SMS? No grazie, sono Giapponese
All’Ebaforum di ieri c’erano molti operatori e non solo i soliti noti che si incontrano a IAB, ma un’audience allargata grazie anche alle conferenze su argomenti quali PR, Networking e Mobile Marketing. Sono arrivata in tempo per seguire 4 interventi proprio su questo argomento.
Dal mobile marketing giapponese alle videochiamate in 3D.
Interessante la panoramica di Calafiore di WizCapital sul mobile marketing in Giappone, dove sui telefonini non ci sono mai i loghi dei produttori ma solo quelli delle compagnie telefoniche, che insieme decidono e impongono i requirement minimi di dotazioni dei cellulari. Dove ci sono 92 milioni di utilizzatori di cellulari su 140 milioni di abitanti, ma non esistono sms e mms. Semplicemente hanno integrato da subito le mail e se le mandano anche dai telefonini.
Grazie a dei particolari codici visivi chiamati QR-codes, basta fare una foto con il cellulare a poster o cartoline che li contengono per trovarsi a portata di mano tutte le informazioni sulla promozione ed il prodotto. E come dimostra la case study di Apple con il lancio di iPod Nano, si possono vendere 250,000 pezzi in una settimana con una innovativa azione di media integrati!
Sempre in Giappone, con un microchip integrato nel telefonino si pagano i mezzi pubblici senza passare dalla biglietteria, mentre a me non hanno fatto il biglietto del treno perchè in stazione non prendevano bancomat o carte di credito…
In Giappone il futuro è già arrivato.
Molto diversa, ma ugualmente di ampio respiro ed interessante la brillante esposizione dell’incubatore tecnologico Torino Wireless con la presentazione di alcuni progetti di Seac02: dalle videochiamate in 3D alle riproduzioni virtuali utilizzabili in fiere e dimostrazioni di prodotto ad alto contenuto tecnologico.
Infine si è parlato di Proximity Mobile Marketing, una realtà già più vicina all’audience Italiana, e degli sviluppi di prodotto della storica azienda modenese Panini che da tempi non sospetti sperimenta nuove piattaforme, tramite le quali fa evolvere il classicissimo, ma mai vecchio, mito delle figurine.
Assolutamente rinfrescante non sentire solo parlare di banner e motori di ricerca!
Complimenti agli organizzatori.
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9 giugno 2006 @ 11:51
Oggi mi sento particolarmente polemico e per questo me ne scuso, ma il mio commento sarà (spero) preciso e costruttivo.
Dobbiamo chiarirci bene sul termine innovazione. Dal lato tecnologico, l’innovazione è sicuramente continua, ieri non c’erano i blog, i podcast, gli rfid, la geolocalizzazione e chi più ne ha più ne metta. Ricordiamoci che l’innovazione tout court non ha mercato, hanno invece mercato le capacità di risolvere problemi, migliorare i processi, aumentare i canali di vendita ecc. Sarò felice quando in un convegno comincerò a vedere risposte del tipo: “a fronte di questi nuovi mezzi , questi sono i nuovi impieghi per il marketing, queste le case histories di successo, queste quelle di successo, questi i costi diretti ed indiretti, questi sono gli strumenti di misurazione. La realtà dei convegni è che i relatori sono raramente pagati, le agende non si vogliono pagare, gli ingressi sono gratuiti ed è normale che si faccia tanta autopromozione. Dobbiamo metterci in testa che l’innovazione costa e qualcuno la deve pagare. Allora la vera domanda da porre è, c’è qualcuno interessato a pagarla l’innovazione reale, quella che interessa gli utenti? Qui prevale l’atteggiamento dei free riders, si cerca di ascoltare, capire qualcosa e copiare, ma è evidente che con questa logica, l’informazione rimane chiusa solo in certi ambienti. Tutto il resto è conseguenza, ne vogliamo parlare oppure continuiamo a ballare il minuetto. Queste sono le cose che a mio parere sarebbe utile discutere, con tutto il rispetto, sulla nuova release di Google.
