Advertising & Social network: sicuri che funzioni?
All’inizio tutti hanno dato per scontato che i social network fossero il futuro dell’advertising: messaggi iper-profilati in un contesto dove addirittura i singoli utenti si sarebbero fatti promotori dei loro brand preferiti (in cambio di quale benefit materiali o emozionali non era ben chiaro…).
In pratica siti come MySpace e Facebook si sono proposti sul mercato come potentissimi aggregatori di traffico, di audience profilata e di utenti ad alto potenziale di interazione e disponibili a condividere i loro dati personali senza particolari remore: il sogno dei marketer, in pratica.
Oggi però, come è anche emerso al recente AdTech di San Francisco, qualcuno inizia a mettere in forse questa prospettiva: le piattaforme di social network non sono infatti necessariamente anche valide piattaforme di advertising (v. articolo su imedia Connection), perché la sola audience non è sufficiente:
At their core, social networks are closer to a telephone conversation or a meeting in a coffee house than reading a newspaper or watching TV
Non a caso questi siti stanno sforzandosi di trovare modelli di monetizzazione del traffico (ne ha parlato persino l’Economist) che siano coerenti con la filosofia dei social network e al tempo stesso con le esigenze degli inserzionisti: probabilmente dovranno ripensare totalmente la presenza della pubblicità nei loro siti e inventare un modello di “community branding” che attualmente non ha eguali in altri contesti media, anche online.
Io continuo a pensare che probabilmente LinkedIn (lo so, sono di parte :-) con gli annunci di Google, qualche banner poco invasivo, i job postings e gli abbonamenti premium abbia alla fine trovato la strada più semplice per monetizzare il suo patrimonio di profili… Su Facebook e MySpace onestamente credo che ci sia ancora molto lavoro da fare, sull’offerta lato editore ma anche e soprattutto da parte delle agenzie creative :-)
E voi, che ne pensate?
Nessun post simile.
24 aprile 2008 @ 18:45
Ciao Laura.
I social network “professionali”, tipo LinkedIn sono molto diversi dai vari Facebook. Non fanno leva sul concetto di amicizia che invece è alla base del successo degli altri. Quindi l’advertising su LinkedIn o simili equivale all’advertising che si fa su un comune sito di informazione, con il vantaggio che si riesce a mirare meglio il target (e quindi impallinarlo con maggior precisione).
Su Facebook è tutto un alro sport. Ne parlavo tempo fa qui:
http://www.oz-design.it/blog/?post=1199
24 aprile 2008 @ 23:54
Penso che la tua analisi sia corretta, nonostante come scrive Mr Oz, Facebook e Linkedin siano su piani differenti e difficilmente comparabili.
25 aprile 2008 @ 10:37
Cara Laura, ho letto con interesse il tuo articolo perché anche io, nel mio piccolo, gestisco una piattaforma di social networking italiana che strizza l’occhio all’estero, si chiama http://www.vinix.it ed è rivolta al mondo wine & food. Il problema del modello di business è stato il primo cruccio che ci siamo posti in fase di partenza. Alla fine, abbiamo optato per l’unica strada allora possibile (Giugno 2007), e cioè un ibrido tra iscrizioni free e iscrizioni pro e adv tradizionale.
I punti di forza del nostro modello sono due. Da un lato ci appoggiamo ad una concessionaria esclusivamente rivolta al wine & food quindi siamo in grado di offrire pubblicità “in topic” ai nostri users. Dall’altro stiamo studiando un metodo di distribuzione pubblicitaria completamente nuovo sul panorama nazionale almeno e che consentirà di veicolare adv sartoriali, cuciti sugli specifici interessi di ogni singolo utente. Qualcosa un passo avanti ad adsense anche se sarà chiaramente limitato alla nostra piattaforma.
Ciao, Fil.
25 aprile 2008 @ 11:34
Ciao Laura,
dici…
>All’inizio tutti hanno dato per scontato che i social network fossero il futuro dell’advertising: messaggi iper-profilati…
io dico…
>All’inizio tutti hanno dato per scontato che IL WEB fosse il futuro dell’advertising: messaggi iper-profilati…
invece, Internet e la pubblicità fanno a pugni (il direct marketing, quello no, quello magari daà noia ma funziona,ok)
25 aprile 2008 @ 14:07
beh Massimo sul fatto che Internet e la pubblicita’ fanno a pugni non posso proprio essere d’accordo: perche’ mai chi legge un quotidiano online dovrebbe essere piu’ refrattario alla pubblicita’ di quanto lo sia chi legge un quotidiano cartaceo?
in determinati settori la pubblcita’ online e’ molto piu’ efficace di quella offline.
e’ chiaro che se infili la pubblicita’ dove non deve stare (tipo beacon di Facebook) l’utente reagisce nella maniera peggiore: ignorandola.
e poi scusa ma Google cosa fa se non fornire spazi pubblicitari?
