Ma è sempre colpa delle agenzie?
Alcuni giorni fa in un mio post su Imli, ho denunciato la scarsa propensione all’innovazione da parte di molte grandi agenzie di pubblicità che aspettano che “il cambiamento si manifesti” concretamente in termini di nuove opportunità di business in una logica di breve che potrebbe penalizzarle nel lungo periodo.
Ho cercato di riflettere sulle ragioni di questo comportamento e mi sono domandato se sia tutta colpa delle agenzie di pubblicità o se invece vi sia anche un po’ di responsabilità da parte dei loro clienti e sono arrivato a queste conclusioni:
Nel nostro Paese si apprezza molto l’innovazione ma nessuno è disposto a pagarla. Le agenzie di pubblicità vecchie e nuove sono costrette molto spesso a partecipare a gare in cui molto spesso i budget sono già stati assegnati e le loro idee in molti casi “riutilizzate in nuovi contesti” senza alcuna remunerazione per il lavoro svolto.
L’Italia è uno dei pochi Paesi dove sembra che i contenuti non abbiano alcun valore, mentre nel resto del mondo si dice giustamente che “the content is king”. Pensate a quanta fatica fanno gli organizzatori di fiere, conferenze e seminari a pagare una somma equa ai relatori, a cui si chiede di preparare interventi in forma gratuita, salvo poi lamentarsi che le relazioni presentate hanno poca qualità e sono solo grandi spottoni a favore delle società in cui i relatori operano.
Pensate a tutte quelle aziende che ritengono inconcepibile pagare uno studio di fattibilità e che ritengono normale che un prestudio venga presentato in forma totalmente gratuita. E’ vero che in molti casi qualche agenzia vecchia e nuova ha proposto lavori di scarsa qualità a prezzi esorbitanti, ma nella stragrande maggiornanza dei casi, un lavoro di qualità ha i suoi costi e troppo spesso le agenzie vecchie e nuove si trovano di fronte manager che non sono assolutamente in grado di apprezzare un progetto innovativo.
Questa cultura del tutto gratis, sta uccidendo ogni professionalità, allora voi manager di azienda se leggete questo post, voi aziende organizzatrici di conferenze e seminari provate andare dal vostro macellaio e ditegli che la carne questo mese non gliela pagate, ma gli farete avere tanta ma tanta visibilità e vedete cosa vi risponde.
Se l’Italia sta perdendo competività una delle cause è certamente legata alla mancanza di innovazione. Ma l’innovazione costa e qualcuno la dovrà pur pagare. Le agenzie devono cambiare, ma anche i loro clienti devono fare la loro parte.
Mi sbaglio?
Nessun post simile.
31 maggio 2005 @ 13:48
Mio personale commento.
Le persone e le aziende sono figlie della società che li ospita. Se è vero che l’Italia di 40 anni fa era contraddistinta da innovazione, genialità e abilità imprenditoriale di uomini che basavano sulle LORO risorse e abilità i loro destini, oggi i modelli imprenditoriali sono basati sulla logica del più furbo e della via veloce al business con i soldi degli ALTRI.
Come può esserci sviluppo in un paese che invita esplicitamente a fare i furbi per essere premiati e a penalizzare chi invece correttamente investe? Provate a pensare allo spalmadebiti del calcio! Una follia gestita da folli.
Come può esserci sviluppo in un paese in cui il monopolio sui sistemi di comunicazione passa per pochi che spremono le tasche dei consumatori? Perchè devo pagare 39 euro 1.2Mb di banda ADSL e in Francia pagano 15Euro per 8Mb? E gli esempi sarebbero lunghi…
Chi oggi detiene il potere economico e politico probabilmente ha basato il suo successo soprattutto sulla capacità personale di imbrogliare e accumulare capitali sufficienti per pagare decine di avvocati che parassero loro le spalle. E molti imprenditori hanno imparato a fare questo perchè da che mondo è mondo dai più grandi (che si badi bene non vuol dire migliori) si impara.
