Uccidiamo le best practice
Stiamo vivendo un periodo di transizione, molti non se ne sono ancora accorti.
Ora abbiamo una grande necessità di nuovi paradigmi e nuovi modelli di pensiero.
Le best practice sono stati introdotte con grande successo dalle università americane e poi utilizzate anche da quelle europee.
Continua a tornarmi alla mente questa affermazione di Jesper Kunde, autore del libro unique now… or never:
“Companies have defined so much ‘best practice’ that they are now more or less identical.”
I clienti delle agenzie e dei consulenti reclamano a gran voce i casi di successo, invece che soffermarsi su quello che dovrebbe essere fatto per loro.
Ecco perché non posso che concordare pienamente con la provocazione di Michael W. Mc Laughlin, che ci spiega perché oggi fare troppo uso di best practice è poco efficace.
E’ se tornassimo tutti a rischiare e ad usare la nostra testa?
Nessun post simile.
28 giugno 2005 @ 16:51
Le Best Practice sono “mantenute” nel tempo da chi ha saputo leggere quelle attuali a sua disposizione ed è riuscito ad apportare ulteriori novità e miglioramenti.
Applicando un margine di rischio “calcolato” si possono ottenere grossi successi e grosse performance. Tale margine di rischio risiede nel nostro intuito e nella nostra fantasia, e nella nostra capacità/volontà di dare significato e personalizzazione alle cose che facciamo.
Un artista si riconosce dalla sua originalità, e a grazie a questa ottiene la sua fama.
Un artigiano fa bene il suo lavoro spesso copiando l’artista, diffondendone la sua opera rendendola accessibile e utilizzabile ai più.
In ogni caso, abbisognamo degli uni e degli altri. Peccato che molti se ne siano dimenticati…
28 giugno 2005 @ 16:53
Vuoi dire che il cliente si dovrebbe esclusivamente fidare di un idea senza averla copiata da qualcun altro? Affascinante…;)
28 giugno 2005 @ 16:57
Caro Andrea, sono sicuramente d’accordo, ma il nostro è il Paese degli eccessi e quindi quando si eccede da una parte occorre forzare la mano con le provocazioni per riequilibrare. Francamente quando le best practice vengono usate come alibi, perdono il loro valore originale. L’invito di Mc Laughlin è di farne un buon uso e non ucciderle come io ho provocatoriamente invitato a fare calcando volutamente la mano.
28 giugno 2005 @ 17:00
Il tema è estremamente interessante ed è anche il nodo intorno al quale gira un libro che, da oltre un anno, mi fa compagnia sulla scrivania di lavoro; parlo di Re-Imagine, di Tom Peters.
Tom dice “If you don’t like change, you’re going to like irrelevance even less”; il punto però, che mi sembra poco analizzato, è l’aspetto umano della questione.
Dietro ogni best practice c’è di solito un omino, di un età indefinita, che fuori da questa best practice, semplicemente è perso; allora, se è vero che è impossibile raggiungere l’eccellenza senza uno scarto che soffi via la polvere accumulata da processi che si ripetono sempre uguali, il tema diventa un altro ovvero, l’introduzione del “cambiamento” come carattere costituente della vita aziendale….
Solo che parlare di questo tema nel momento in cui qualcuno, nel nostro paese, propone la reintroduzione dei dazi doganali, beh, fa un pò sorridere :)
28 giugno 2005 @ 19:17
Conocordo con te, Giuseppe. Qui “qualcuno” non solo si è “dimenticato” cosa fare, ma probabilmente non lo sa fare o, ancora più probabilmente, in malafede non lo fa.
Colgo l’occasione, anche se un OT, per segnalare questo report sui cui riflettere:
http://www.cobrand.ilsole24ore.com/fc?cmd=sez&chId=41&sezId=10361
…dove vogliamo andare??
Vi invito ad aprire un post sulla questione…
28 giugno 2005 @ 19:37
Andrea, per il post che segnali posso solo dire tre parole: NON CI CREDO