25 aprile 2008 @ 16:50
Anche io credo che Facebook e Linkedin siano su due piani differenti eppure molti analisti finiscono per buttare entrambi nello stesso calderone.
Tutto sommato mi trovo d’accordo con questo post di Laura.
@Matteo Balzani: “perche’ mai chi legge un quotidiano online dovrebbe essere piu’ refrattario alla pubblicita’ di quanto lo sia chi legge un quotidiano cartaceo?” Te lo spiego io. Chiunque usi Internet da almeno 5/6 mesi tutti i banner, così come la pubblicità contestuale tipo AdWords, non li vede nemmeno. Chi sfoglia un giornale, invece, magari si ferma - anche volentieri - ad ammirare il visual di una pubblicità a tutta pagina o a leggere payoff e bodycopy.
25 aprile 2008 @ 18:00
Smeerch: da dove scaturisce questa affermazione?
Praticamente state dicendo che nessuno clicca sugli adwords o sui banner? :)
Io non sono mai stato un fan della tabellare (anzi), ma questa assunzione che chi naviga su internet e’ piu’ sveglio, piu’ skillato e piu’ prep[arato e’ totalmente assurda. vedere i commenti al post su Doretta per credere :)))
Io quando leggo un settimanale la pubblicita’ la salto a pie’ pari, ma spesso mi soffermo su quella online (ovviamente per deformazioine professionale). Altri faranno l’opposto, altri ignoreranno entrambi e altri ancora si soffermeranno su entrambe.
Come sempre generalizzare non e’ mai corretto.
26 aprile 2008 @ 00:55
Ciao Matteo,
tu dici: “nessuno clicca sugli adwords o sui banner?”
Non nessuno, ma quasi. Cioè una piccola(issima) percentuale.
L’utente “medio” clicca sulla pubblicità quando non ha altro da cliccare.
26 aprile 2008 @ 11:41
questa Mr Oz e’ l’idea che abbiamo noi del settore (o comunque utenti evoluti) ed e’ del tutto sconfessata dai fatti, per lo meno per AdWords. Praticamente tutti i business online “campano” sugli utenti che arrivano da AdWords. Non e’ strano avere CTR che vanno dal 5 al 10%. Se consideri anche la % degli altri annunci il totale e’ una buona parte degli utenti.
Per fortuna non e’ la maggior parte, e ci mancherebbe altro! E’ giusto che solo poche persone clicchino sui banner o sugli annunci di google, sarei preoccupato del contrario.
Che la pubblicita’ su internet funzioni, e bene, e’ provato dal fatto che e’ il modello di business di quasi tutte le web company. E inoltre e’ la cosa che ci permette di avere tutti i servizi gratis: Gmail, i social network, i servizi di storage online ecc.
Sono 10 anni che si dice che il banner e’ morto, e sono d’accordo che non e’ in gran forma, ma spesso i guru del web non pensano con la testa degli utenti “normali”
Infine, identificare la pubblicita’ online solo con i banner e’ una enorme semplificazione
28 aprile 2008 @ 23:37
oddio, Matteo…
>perche’ mai chi legge un quotidiano online dovrebbe essere piu’ refrattario alla pubblicita’ di quanto lo sia chi legge un quotidiano cartaceo?
-ad esempio perchè la pubblicità su carta è molto più bella?
-ad esempio perchè è spesso a pagina intera e con belle foto?
-ad esempio perchè non ha elementi che saltano per la pagina dandoti fastidio?
-ad esempio perchè non c’è adblock con cui la puoi bloccare del tutto?
-ad esempio perchè Internet è bidirezionale e la gente è più interessata a quello che dicono le altre persone che non agli slogan delle aziende?
Infine, Google (adwords e Adsense) è secondo me l’unica pubblicità che funziona, e comunque non è ‘pubblicità’ ma puro testo ed è direct marketing!
29 aprile 2008 @ 00:18
e poi, scusa, quando dici…
>Che la pubblicita’ su internet funzioni, e bene, e’ provato dal fatto che e’ il modello di business di quasi tutte le web company.
secondo me dici una cosa senza senso. Le web company vendono pub, quindi la pub “funziona”? Solo perchè loro la vendono e viene acquistata? E in che percentuale poi è non pubblicità ma direct marketing? Prendi l’Italia: 50% Google. Poi Yahoo Search, kelkoo, Tradedoubler e compagnia, a performance e quindi, di nuovo, direct marketing. Poi, tutti i banner e affini comprati vuoi dai centri media, vuoi dagli ebay, meetic, conti arancio etc. di questo mondo per essere “trasformata” in risultati. Di nuovo, direct marketing.
