Una nuova “prospettiva” nel marketing ovvero il paradosso di Google
L’introduzione della prospettiva ha radicalmente cambiato la pittura.
La progressiva diffusione dei mezzi interattivi sta cambiando radicalmente il modo di comunicare.
La comunicazione pubblicitaria ha sviluppato nel corso degli anni schemi ed artifici retorici oramai consolidati. L’idea creativa è la base per sviluppare nuove modalità di generazione e mantenimento dell’attenzione.
Internet ha evidenziato l’importanza della capacità di generare attenzione soprattutto in presenza di audience che tendono a frammentarsi.
I portali, i motori di ricerca i siti a largo traffico, hanno svolto e continuano a svolgere il ruolo di mediatori dell’attenzione ad esempio tra un brand ed i suoi pubblici. Detto in termini molto pragmatici “l’acquisto di traffico” o come molti pubblicitari amano dire “l’opportunity to see”.
In rete è possibile acquistare l’attenzione attraverso investimenti pubblicitari esattamente come avviene nel mondo off line, solo che la pianifacazione è a consumo, paghi solo per le esposizioni oppure per i contatti reali.
Il fallimento di molte dot.com ha tuttavia dimostrato che l’attenzione è solo il punto di partenza e non è una condizione sufficiente per generare empatia, partecipazione e per coinvolgere i propri pubblici.
Molte aziende e molte agenzie di pubblicità si trovano oggi in grande difficoltà, perché sono abituate a pensare in termini di pianificazione pubblicitaria, non avendo compreso che nel futuro sarà sempre più importante la capacità di favorire nuove dinamiche relazionali, tra un brand ed i propri pubblici, ma anche all’interno di comunità che vi ruotano intorno.
Il passaggio dall’attenzione alla partecipazione, sicuramente farà fare un salto di qualità alla comunicazione esattamente come è avvenuto con l’introduzione della prospettiva in pittura. L’elemento centrale è la capacità di alimentare un processo di mutua conoscenza tra i diversi soggetti coinvolti, basato sulla fiducia ovvero il trust.
Nel link che ho proposto in apertura di questo post è visibile una citazione molto bella di Erwin Panowsky, che non conoscevo che dice:
“La storia della prospettiva può essere concepita sia come una sistematizzazione del mondo esterno, sia come un ampliamento della sfera dell’io.”
Se mi è consentito il parallelo, mi piacerebbe poter affermare che attraverso la partecipazione “attiva” dei suoi pubblici un’azienda viene a conoscere in profondità quale è il suo vero d.n.a.
E’ relativamente facile, avendo i budget pubblicitari a disposizione, pianificare un investimento pubblicitario, molto più difficile, aprirsi, mettersi in discussione ed instaurare un dialogo sincero.
Fare pubblicità attiene alla sfera del dire mentre essere “presenti” in rete attiene a quella del condividere
Come potete leggere dal link che vi ho proposto: scopo della prospettiva in pittura è dare tridimensionalità a un’opera, rendendola più vicina alla realtà.
Attraverso la partecipazione ci si propone invece di rendere un brand più vicino alla realtà che vivono i propri pubblici quotidianamente. L’espressione “in prospettiva vuol dire infine in lontananza, con riferimento al passato o al futuro”. Speriamo che questo futuro non sia tanto lontano, quando invece parliamo di una nuova ecologia della comunicazione.
Le tecniche, gli strumenti non servono poi a molto se non si capiscono i principi che ne stanno alla base.
E’ ora se volete possiamo tornare a parlare di Google che in questo discorso non c’entra assolutamente nulla ma che mi ha consentito di farvi leggere questo pesante post fino alla fine :)
Oppure mi sbaglio?
Nessun post simile.
22 giugno 2005 @ 23:39
io speravo anche in una ricompensa di un etto circa di stock option ;-)
cmq, bel post, anche se non so bene quante aziende lo capirebbero.
22 giugno 2005 @ 23:41
non so quante aziende capirebbero non tanto il post, quanto le cose giuste che vi vengono dette, intendo
23 giugno 2005 @ 00:00
Vogliamo lanciare un appello? Ci sono aziende illuminate all’ascolto? Oppure non ci sono speranze?
