Alla ricerca dell’innovazione
L’Italia è un Paese dove si fa poca ricerca. Il comparto della “Comunicazione” ne fa meno di tutti. Nelle filiali italiane delle agenzie di pubblicità internazionali, molte scelte creative vengono fatte altrove, il lavoro è frenetico e i clienti non valorizzano l’innovazione.
Le piccole agenzie non hanno le risorse per fare ricerca. Eppure ci sarebbe tanto bisogno di ricerca per sperimentare nuovi modelli creativi, nuove tecnologie di comunicazione, per progettare test di acceptance e per diffondere nuovi approcci di marketing.
Sappiamo tutti molto bene che la gente guarda sempre meno spot in televisione, che i modelli di comunicazione dell’affissione sono obsoleti, che i mezzi digitali sono utilizzati al minimo delle loro potenzialità, che la comunicazione integrata è preistoria……
Perché le associazioni di categoria come l’UPA, insieme a quelle della comunicazione come Assocomunicazione e Unicom non si mettono insieme per un serio progetto di ricerca sulla comunicazione? Perché non coinvolgono gli studenti delle scuole di comunicazione? Perché ai convegni vengono sempre invitati i soli noti? Ho frequentato molto recentemente diverse scuole di comunicazione e posso dire di avere incontrato diversi grandi talenti a cui spesso non viene offerta neanche una possibilità.
Perché qui in Italia è tutto così maledettamente complicato? Perché dare sempre la colpa a qualcun altro quando le cose non funzionano, quando basterebbe rimboccarsi le maniche?
Se in Italia si mettessero insieme le forze, se la gente smettesse di pensare al proprio orticello, se si pensasse più in grande, sono convinto che le risorse le troveremmo anche qui. Ne sono assolutamente certo.
Voi non ci credete? E’ possibile cambiare qualcosa?
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14 giugno 2005 @ 09:10
In effetti la dinamica di molte delle aziende multinazionali con sedi in Italia, che prevede le decisioni di marketing strategico prese “altrove” e i dipartimenti marketing italiani che al massimo fanno trade marketing e gestiscono i rapporti con le agenzie per la localizzazione della comunicazione, si replica anche nelle multinazionali della consulenza di comunicazione. Ciò non rispetta la specificità del nostro paese, che vede la televisione ancora eccessivamente centrale negli investimenti. Se è pur vero che la pianificazione strategica sapremmo farla anche in Italia, è anche vero che dal lato azienda quelle che fanno pianificazione strategica lo fanno fare all’estero, e le altre PMI semplicemente navigano a vista. Come può…e soprattutto come deve una società di consulenza alle imprese quindi esimersi da comportarsi come buona parte dei suoi clienti?
Purtroppo non ho potuto partecipare alla “BroadBandWeek” ma spero che almeno lì fossero presenti non le solite facce…che vengono sempre invitate ai convegni perché spesso i convegni semplicemente servono più alla visibilità di chi parla e ad attivare il circolo “virtuoso” della fabbrica delle PR.
In teoria sì, sarebbe interessante che proprio le associazioni si occupassero della ricerca, dovrebbe essere una delle loro missioni. Io purtroppo, per ora, ho poco peso nello scenario, ma mi piacerebbe poter incidere…verrà il giorno spero. Tu, Maurizio, so che comunque in passato ti sei attivato (con poco feedback) presso i centri media…hai approcciato anche le associazioni? Scrivemene anche in privato se ti va.
14 giugno 2005 @ 09:51
Maurizio, vivo il tuo stesso disagio e condivido le tue osservazioni e come noi, molti altri la pensano così ma… dal pensare al fare c’è un abisso. Io avrei tanta voglia di fare ma, purtroppo, non so da che parte andare :(
14 giugno 2005 @ 10:08
@Maurizio: posso solo segnalare il “parallelismo” del mondo advertising con quello delle relazioni pubbliche: pochi (pochissimi) tentano qualcosa di nuovo; non si innovano neppure struttura e contenuti di uno strumento in qualche modo “vecchio” come il comunicato stampa: la solita struttura, le solite frasi fatte, tanta prosopopea , nessuna informazione, nessuna storia da raccontare. Figuriamoci tentare approcci complessivi un po’ innovativi, nei contenuti e negli strumenti. Certo, lo sappiamo, i clienti non aiutano molto in questo senso… (”Come mai non c’è scritto che siamo leader ??”)