Purtroppo in questa situazione di mancato sviluppo reale sono caduti moltissimi miopi imprenditori che in questi anni hanno solamente saputo approfittare di uno stato poco propenso a sviluppare, ma favorevole a fare fare cassa sfruttando elementi quali inflazione della moneta, lavoro nero, evasione fiscale, condoni, etc..
E oggi chiamarli in causa additando loro colpe mi sembra inopportuno anche perchè oramai “non sono in grado” di cambiare senza nuovi modelli, anche se giocoforza è necessario quantomeno stimolarli.
Per tali motivi prevedo che la stagnazione economica ma sopratutto “culturale” del mercato Italia sarà lunga, e necessiterà dei molti “sberloni” (leggi: fallimenti di PMI) che avverranno nei prossimi mesi/anni prima che le aziende si rendano pienamente conto.
Argentina docet.
31 maggio 2005 @ 16:06
Andrea dice bene.
Questa è la situazione. Ma la responsabilità è di tutti secondo me.
E’ una scala. L’agenzia non si rinnova perchè l’azienda non si rinnova e così via.
I nostri imprenditori sono vecchi, usano il mouse con due mani e non hanno il coraggio di andare in pensione lasciando il timone ai figli intenti solo ad accumulare master sul tavolo in giro per il mondo.
E mica solo loro, in Italia fanno tutti così.
Quaste volta però rischiamo parecchio.
Sembra che nessuno si renda conto che, tra breve, aziende straniere che hanno investito in ricerca, in un libero mercato, verranno a vendere in Italia senza dar tempo ai nostri vecchi (perchè lo sono) imprenditori di rinnovarsi.
Sarà un massacro di PMI e non solo….
Nonostante ciò io resto ottimista anche se non so perchè ;)
31 maggio 2005 @ 16:31
Il discorso è molto ampio e complesso.
Limitandomi al settore marketing online, sono d’accordo con chi sostiene che si tratti di un circolo vizioso.
A mio avviso però, responsabili sono soprattutto agenzie ed editori che per anni hanno svenduto o addirittura regalato la pubblicità online, contribuendo fortemente al suo confino tra le attività marginali e di subordine, perché questa è la considerazioni in cui la tengono la maggior parte degli uffici marketing.
Concretamente.
Aumentando i prezzi, si valorizza il prodotto / servizio. Non so se sia una “legge” di quelle che si studiano ad economia - io ho fatto legge - ma ahimé, nella pratica spesso funziona così.
31 maggio 2005 @ 23:55
Non sono d’accordo quando Andrea Cappello parla di fallimenti di PMI.
Forse e’ proprio il mercato delle P(M)I (piccole, prima ancora che medie imprese) quello in cui e’ piu’ raro incontrare dinosauri. Inseguire i grandi non e’ mai indice di svolta, anzi.
Per mia piccola esperienza, le piccole sono molto disposte a rischiare e a investire in ricerca (ovvio, con budget rasenti lo zero). Se penso, banalmente, al mondo dello storage it, il caso delle memorie flash e’ indice della bassissima propensione al rischio da parte dei big degli hard disk, e della crescita di piccoli outsider particolarmente intraprendenti.
Sempre personalmente, le piccole imprese, gia’ due anni fa, anche in un ambiente, quello romano, particolarmente retro’, erano particolarmente interessate e attente, per es, alla visibilita’ e poi all’advertising nei motori di ricerca.
Certamente, sono state abituate che fare comunicazione su internet e’ alla portata di tutti (”l’amico del cugino del custode…si lo conosco…smanetta col pc…e’ perfetto per noi!”).
Certamente, sono state abituate che su internet si paga solo per risultati certi (”si ok, facciamo pubblicita’ però vogliamo spendere solo 1 lira per ogni persona che ci compra l’intero magazzino!”).
Pero’ e’ anche vero che sono molto piu’ attente ai propri concorrenti di quanto si immagini (si speri), e non appena si accorgono che rivolgersi a professionisti ha beneficiato al proprio vicino, rosicano e si tuffano.
E allora, mostriamoli questi “vicini” :-)
Ok…chiudo il delirio ;-)
1 giugno 2005 @ 09:20
Purtroppo sulle disgrazie delle imprese italiane non sono io a parlare ma i fatti e i dati della commissione europea, degli istituti di ricerca internazionali, dello stato, delle associazioni di categoria.
