EBA - Everything but audacious
Come annunciato, buona parte del mondo pubblicitario italiano si è trovato per discutere di tutto ma non di pubblicità, ovviamente si è parlato quasi solo di pubblicità :). Nella discussione a margine dell’incontro principale è emerso come le aziende non stiano osando: le possibilità offerte da internet non vengono colte e i manager preferiscono la più tradizionale televisione e gli altri mezzi “tradizionali” per comunicare con i propri clienti.
In un incontro a cui sono stato invitato, ho assistito ad una bella presentazione di un progetto di comunicazione per promuovere un servizio di instant messaging. Un progetto molto coraggioso e secondo me in linea con una strategia di comunicazione sviluppata solo per internet. Ovviamente chi era presente (altre agenzie e altri manager) ha sollevato il dubbio che la strategia fosse troppo audace e che l’elemento alla base fosse troppo spinto.
Non so perchè ma mi è parso di cogliere una contraddizione non da poco.
Nessun post simile.
9 giugno 2006 @ 10:16
Sono molto critico. Si fanno i convegni sull’innovazione ma si ha paura di osare e mostrare l’innovazione. Si fanno vedere le cose vecchie e si chiamano i soliti noti.
L’innovazione è solo lo specchietto per le allodole, serve per rassicurare e per mostrare che noi siamo avanti e che va tutto bene e che non ci si deve preoccupare. Ho una brutta notizia per tutti. Dobbiamo preoccuparci, perchè la competitività del Sistema Italia, dalla produzione, al marketing e alla comunicazione è in caduta libera.
I casi di comunicazione avanzata si contano sulle dita di una mano. La creatività sui mezzi digitali è allo stato della preistoria. Per questo ci si inventano ogni giorno nuove etichette e nuovi nomi per riproporre le vecchie logiche. Quello che gli americani chiamano NEW DAY, SAME SHIT.
Visto che in questo Paese, nessuno ha il coraggio di dire le cose come stanno, a costo di attirarmi critiche colossali, lo faccio io.
Sono stato abbastanza chiaro? Se non siete d’accordo con me, ditemelo, a differenza di altri non mi offendo. Sono qui per imparare ad innovare.
9 giugno 2006 @ 10:37
Temo proprio che quello che affermi sia paurosamente vero!
Online ed offline di innovazione se ne vede poca (mi ero posta il problema appena pochi giorni fa qui http://www.mlist.it/archivi/env/msgid-42838.html), e se verranno contributi statali per incentivarla potrebbero finire investiti invece (per qualcuno), nell’ultimo modello di Mercedes!
Permettimi di citarti. Riprendo volentieri la tua frase e mi accodo: “Visto che in questo Paese, nessuno ha il coraggio di dire le cose come stanno, a costo di attirarmi critiche colossali, lo faccio io”.
9 giugno 2006 @ 13:36
Aggiungo una mia considerazione sul tema sollevato da Maurizio relativo all’innovazione:
in Italia buona parte degli imprenditori sono aperti all’innovazione a condizione che:
1) la paghi lo Stato (cioe’ i contribuenti) grazie a finanziamenti di ogni sorta a fondo perduto.
2) in assenza di finanziamenti pubblici, deve costare pochissimo o quasi niente.
Questo e’ quanto ho potuto appurare in 15 anni di lavoro occupandomi di innovazione online.
E vale sia al Nord, che al Centro che al Sud.
Le aziende piu’ aperte all’innovazione sono di solito filiali italiane di societa’ straniere, spesso americane o giapponesi.
E’ triste, ma e’ cosi’ e condivido quanto dice Maurizio.
10 giugno 2006 @ 13:39
Non e’ che io voglia essere aziendalista a tutti costi, ma dare la colpa a chi “malvagiamente” non mette i soldi, perche’ “Internet non gli piace”, lo trovo un po’ limitativo e non totalmente rappresentativo della realta’. Molto spesso mi trovo a chiacchierare con persone, anche per nulla internettiane, che ricoprono importanti responsabilita’, e sanno cogliere profondamente cio’ che il mezzo offre. Forse hanno tutti il torto di essere un po’ pragmatici, e tagliano fuori tanti “progetti belli” che non funzionano. L’innovazione non e’ fine a se stessa e deve portare a un vantaggio competitivo. Nel caso rappresentato dal mio datore di lavoro, l’innovazione e’ frutto dell’idea di un allegro cinquantenne che non aveva neanche il pc sul tavolo.
Mentre le aziende continuano a ragionare sui profitti, noi continuiamo a ragionare a pageviews e tavanate assortite.
- “progetto di successo, ho raccolto 100.000 indirizzi email” (–> bravo e ora cosa te ne fai?)
- “progetto di successo, ho portato 500.000 persone sul sito” (–> no, erano pagine viste, ma nessuno glielo ha detto)
- “progetto di successo, aveva un conversion rate del 30%” (–> su 100 lead)
Insomma, non e’ che siamo un po’ autoreferenziali? Respiriamo quel tanto d’aria che rimane nella bolla, trangugiamo il cocktail all’aperitivo di turno e nel tempo che resta ci parliamo addosso sui blog. Intanto i manager delle aziende devono occuparsi di profitti (magari sempre piu’ risicati) e di stipendi da pagare.
Dunque, se le aziende non sostengono la propria competitivita’ con l’innovazione, vorrei capire una cosa: lavoro in un’azienda in cui il mezzo Internet e’ ampiamente sdoganato e riceve risorse importanti. Nell’ultimo anno e’ arrivata una sola proposta veramente innovativa, in qualche modo legata ad uno dei contributor/commentatori di questo blog, regolarmente accettata. Per il resto, tutto tace. Mi sono perso qualcosa, o forse, piu’ che la propensione alla *vera* innovazione (che e’ altro dai deja vu), manca l’offerta di innovazione?!
10 giugno 2006 @ 15:02
Ricordo che questo è un blog di marketing, quindi le argomentazioni di Paolo sono ragionevoli. L’innovazione non può e non deve essere fine a se stessa, almeno fintanto che parliamo di marketing.
Tuttavia non ci dobbiamo mai scordare che anche se è il cliente che paga, è l’utente a cui ci rivolgiamo. In questo modo forse un po’ provocatorio, mi sento di dire che abbiamo sempre due clienti da ascoltare e non uno solo.
13 giugno 2006 @ 14:03
Ero presente alla sessione della mattina ma onestamente non l’ho trovata molto interessante. Mi aveva molto colpita il nome della manifestazione perchè vi leggevo un evento che in qualche modo voleva parlare di qualcosa di diverso e le mie aspettative per la prima parte della giornata purtroppo sono state ampiamente deluse. Devo essere sincera, non sono stata molto attenta, tuttavia ho sentito qualcuno parlare del fatto che le aziende non stanno osando e ho riabbassato subito la testa per dedicarmi alla lettura di un libro che fortunamente avevo portato con me.
Le aziende italiane non osano per mille motivi, tra cui ce n’è uno che non va sottovalutato: i comunicatori, o quelli che si professano tali, non osano, mentre quelli che ci provano spesso non hanno sbocchi.
Purtroppo i clienti con grandi disponibilità economiche, e grandi opportunità di investimento in progetti davvero innovativi, si rivolgono spesso ad agenzie con rigide strutture gerarchiche che possono penalizzare coloro che ogni tanto cercano di uscire un po’ dagli schemi. Purtroppo non ho visto grandi passi avanti in questo senso in Italia.
Concludendo credo che chi lavora in questo campo, prima di colpevolizzare il cliente, dovrebbe farsi un’analisi di coscienza per capire quanto la colpa stia da una o dall’altra parte.