@Sebastiano: lo so che quando parli del circolo “virtuoso” delle PR ti riferisci a “quelle” PR intese come “relazioni interpersonali pseudo-lobbistiche più o meno corrette” (inclusi, come immagine, minigonne, scollature abissali, sorrisoni stereotipati, rapporti economici sotterranei, “stecche”, etc etc).
Ma mi piacerebbe tanto (tanto) che qualcuno ogni tanto pensasse alle relazioni pubbliche come all’affascinante (mi piace il mio lavoro) strumento di comunicazione e marketing che qualche volta riusciano a realizzare… ma non è colpa tua ;-)
14 giugno 2005 @ 13:14
@ Sebastiano, voglio risponderti pubblicamente e non in privato perché il dibattito in questione è molto importante per l’intero Sistema Paese e non ho difficoltà a rendere pubblico il mio pensiero. Per quanto concerne la Broadband Week, come avrai avuto modo di vedere dal programma, abbiamo scelto provocatoriamente di costruire una conferenza innovativa il cui titolo è volutamente declinato al plurale: “le tv digitali”. Abbiamo messo per la prima volta in Italia, gli incumbent della televisione (Rai, Fastweb, Mediaset, Tf1..) a confronto con nuovi soggetti, portatori di nuove istanze, per quanto concerne i contenuti televisivi (i videoblog con la Blog Tv, il progetto di Robin Good, the Weblogproject, la televisione peer to peer ecc). La nostra intenzione era quella di creare ed alimentare un dibattito per dimostrare che in futuro le modalità di “progettare” una televisione digitale possono essere molteplici. Spero che il messaggio sia passato e che nuovi soggetti potranno entrare nell’arena della competizione televisiva sulle diverse piattaforme digitali. Il mercato premierà i soggetti più validi, ma ritengo che a tutti debba essere data un’opportunità.
Per quanto concerne invece il ruolo delle associazioni, come sai sono Consigliere Direttivo dell’Associazione Italiana Marketing, che ha celebrato l’anno scorso i 50 anni di attività. Le associazioni, tutte le associazioni professionali, come sai si basano sul volontariato, sono costantemente in grande difficoltà, risorse ne hanno molto poche, di ricerca non ne viene fatta salvo rare eccezioni, perché purtroppo gli associati vogliono risultati subito. Credono che un associazione serva solo per fare networking, per ottenere maggiore visibilità e quindi nuovi clienti. Questa è purtroppo una visione molto limitativa ma è la realtà. In Italia mancano i fondi per la ricerca in tutti i campi, ma mancano anche imprenditori illuminati che credono che essa sia il vero motore dello sviluppo. Le università poi sono ancora troppo slegate dal contesto imprenditoriale, nonostante siano molto migliorate in tale senso. Purtroppo la ricerca non viene considerata come un investimento necessario, ma questo è discorso troppo ampio per essere affrontato qui, basta vedere quanto poco siano pagati gli insegnati in Italia. Ha ragione Newsweek quando definisce l’Italia il Paese dove prevale “la bella figura”. Conta da noi molto più la forma che la sostanza. E’ l’intero concetto di comunicazione che deve cambiare, noi siamo qui a dare il nostro contributo e lo facciamo con passione, se anche non dovesse servire, sicuramente lo faremmo ugualmente su questo credo di non sbagliarmi
14 giugno 2005 @ 13:29
@ Enrico Il problema che citi è troppo radicato nella nostra cultura. Abbiamo provato ad organizzare conferenze innovative, le persone vengono, ascoltano ed escono e tutto torna come prima. L’innovazione viene accolta solo quando è mainstream, allora tutti vi si buttano a capofitto senza capirne realmente la portata. Qui in Italia tutto è moda, il portale, il marketing virale, i blog, il CRM. Si prova, si sperimenta “un pochetto”, salvo poi dire che tutto ciò non funziona. All’estero le persone vengono ascoltate e poi giudicate, in Italia si fatica ad imporsi, ma quando ci si è riusciti si viene interpellati per tutto e ci si trasforma in tuttologi. Ecco perché temi come il referendum vengono affidati a Simona Ventura, Afef e Monica Bellucci, (con rispetto parlando) e non agli scienziati che come si sa non sempre sono buoni comunicatori. I nostri ricercatori vengono ascoltati solo se hanno ricevuto un premio nobel. Ecco perché proliferano i premi. Sono una sorta di riconoscimento collettivo conto terzi. Siamo bravissimi a comunicare, quello che ci manca sono i buoni contenuti. Rimbocchiamoci le maniche.