O, se vuoi vederla in un altro modo: sai farmi 3 esempi di “pubblicità” - eh, sì, è quella robaccia, i banner, l’email mktg etc - di successo su Internet?
29 aprile 2008 @ 09:37
Massimo, la tua distinzione tra advertising e direct marketing non corrisponde alla mia temo. A meno che tu non intenda branding invece di advertising, e allora siamo molto piu’ d’accordo.
>-ad esempio perchè la pubblicità su carta è molto più bella?
mi pare soggettivo, spesso sui giornali la qualita’ della stampa e’ pessima e cmq ‘ statica
>-ad esempio perchè è spesso a pagina intera e con belle foto?
mi stai dicendo che apprezzeresti un paginone intero su un sito web? :)
>-ad esempio perchè non ha elementi che saltano per la pagina dandoti fastidio?
gli elementi che saltano per la pagina sono una minima parte della pubblicita’ online ed effettivamente li trovo invasivi pure io
>-ad esempio perchè non c’è adblock con cui la puoi bloccare del tutto?
??? quindi la pubblicita’ sui giornali funziona perche’ ti viene imposta e non la puoi evitare?
>-ad esempio perchè Internet è bidirezionale e la gente è più interessata a quello che dicono le altre persone che non agli slogan delle aziende?
quindi una pagina che puoi solo leggere funziona meglio di un banner con cui puoi interagire, che puoi cliccare e che ti porta direttamente dall’advertiser piuttosto che rimandare il vero contatto a giorni o mesi dopo?
Tutti questi elementi mi confermano che la pubblicita’ online funziona meglio di quella offline: e’ piu’ interattiva, piu’ misurabile, pio’ diretta, piu’ creativa.
Mi sembra di scrivere cose del 1999 ma e’ cosi’.
Tu consigleresti a qualcuno di spendere 50.000 euro per comprare un paginone sul Corriere cartaceo piuttosto che usarli su Corriere.it? Veramente?
Ripeto, io sono tutto tranne che un fan dei banner e dell’interruption advetising, ma e’ un dato di fatto che con la pubblicita’ online hai infinite possibilita’ in piu’.
29 aprile 2008 @ 12:08
E’ chiaro che LinkedIn e Facebook/My Space siano mondi diversi, li ho accostati solo perché entrambi sono casi di social networking molto noti, uno solo dei quali però ha trovato, in modo discreto ma credo efficace, una soluzione al dilemma della monetizzazione.
Sull’annoso tema dell’adv online, del banner vivo, morto o redivivo, sono totalmente d’accordo con Matteo, sennò per coerenza dovrei aver cambiato lavoro da tempo ;)
Per deformazione professionale io osservo l’adv su tutti i media/supporti, ma non credo che online l’attenzione sia necessariamente inferiore: solo si tratta di un contenuto adv web che scorre parallelo alla fruizione dei contenuti vs il famoso marketing dell’interruzione tipico dello spot (peraltro, se ci pensate, i “banner” che scorrono sotto i film di Canale5 seguono esattamente questa stessa logica).
Last but not least, ricordiamoci che la rete permette di contattare segmenti di target che molto spesso, per vari motivi, fruiscono molto meno degli altri mezzi nel loro media mix quotidiano: i giovani e giovanissimi, ma anche le fasce di popolazione più “impegnate” e che alla tv dedicano poco tempo.
Per carità, non è più vero che gli utenti internet sono quelli più alti, più belli, più colti e ricchi (essendo ormai 24 milioni!), ma è sicuramente ancora vero che per specifiche nicchie di target il digitale offre degli indici di concentrazione sensibilmente più elevati.
29 aprile 2008 @ 22:18
@Matteo: Tu consigleresti a qualcuno di spendere 50.000 euro per comprare un paginone sul Corriere cartaceo piuttosto che usarli su Corriere.it? Veramente?
dipende dal prezzo che mi fanno online e da chi sono (io, investitore) e da cosa voglio ottenere. Se voglio fare iscritti o vendere online, chiaramente vado online (a prezzi decenti).
Se invece ho un brand di quelli veri, di quelli che a metterli di fianco a tanta fuffa che gira online (meno sul sito del corriere, forse) mi vengono i brividi, beh, in quel caso ci penso due volte: dipende, appunto, dalla compagnia (gli altri advertiser), da che sito ho online (che molti, meno vengono visti e meglio è) e da cosa voglio comunicare (di solito non vendo in modo diretto, Apple e Dell sono le eccezioni, non la regola).