Non ultimo, del buon senso di chi criticamente sa vedere e capire.
In ogni caso, largo spazio all’ottimismo, anche se non così euforico alla Tonino Guerra :)
1 giugno 2005 @ 10:17
Caro Maurizio, volevo per un momento concentrarmi, dal mio specifico punto di vista, sul tema del “tutto gratis”. Chi lavora nel mondo della consulenza, del marketing in generale, nella comunicazione in particolare, sa di che accidenti di problema sto parlando. Qui, c’è poco da fare, la colpa è di chi ha svilito i contenuti del nostro lavoro, in due sensi: da una parte svendendo quel poco che si fa, dall’altra offrendo alle aziende qualcosa che in realtà di consulenziale non ha molto; anzi nulla. Perchè se un signore di Gartner o McKinsey va in una azienda e chiede (faccio per dire)1.000 euro al giorno, l’azienda non si scandalizza, mentre se un consulente in Relazioni Pubbliche(avete letto bene ho scritto “consulente”) ne chiede 2.000 al mese quasi quasi chiama i Carabinieri ? Intendiamoci bene, a ciascuno il suo livello e ambito di consulenza, per carità, non sono colto da mania di grandezza. Però non c’è dubbio che esiste una vasta area di consulenza dove le aziende si sono, ahimè, abituate a ricevere poco spendendo meno. Quando approcciamo un cliente potenziale la barriera di diffidenza è palpabile. Costruire la propria credibilità è una impresa davvero estenuante. Ad ogni passo che va oltre il “very basic” cui sono abituati, ci guardano con l’occhio sbarrato e si (ci) domandano “Ma vuoi dire che sono in grado di dire qualcosa di intelligente anche in questa area ?” Però voglio essere ottimista. Recenti esperienze mi dicono che, nonostante le difficoltà, qualcuno si è accorto che non è tutto piatto. Certo, occorre avere il coraggio di investire sul cliente, e accettare di dare 100 e essere pagati per 30. E’ un rischio, ma se i nostri interlocutori hanno un minimo di capacità di giudizio, le cose cambiano.
1 giugno 2005 @ 10:35
Investire sul cliente è importante ma quando ci sono le condizioni per farlo. Mi sembra che il mondo della pubblicità si stia ribellando alla logica perversa delle gare che hanno un senso se le regole del gioco sono estremamente chiare e se i partecipanti hanno la certezza di non essere depauperati delle loro idee. Le agenzie spesso dichiarano di essere partner dei loro clienti e molto spesso non è vero, ma occorre dire che bisogna essere in due per ballare il tango.
1 giugno 2005 @ 12:47
Non voglio cadere nella diatriba tra ottimisti e pessimisti o tra che dice che “piccolo è bello” e chi dice che per competere oggi le aziende italiane devono crescere. Vi riporto però qualche riflessione tratta dalla mia personale esperienza.
Sia nella multinazionale con brand globale che nella pmi della val trompia (con brand sconosciuto al grande pubblico, ma leader nel suo settore), il vero problema del marketing (in generale) è il modo in cui lo si intende.
Il marketing dovrebbe essere il vero motore dell’impresa, ma questo non è assolutamente chiaro a tutti!
La maggior parte dei mktg manager che ho conosciuto si dispera per trovare prospect per le vendite, entra in gioco solo nella promozione del prodotto, non entra nelle decisioni strategiche, spesso non ha un’idea chiara delle reali esigenze del mercato e soprattutto non concorre nello sviluppo del prodotto. In più (e qui scatta il circolo vizioso) se le vacche sono magre ha un budget dimezzato!
Il marketing spesso risulta solo strumento per generare Clienti, meno costa più ci sono speranze di avere ROI positivi!
Se le aziende vogliono innovare non possono più affidarsi solo all’idea creativa del singolo devono far salire nei processi decisianali i propri reparti marketing trasformarli da “chi ha il compito di far vendere un prodotto che c’è già, spendendo il meno possibile” a “chi ha il compito di capire e rispondere alle reali esigenze del mercato”
Solo così si uscirà dal circolo vizioso, solo così il marketing potrà passare da un approcio intuitivo ad uno scientifico, solo così potrà misurare correttamente le sue performances (sui profitti, non sugli iscritti ad un evento!) e godere di più fiducia.