15 giugno 2005 @ 22:28
Sono tornato a pensare al rapporto tra centri media (e anche agenzie creative) e media digital/interattivi…e in particolare alla marginalità di questi ultimi nello scenario dei media. Sempre in teoria, ho pensato che per far uscire i media interattivi e digitali dalla nicchia in cui si trovano si potrebbe iniziare a pensarli (e non solo, anche a praticarli) “in bundle” con le strategie di marketing diretto (il quale per primo si è “vantato” di forme di interattività e misurabilità del risultato). Praticarli significa anche unire, nei centri media e nelle agenzie, le divisioni di marketing diretto (e CRM quando presenti) a quelle digital/interactive. Ad alcuni potrà sembrare un passo indietro, unire media “nuovi” con uno strumento di marketing praticato già da diversi anni, invece può essere il passo per dare maggior peso ai media digital/interattivi ed anche per far riconoscere che in questi ci può essere Tutto quello che c’è nel direct marketing…ma potenziato: c’è il gioco (gli advergame, e quindi l’interazione), c’è la misurabilità (e una sicuramente migliore ponderabilità dell’investimento), può persino crearsi un (improbabile con il dm tradizionale) senso di comunità orizzontale…e molto altro.
Beh…è un discorso da approfondire, secondo me. Comunque mi sembra che questo tipo di simbiosi tra cose apparentemente diverse stia venendo portati avanti da qualche agenzia.
15 giugno 2005 @ 23:17
Sebastiano, secondo me hai colto il punto centrale, su mymarketing.net trovi un mio articolo dal titolo “di nuovo insieme” in cui auspico una riunificazione tra agenzie creative e centri media, perché la separazione tra funzioni che ha avuto una sua logica verso la fine degli anni 70 oggi è anacronistica. Sempre di più creatività e pianificazione media, vengono a fondersi quando si ha a che fare con mezzi interattivi. Questo è tuttavia un processo difficile, perché le agenzie di comunicazione così come le funzioni aziendali (marketing, comunicazione, vendite, relazioni esterne) spesso lavorano per compartimenti stagni e non comunicano fra di loro.
16 giugno 2005 @ 12:19
ciao a tutti io sono abbastanza nuovo di qui..veramente interessante la discussione che ho visto in archivio su kijiji!cavolo, negli ultimi tempi questo business dei siti di annunci e messaggi e community sta spopolando!mi son fatto un giro su bakeca.it e poi citylist e kijiji ovviamente, dopo la discussione qui dovevo guardarli! ma dico, in kijiji almeno ho trovato informazioni su chi fosse dietro a quel progetto, ebay, su citylist non ho trovato nulla!chi c’è dietro?
Michela tu dici che ci lavorano anche persone di ebay?ma è vero? che bella news pero, è intrigante!
comunque sono cose che capitano spesso in ambito lavorativo..o sbaglio?
21 novembre 2007 @ 20:15
Prima di tutto, un saluto a tutti voi.
Sono il titolare di un’agenzia creativa in Italia, il che per molti versi e come arrivare in un paese dopo un’esplosione nucleare.
Ritengo che il nostro sia uno stato che pullula di mentalità creative altamente qualificate, il problema…!!! Il mercato, si vuole spendere sempre di meno su tutto, si affidano campagne di comunicazione al miglior prezzo non al miglior prodotto anche se solo per pochi spiccioli di differenza.
esistono inoltre finte scuole di formazione che decantano strategie obsolete e formano sempre meno chi le frequenta. Cosa fare…
RESETTARE TUTTO!!!!
SCEGLIERE SEMPRE LA QUALITA’ a qualunque costo, affidandosi a chi sa’ e non a chi si improvvisa!!! L’immagine di un prodotto o di un’azienda rappresenta il veicolo principale tra chi vende e chi compra. Bisognerebbe creare un albo a tutela delle realtà cretive, che sviluppi un unico percorso di prezzi, innovazioni e tecnologie, mettendo tutti
insieme il nostro sapere e lavorando per far apprezzare quello che facciamo, evitando di svenderci, e di ostacolarci tra noi…