23 giugno 2005 @ 09:35
Carissimi, innanzitutto complimenti per il nuovo design molto accattivante.
Ma veniamo a Noi. Mi spingo a dire che il marketing su web è ancora in fase embrionale.
Benchè si faccia il solito “bla bla bla” su CRM, profilazione utenti, opportunità di customizzazione ecc. ecc., tutte queste belle “fig - biiip -te” tecnologiche non trovano mai una buon utilizzo e, quindi, secondo l’impresa è uno spreco di soldi.
A distanza di anni, il web è ancora quel posto dove bisogna esserci perchè ci sono tutti e le campagne sono ancora “i campi dei contadini”.
Far percepire all’imprenditore (non parlo di manager) che è una possibilità del socratiano “conosci te setsso” mi sembra ancora utopico. Sarebbe già molto se lo vedessero come un canale di relazione.
Le agenzie, dal canto loro, non sono da meno. Invece di svolgere il lavoro di consulenti, spesso fanno quello del fruttivendolo Mario quando la siura Maria gli domanda “2 chili di mele, di quelle bone!”. E Mario gliele da.
Sono troppo critico?
23 giugno 2005 @ 10:41
beh Simone, sinceramente credo ci siano realtà che portano avanti dei progetti di marketing online significativi e validi, non generalizzarei così, anche se è chiaro che la tua è una provocazione.
Che il web marketing sia ancora in fase embrionale è sicuramente vero, ma considera che è nato da poco più di 10 anni…
il problema, come giustamente dici, sta proprio nella cultura aziendale, ma io sono fiduciso che con il turnover dei manager e anche dei passaggi padri/figli nelle PMI si potrà assistere nel prossimo decennio a grossissimi miglioramenti da questo punto di vista.
quello che anche a me dà fastidio è proprio l’atteggiamento delle agenzie o cmq di chi in teoria questa cultura aziendale dovrebbe stimolarla e che troppo spesso invece, ti do ragione di nuovo, fa ragionamenti da bottegaio
23 giugno 2005 @ 11:51
Scusate l’insistenza, è vero che l’uso della rete per obiettivi di comunicazione è marketing è recente, ma è anche vero che l’Italia sta perdendo competività e soprattutto le PMI, cosa vogliamo fare, aspettare altri dieci anni. Sul terreno del’efficienza non abbiamo molto da dire, i cinesi ci spazzano via, ma su quello dell’efficacia si. L’unica speranza sono le idee, le persone e le relazioni. Ahimè forse qualcuno non ha capito che qui si tratta di sopravvivenza. Il livello di servizio e di relazione si DEVE ALZARE. Questo vale per le agenzie ma anche per le imprese clienti. Per stare alla metafora di Simone, la mela è avvelenata e qualcuno potrebbe aver bisogno poi di una lavanda gastrica
23 giugno 2005 @ 12:47
@Maurizio: sei diabolico, ma il tuo post l’avrei letto lo stesso ;-)Mi permetto solo di aggiungere un certo parallelismo col mondo della comunicazione non pubblicitaria, (relazioni pubbliche, marketing communication, etc) dove scarsa attenzione alle nuove tecnologie, pigrizia mentale e atteggiamenti poco consulenziali verso le aziende stanno dando risultati analoghi
@Matteo: concordo con te che c’è anche chi la rete l’ha “compresa” e la utilizza in maniera intelligente e proficua, ma la “giovinezza”, per spiegare gli errori degli altri mi sembra un argomento debole: uno dei problemi, IMHO, è che la tecnologia, lo strumento, ha “accecato” chi l’ha utilizzata, facendogli totalmente perdere di vista sani, vecchi, solidi e tutt’ora validi principi di marketing, che non sono stati trasferiti e declinati sulle nuove opportunità.
