Creatività = ROI? Post complicato…
In realtà questo post doveva essere solo una segnalazione di una pubblicità che mi aveva fatto sorridere. Questa:
L’ho trovata sul blog di Monkey Business, l’agenzia di Massimo Carraro.
Credevo fosse nuova e invece ho scoperto che è del 1998!
(OT: La reazione della chiesa inglese è stata dichiarare che era “tastless”, non oso immaginare cosa sarebbe successo in Italia 10 anni fa, ma anche oggi…)
Ho continuato a curiosare sul sito e ho scaricato un simpatico pdf con alcune pubblicità motlo divertenti. Vi consiglio di scaricarlo: alcune le avrete sicuramente già viste ma ce ne sono di straordinarie.
Comunque il pdf si conclude con una frase: sense of humor = return on investments. Ovvero la creatività consente di avere migliori risultati commerciali?
Non credo sia facile, e forse nemmeno possibile, rispondere a questa domanda, viste le centinaia di variabili che possono intervenire, ma vale la pena rifletterci.
Credo che ai due estremi del continuum ci siano le pubblicita’ che danno al consumatore solo quello che vuole da un lato e quelle che lo stupiscono e lo destabilizzano dall’altro.
Nel dubbio la maggior parte delle aziende si posiziona in un’aurea mediocritas, probabilmente più spostata a sinistra.
Il punto è: una pubblicità di successo crea un prodotto di successo? Per esempio questa pubblicità ha fatto vendere più gioielli? E quest’altra più reggiseni? A malincuore la mia risposta e’ no.
Il problema è quello ben noto che possiamo riassumere in “di chi era quella pubblicità con la ragazza sul motoscafo?”. Ovvero la pubblicita’ diventa fine a se stessa e il prodotto passa in secondo piano.
Questo significa che bisogna essere piatti e poco creativi? Ovviamente no! Semplicemente che la creatività non basta da sola: la pubblicita’ deve servire a vendere più prodotti non a decreatre il successo delle agenzie e far vincere i premi a Cannes. Questa e’ la differenza tra advertising e marketing, o almeno dovrebbe essere.
La cosa fondamentale, che finora raramente ho visto, è IMHO la condivisione degli obiettivi tra l’azienda e l’agenzia pubblicitaria: qualsiasi attività creativa deve avere un riscontro concreto e, possibilmente, misurabile. Non dico che tutto deve essere riportato esclusivamente alla performance, ma è un buon inizio per valutare.
Mi sa che sono andato off topic sul mio stesso post :)
Nessun post simile.
6 gennaio 2008 @ 00:32
ciao e grazie di aver citato monkey business, la nostra amatissima mini-agenzia di pubblicità artigianale.
la frasina sullo humour=roi era un gioco, per provocare (mi pare di averci anche messo un punto di domanda, adesso non ricordo)… più in generale il tuo post mi ispira un sacco di cose, ma non voglio dilungarmi, quindi mi limito a due pensierini…
1 - la dicotomia creativo vs. vendite non è necessariamnte, sempre vera. come pasquale barbella ha detto una volta, ci sono campagne creative che vendono molto, campagne non creative che vendono molto, campagne creative che non vendono ecc ecc
insomma le combinazioni sono molte, e la performance non deriva solo dalla creatività o non creatività.
la buona strategia è sempre il presupposto della buona esecuzione creativa, poi c’è lo spending, la scelta dei media (per non parlare delle altre leve delmarketing mix, distribuzione, prezzo, pr…).
2 - è giusto porre l’attenzione sulla convergenza degli obiettivi tra cliente e agenzia, come accenni tu.
storicamente l’agenzia guadagna con la percentuale sui mezzi, sistema che con la multicanalità in vigore oggi non ha più senso (quando c’erano 4 media tv-radio-stampa-esterna la consulenza era imparziale, adesso quale agenzia consiglierà mai il cliente di investire su internet, dato che non hanno ancora capito come farci dei soldi?).
peccato che - notizia di questi giorni - anche in italia la gente passa più tempo su internet che davanti alla tv, per giunta proprio nelle ore di prima serata, cioè quando gli spazi tv costano di più.
io non so, il mio osservatorio è piccolo e marginalista, ma mai come ora vedo i clienti distantissimi dalle agenzie (e se devo dirla tutta quelli rimasti clamorosamnte indietro sono proprio le agenzie).
un saluto e buon 2008,
max
6 gennaio 2008 @ 01:05
“e se devo dirla tutta quelli rimasti clamorosamnte indietro sono proprio le agenzie”
sante parole!
14 gennaio 2008 @ 09:54
Il D&Ad inglese ha pubblicato una serie di studi sull’impatto della creatività sul successo commerciale di ALCUNI casi. Non è la cosa più scientifica del mondo, ma è interessante.
http://www.dandad.org/inspiration/creativityworks/adcase.html