what-is-web-2.0.gifGrazie a Supercazzola, notoriamente scettico riguardo al web 2.0, ho letto l’interessantissima trascrizione di un podcast dell’IBM in cui viene intervistato niente meno che Tim Berners Lee.

Quello che il buon Tim dice sembrerebbe dare ragione ai detrattori del web 2.0, ma per come la vedo io non è così.
Tim dice:

“And in fact, you know, this Web 2.0, quote, it means using the standards which have been produced by all these people
working on Web 1.0. It means using the document object model, it means for HTML and SVG and so on, it’s using HTTP, so
it’s building stuff using the Web standards, plus Java script of course.

So Web 2.0 for some people it means moving some of the thinking client side so making it more immediate, but the idea of
the Web as interaction between people is really what the Web is. That was what it was designed to be as a collaborative
space where people can interact.”


Tutto vero, anzi verissimo. Ma il fatto che fosse stato progettato per quello non vuol dire che poi sia stato usato nel modo previsto.

Robert Scoble in Naked Conversations, che ho appena iniziato a leggere, ammette che non c’è molto da aggiungere al Cluetrain Manifesto, che è del 2000, se non esempi pratici, che prima mancavano totalmente.
Ok, i mercati sono conversazioni, ma se nessuno parla…

E’ assolutamente vero che il web 1.0 conteneva in sè già tutto quello che adesso viene identificato come 2.0:
- il sistema di feedback di eBay esiste da 10 anni
- il sistema di commenti dei prodotti di Amazon idem
- lo stesso pagerank, che è un algoritmo “sociale”, da 9

Beh, non me ne vengono in mente tanti altri…
Quello che conta, IMHO, sono due cose:
1) adesso tutti possono fare quello che prima poteva fare solo il “broadcaster” (non ho trovato termine migliore). Ovvero non è più “I talk, you listen” (ancora Scoble), ma qualcosa come “I communicate, everyone participate”
2) l’approccio è diverso, ed è questo l’importante. Tutti i tool , le funzionalità e le possibilità che c’erano prima iniziano ad essere sfruttate in maniera propria

Non è importante se lo si chiama web 2.0, rivoluzione, apertura, pippo, pluto o paperino. L’importante è che le cose stanno cambiando, che alcune aziende se ne stanno rendendo conto e che quelle che non si adegueranno ne subiranni, prima o poi, le conseguenze.

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