Se il marketing conquisterà un ruolo centrale nell’impresa passando da 1 P a 4 P allora il budget sarà veramente un budget e noi consulenti potremo fare bene il nostro lavoro, senza i soliti compromessi per trasformare un’ analisi che andrebbe condotta in sei mesi con € 200′000 di budget in una overview da €20′000 pronta in un mese.
1 giugno 2005 @ 13:29
@Andrea Cappello
Il mio dubbio nasce da un ottimismo personale e da una profonda considerazione dell’intelligenza imprenditoriale di alcuni “piccoli” che ho avuto la fortuna di conoscere.
@Simome Lovati@Andrea Cappello
Il mio dubbio nasce da un ottimismo personale e da una profonda considerazione dell’intelligenza imprenditoriale di alcuni “piccoli” che ho avuto la fortuna di conoscere. E voglio ancora una volta illudiermi che nelle pieghe delle statistiche si annidino “virus di buona imprenditorialita’” che si propagano…
Per il resto, completamente d’accordo con te.
@Simome Lovati
Il marketing applicato ai processi decisionali e creativi e al prodotto (chiamiamolo come vogliamo o tingiamolo di “purple” alla Seth Godin)… gran cosa ma anche molto rischioso: se applicato come si deve, rischia di far fare grandi cose ;-)
@Enrico Bianchessi e Maurizio Goetz
E’ incredibilmente vero quanto un cliente si aspetti (o sia stato abituato ad aspettarsi): un preventivo gratuito che pero’ sia approfondito a tal punto da assomigliare molto ad una analisi di fattibilita’. E se poi ci aggiungi anche una idea di progetto (possibilimente piu’ dettagliata possibile) mica la rifiutano.
Anche se, molto spesso, leggono solo l’ultima riga: il prezzo. E, se si rendono conto di non avere la minima intenzione di investire tale cifra (su loro stessi), scartano l’ipotesi, ma il progetto molto probabilmente ha stimolato in loro il desiderio di provarci (da soli).
28 luglio 2005 @ 16:41
Io vedo la situazione molto diversamente; si sta attraversando un periodo di enorme crisi economica a causa di molteplici fattori e tutto questo influisce massicciamente su ogni settore. E’ questo il fattore chiave.
28 luglio 2005 @ 16:41
Io vedo la situazione molto diversamente; si sta attraversando un periodo di enorme crisi economica a causa di molteplici fattori e tutto questo influisce massicciamente su ogni settore. E’ questo il fattore chiave.
3 novembre 2005 @ 13:08
Penso che Andrea Cappello abbia ragione. Se 40 anni fa eravamo il paese geniale e all’avanguardia, confrontando quel paese con quello che è oggi ci rendiamo conto che da qualche parte si è toppato.
Non è stata una cosa successa in un solo giorno, no, piano piano gli imprenditori, i politici, quelli che hanno il “potere” hanno sfruttato i punti deboli del nostro paese a loro unico vantaggio.
Ho vissuto in Inghilterra e ho visto un paese davvero avanti rispetto a noi. Sono tornato in Italia per scelte personali ma non è cambiato nulla, se non in peggio.
Quando si accorgeranno i grandi capoccioni che così non può andare avanti?
20 marzo 2007 @ 11:49
E’ vero che non si è disposti a pagare l’innovazione tecnologica ma anche vero che spesso alcuni non sono in grado nè di comprenderla a fondo nè tanto meno di “proporla” al cliente finale in modo vantaggioso. Perchè un imprenditore oggi dovrebbe investire se non gli si propone un indiscusso vantaggio competitivo.
Al sud specialmente alcuni imprenditori badano sopratutto a fare cassa e hanno siti internet e quant’altro solo perchè “si deve averlo” non per sfruttarlo come mezzo per aumentare i propri clienti.
L’innovazione forse c’è in Italia ma è sicuramente in settori diversi dal nostro.