Nel novembre del 2004 è uscito un articolo provocazione davvero illuminante pubblicato da Wired dal titolo: the decline of brands.

E’ sicuramente vero che non tutti hanno accesso ad internet e alla società dell’informazione, e sono ancora pochi quelli che dispongono degli “strumenti” per potere mediare l’informazione oggi disponibile, ma è altrettanto vero che in una società del surplus, soprattutto in un periodo di crisi come quello in cui viviamo, i consumatori, tutti i consumatori, anche quelli con limitato potere di acquisto richiedono di più.


Se volete fare un esercizio interessante, prendete i top 10 brands a livello globale del 1994, del 1984, del 1974 e confrontateli con quelli odierni, ad esempio utilizzando una rilevazione di Interbrand pubblicata su Brandchannel. (selezionate un’area geografica o l’intero globo)

Sappiamo tutti molto bene che non tutti i brand sono in crisi, ma solo alcuni di essi, quelli che non riescono a offrire valore ai loro clienti attuali e potenziali. Quanti degli attuali brand saranno nella stessa lista di Interbrand nel 2014?

Molte aziende non riescono proprio a comprendere la portata dei cambiamenti in atto, aumentano i loro investimenti pubblicitari, fanno fusioni ed incorporazioni, ristrutturano, cambiano il management, ma non hanno ancora imparato ad ascoltare.

Per loro vi è una strategia di sviluppo di sicuro successo:

FORMAT C:

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