Ma ci sono n cose che le aziende possono (e dovrebbero) fare online che non c’entrano nulla con banner e simili…
29 aprile 2008 @ 23:17
in principio era un post sull’adv @ social network, poi e’ diventato un forum sui mondi solo apparentemente contrapposti di online, offline e direct marketing. Io non ho un’opinione definitiva, l’online funziona per il mio prodotto ma forse farebbe malissimo ad altri. Credo che a me costerebbe carissimo triplicare il budget online e azzerare la tv.
detto questo, spero che l’adv profilato funzioni molto bene… vero Laura? ;-)
30 aprile 2008 @ 01:04
Io ho un’opinione abbastanza definitiva, forse ;-) Partendo dal presupposto che “io sono io e tu sei tu” tutti i mezzi sono funzionali a me o a te in modo direttamente o inversamente proporzionale a come sono io e a come sei tu (e quindi anche a come ci sentiamo oggi e a come ci sentiremo domani) ma anche a dove sono… (ok, scherzavo, ma mi è venuta abbastanza bene dai… :-).
E le riviste dal dentista/parrucchiera/nostri bagni di casa? Funzionano benissimo così come anche il resto funziona se messo al posto e al momento giusto, considerando che l’efficienza totale non esiste nemmeno in natura (ok, anche qui scherzavo, ma un po’ di meno: un cookie [vedi passaparola] appioppato ad una donna quando è dalla parrucchiera ha una efficienza bestiale :-).
Eh già, sembra semplice ma fare il marketer non lo è affatto… se consideriamo tutte le possibilità :-) Grazie per gli spunti.
30 aprile 2008 @ 11:36
@Massimo: che ci siano N cose meglio dei banner sono ovviamente d’accordissimo, ma ahime’ il banner e’ vivo e vegeto. E’ chiaro che preferirei avere un web con solo pubblicita’ mirata e rilevante, senza popup e con aziende che conversano con i clienti… ma non e’ cosi’ e a quanto vedo ora e a quanto vedevo prima in zanox i banner e altre forme di advertising online poco 2.0 continuano a funzionare.
Se poi parliamo di branding e’ un’altra cosa, ma i banner di Apple, Dell, eBay ecc li trovi ovunque, altro che Corriere.it…
@Paolo: secondo me l’online funziona per chiunque, cosi’ come le altre forme di advertising, ma dipende da come/dove/quando lo si fa. Per te va bene farlo cosi’ perche’ hai il supporto forte degli altri mezzi (TV, stampa ecc), per altri e’ necessario un diverso modo di comunicare, per altri ancora ha senso fare azioni piu’ specifiche e mirate o magari il web puo’ essere un terreno per sperimentare cose che non possono fare altrove.
@Michele: me lo ripeti piu’ lentamente? :)
30 aprile 2008 @ 13:45
Matteo, io preferirei vedere un web *senza* pubblicità (che non funziona) e solo con aziende che danno servizi sul web e si aprono ai loro clienti sul web etc, oltre ovviamente a chi fa direct marketing, perchè gli ’spazi’ ci sono (in abbondanza), e (specie a prezzi bassi) funziona, e certo che dell, apple e ebay sono ovunque! Sono Sony e Samsung e Nokia e Fiat (che non vendono direttamente) che di pubblicità non ne dovrebbero praticamente fare…
4 maggio 2008 @ 18:51
…che aggiungere…i social network non sono e non possono essere veicoli pubblicitari, se non cambiando loro “missione”. Ma nel momento in cui la si cambia, gli utenti se ne vanno. Molto meglio fondare un social network che abbia, dall’inizio, nella sua missione quella di essere un punto di incontro tra aziende e utilizzatori di prodotti. Far diventare Facebook e Myspace tutto questo…lotrovo improbabile…come trovo improbabili le richeste di aziende che vogliono contaminare questi spazi sociali con finti messaggi generati da altri utenti. Siamo alla truffa…e tutto il buon senso che, a parole, si sentiva all’inizio del “web commerciale” si è fermato lì…a livello di parola e assai poco di pratica diffusa.
5 maggio 2008 @ 23:18
beh sebastiano, nemmeno la missione dei motori di ricerca e’ essere un veicolo pubblcitiario, e in teoria non dovrebbe esserlo nemmeno per i quotidiani o per i programmi tv. La pubblicitia’ e’ il mezzo per poter fornire un contenuto non dovrebbe mai essere il fine.
Poi e’ evidente che in moltissimi casi lo e’…