9 giugno 2006 @ 12:11
L’Italia ha accumulato un ritardo di più di 10 anni nei confronti degli USA per quanto rigurda gli investimenti nelle tecnologie. Ritardo che cresce esponenzialmente se si analizza il settore di servizi e della comunicazione, specie quela di marketing. In Italia si scopre solo ora a un convegno che in giappone si mandano emailal posto di sms. Bastava navigare un po’ in Rete, non serviva un convegno per scoprirlo. Così come i nostri manager parlano di tecnologie e di marketing digitale, ma poi in tasca hanno l’agenda di carta. E chi è passato da quella di carta a quella digitale sa bene che questa non è una semplice analisi tecnicistica, ma un vero approccio metale diverso alla propria organizzazione e di quella della propria azienda. Il problema è che qui non sappiamo cosa sia il guadagno condiviso e la Wikieconomia. L’italia nella migliore delle ipotesi, per riprendersi, dovrà rinnovare l’attuale classe dirigente, e comunque non ce la farà prima dei prossimi 20 anni. Perciò, che si parlino pure tutti addosso di tecnologia, ma l’innovazione non è parlarne, ma farla. You talk your talk, I walk my walk :) Ciao Maurizio
9 giugno 2006 @ 12:51
cari Marco e Maurizio sono d’accordo che siamo indietro, noi Italians siamo famosi come gente che parla, gesticola, mangia e conclude poco. Però…
Gli esempi che ho riportato sono di applicazioni pratiche delle tecnologie, non solo l’iPod in Giappone, ma anche la italianissima Panini che da tempi non sospetti sta applicando tecnologie innovative a produzione e distribuzione di prodotto. E se esiste un incubatore a Torino che ha proprio il fine di applicare all’industria e anche al marketing le nuove tecnologie io lo prendo come un segno di avanzamento del FARE contro il PARLARE. Forse di anni ne bastano 10 per avere una classe dirigente più in linea con il progesso tecnologico (se così non fosse io me ne torno in Inghilterra!).
9 giugno 2006 @ 15:26
A questo indirizzo http://www.semacode.org tutte le informazioni per realizzare QR codes e per scaricare del software per il vostro cellulare.
10 giugno 2006 @ 11:07
in dieci anni (spero) farò parte di quella classe dirigente citata!
Studio economia e accanto a me vedo proprio poche persone che sanno cos’è un blog, che sanno accendere un palmare o hanno mai sentito parlare di symbian…
se nelle università (forse la maggioranza) non si parla mai di queste cose, come pretendiamo in 10 anni di recuperare?
10 giugno 2006 @ 20:10
Ciao Stefano, se già ce ne sono pochi di universitari (ma buoni) che masticano tecnologia e sanno cos’è un blog, in qualche modo ci stiamo muovendo in avanti. Fioriscino corsi di web marketing e new nedia, il blog di Beppe Grillo è più letto dei quotidiani. Sempre più aziende sperimentano il web, chi bene chi male. Sempre più persone acquistano online. Insomma il fermento c’è, basta crederci e coltivarlo. Se tra 10 anni mi renderò conto che siamo rimasti un popolo di retrogradi e scettici, ripeto, riemigro. Ma della possibilità di fare meglio e più in fretta di 20 anni sono convinta. Forse i supercritici, scettici e disillusi sono dannosi al progresso tanto quanto i manager con l’agenda di carta :-)
11 giugno 2006 @ 09:39
Scettici e disilusi saranno sicuramente rompiballe, ma il progresso cercano di portarlo avanti a prescindere :)
12 giugno 2006 @ 13:09
meno male che esistono conferenze del genere, e blog come questi, perchè se si aspetta che se ne parli nelle università stiamo freschi
12 giugno 2006 @ 14:40
Hai ragione Mondo Voip, su questi temi occorre parlarne e parlarne bene.Occorre trovare nuove forme di aggregazione dove l’innovazione può trovare forme di espressione e dove può essere portata avanti in modo libero e aperto. I blog sono uno spazio di discussione libera, ai convegni spesso relatori potenzialmente molto interessanti, perchè hanno qualcosa da di nuovo da dire non vengono invitati, non per cattiveria, ma perchè chi fa le agende e che spesso non è pagato per questo,non conosce a fondo tutte le problematiche del settore e per questo in molti casi tende ad invitare i singoli noti, per questo cerco quando organizzo una conferenza di dar voce anche a chi spesso non l’ha. Il mio appunto non riguarda certo l’utilità di un convegno, ma a certi meccanismi con cui spesso è progettato.