitivo si è spostato a vallle,verso i cosiddetti fornitori di accesso,mentre agli inizi-la nascita dell’industria del contenuto Hollywood-i detentori erano le major.
Il piccolo problema è che come si è allargata la catena di sfruttamento dei contenuti(il multipiattaforma)ci sono state invasioni di campo in terreni che l’innovazione poteva far pensare ad una perdita di potere delle garndi imprese,che infatti con la minaccia venutasi na creare con l’avvento della tv,tutto si è subito riconfigurato,facendo nascere le conglomerate media.
Se i rischi vengono dalle piattaforme distributive le tendenze sono quelle dell’ integrazione a valle(vedi che nel mezzo della bolla speculativa infatti Time Warner e AOL)anche a rischio di bruciare miliardi(50 miliardi a giorno perdeva Disney alla fine del 2000),ma mai queste grandi multinazionali si troveranno sprovviste in seguito all’ evoluzione del sistema.
Anzi la tendenza adesso che la personalizzazione del contenuto può essere spinta dall’ aumento di piattaforme di accesso(il broadband,sia wireless che wireline)si sposta proprio a valle della filiera e soprattutto con modalità più flessibili e meno avventuriere di quelle che hanno caratterizzato il recente passato della sbornia della new economy,ovvero attraverso accordi e non con fusioni e incorporazioni ch eappesantiscono l’ adeguarsi al cambiamento della domanda.
L’unica sponda che può aumentare il potere,soprattutto contrattuale dei nuovi “Endemol della situazione” sono adeguate normative che possano incentivare l’ACCESSO che sono controllate proprio da chi invece è suo scopo principale abbassarne il potere contrattuale.
La situazione italiana è maggirmente aggravata da questo squilibrio tra reti e content provider e penso che i probemi del nostro mercato interno siano chiari a tutti,ma mi piace ricordare che senza fare nomi,i proprietari di due reti controllano circa il 90% delle riorse che dovrebbero remunerare i contenuti.
Il probema della molteplicità dei canali è già una realtà ma il numero non è un potere di per se,che dipende sempre dal famoso tempo di attenzione.
La perdita di controllo che menzioni delle modalità di fruizione avverrrà solo per una irrilevante parte di contenuti,semmai la competizione si sposta nall’ acqisizione dei diritti premium e soprattutto nel dettare le norme che li regolamentano(lobbyng?),vedi per sostanziare questa ipotesi le vicende che girano intorno alla negoziazione dei diritti sportivi.
Il vero cambiamento nel sistema dei contenuti a sbilanciato l’ industria dell’ informazione,e soprattutto a livello di innovazione organizzativa e di processo ma l’ intrattenimento in tutte le sue sfaccettature diverrà sempre più subalterno alle reti.
Reti contro contenuti vince per KO
25 luglio 2005 @ 18:22
Emanuele, io credo che la partita sia ancora aperta. Non credo per nulla che i giochi siano fatti, anzi, ci saranno sicuramente interessanti colpi di scena.
Ovviamente non mi arrischio a fare una previsione sull’esito di questa competizione per l’attenzione delle audience.
29 luglio 2005 @ 12:37
Caro Maurizio da appassionato della tematica e soprattutto dalla valenza che ripongo in questo forum per la significatività degli interventi,soprattutto riguardo alla sensibilità che si può leggere im merito alle innovazioni in atto.
Certo che neanch’io penso che i giochi per l’ attenzione siano determinati anzi,ma non posso non notare,che quanto sta avvenendo nell’ evoluzione del broadcasting le aperture in merito al content si sta giocando dall’ alto,soprattutto nell’ interpretazione delle normative per lo sfruttamento dei diritti(i soliti premium) che delle reti,che trasformate in servizio possono solo incrementare quelle tipologie di contenuto,il calcio adesso e pochi altri rich fra un pò.
Non è disillusione la mia,ma solo presa di coscenza che se l’ apertura al mercato dei produttori di contenuti indipendenti ci sarà avverrà per altre tecnologie abilitanti,e non solo il cellulare.
La televisione rispetto a questa possibile apertura non è indicata a mio avviso e non solo per problematiche connesse alla concentrazione del mercato ma soprattutto per non connaturarsi all’unico elemento che ne può sovvertire il modello di business
.l’interattività.
Ok tutti i discorsi sulla frammentazione della catena del valore che tanto si è sentito dire soprattutto nella convegnistica(ma non disinteressata)ma le revenues aggiuntivo saranno focalizzate tutte nella richiesta del servizio a valore aggiunto(se mai ci fosse questa latente domanda), quelle inerenti al contenuto invece mi sembra di aver capito quali dovranno essere,e gia lo sono.
A mio parere l’ unica offerta innovativa a livello di content è quella dichiarata da Tiscali nella sua prossima Iptv che cerca di recepire quella tendenza dal basso e la possibilità di qualunque persona di essere produttore e consumatore
Anche All Gore dalle sue parti a pensato di dar voce ai prosumer..ma da quelle parti ho l’idea che con tutte le barriere all’ ingresso che ci sono i media ascoltano meglio la voce dei mercati che le sirene che parlano di concorrenza e tipi di adeguada regolazione che guarda caso bloccano la competizione.
Scusate la mia deriva nel campo di botteghe oscure ma le ultime vicende in capo alla siae mi fanno sempre più convincere che il freno è il king..a tutto discapito dei contenuti, soprattutto quelli che fatti di bit.
30 dicembre 2007 @ 16:14
d.o.c. :)