23 giugno 2005 @ 18:33
Introduzione della prospettiva
Solo per segnalare un bel post di Maurizio su IMLI: si parla di “prospettiva†e di evoluzione nel modo di comunicare. Si parla di necessità di cambiamenti importanti perché è a rischio la sopravvivenza delle aziende che continuano a crogiolarsi …
23 giugno 2005 @ 18:55
Arrivo in ritardo a leggere… ma partecipo volentieri. Aziende ce ne sono…che vorrebbero capire, usare, alzare… il tiro di una comunicazione per allargare, arrivare e infine ricevere un bel feedback. Il punto sta ancora nei costi di una cultura che sembra ‘dell’accesso’… e che puzza di intellettualismo. Servono esempi concreti… prove anche gratuite…esercizi che non siano solo di pensiero ma omminicompresivi della cultura del fare o che si relazionino constantemente ad essa. Quindi… non poniamoci il problema….facciamo (anche se mi pare lo si stia già facendo). Personalmente di aziende coraggiose e in grado di… ne ho incontrate… il problema è che bisogna dire loro la verità sui tempi che ci vogliono…Buon lavoro a tutti.
23 giugno 2005 @ 18:55
Arrivo in ritardo a leggere… ma partecipo volentieri. Aziende ce ne sono…che vorrebbero capire, usare, alzare… il tiro di una comunicazione per allargare, arrivare e infine ricevere un bel feedback. Il punto sta ancora nei costi di una cultura che sembra ‘dell’accesso’… e che puzza di intellettualismo. Servono esempi concreti… prove anche gratuite…esercizi che non siano solo di pensiero ma omminicompresivi della cultura del fare o che si relazionino constantemente ad essa. Quindi… non poniamoci il problema….facciamo (anche se mi pare lo si stia già facendo). Personalmente di aziende coraggiose e in grado di… ne ho incontrate… il problema è che bisogna dire loro la verità sui tempi che ci vogliono…Buon lavoro a tutti.
23 giugno 2005 @ 20:01
Caro Fabrizio, prendo atto di quanto dici, la tua esperienza è diversa dalla mia. Molte aziende che ho conosciuto io non erano nemmeno intenzionate a confrontarsi sui temi innovativi, dei costi non si è nemmeno parlato. Dobbiamo dire che di ricerca e sviluppo se ne fa poca in Italia, le ricerche vengono usate poco e male. Lanciamo una sfida sulla sperimentazione? Quale impresa è disposta a farne?
23 giugno 2005 @ 22:44
@Maurizio (”Lanciamo una sfida sulla sperimentazione? Quale impresa è disposta a farne?”)
Noi, nel nostro piccolo, siamo dispostissimi, e non ti nascondo che il tuo post sulle agenzie “ottuse” alle possibilita’ di adv sulle tv digitali, ha scatenato in me un “sano desiderio” di conoscere e di sperimentare.
Commercialmente, stiamo sperimentando da due anni il “noleggio (tutto incluso e con garanzie)” di alcune nostre soluzioni online (siti dinamici con Content Management) e i risultati sono discreti (30% noleggio, 70% acquisto), nonostante una cultura italiana tesa al “preferisco possedere perche’ mi fido molto poco”.
Nell’ambito dello sviluppo di soluzioni di Content Management, sono tre anni che abbiamo aderito a due differenti progetti internazionali open source e, dopo una fase iniziale passata a convincere il management sul “produrre e condividere”, ora il ROI (debug e implementazioni da parte della comunita’ Open Source) e’ eclatante.
Personalmente, sono “appassionato” di innovazione comunicativa (mi chiamano er visionario) e ho trovato in Imlog una fonte molto interessante, quindi…aperto a qualunque “gioco serio” alla sperimentazione. Unico limite: know how.
Ah, leggendo il post m’ero proprio dimenticato della scusa di google, m’ero fatto rapire e bum… me lo hai ricordato :-)
27 giugno 2005 @ 21:57
Caro Andrea, tu lo sai bene che aziende come la tua sono una rarità. Permettimi di farti un esempio concreto. L’anno scorso il Forum della Net Economy ha organizzato a Milano Net@pmi, un programma di conferenze gratuito di grande valore, per spiegare alle PMI come utilizzare la banda larga e le nuove tecnologie strategicamente. Era un evento culturale completamente gratuito. E’ stato un flop, alla maggioranza dei piccoli imprenditori, tutto ciò non interessa. Credimi non è nella maggior parte dei casi un problema di prezzo, la risposta è troppo spesso, non mi interessa. Per moltissimi imprenditori gli investimenti in macchinari sono considerati ancora gli unici produttivi, quelli in marketing, comunicazione, corsi di formazione invece no. Hai voglia ad investire in macchinari quando la gente non compra.