L’advertising ai tempi della recessione
Una bellissima presentazione del reparto di advertising sales dell’Economist.
Bellissima dal punto di vista grafico e anche molto chiara e diretta.
Ovviamente non e’ imparziale, visto che l’obiettivo (dichiarato) e’ vendere pagine pubblicitarie sull’Economist, ma fino alla meta’ e’ davvero coinvolgente, soprattutto per uno che non vuole farsi tagliare il budget ;-)
Non sono d’accordo pero’ sul fatto che il brand si possa costruire solo offline e sulla carta. Puo’ essere ancora vero per il target dell’Econimist, ma non per i teenager e nemmeno probabilmente per i 25 enni.
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15 gennaio 2009 @ 09:53
io non sono d’accordo quasi su nulla (poi c’è un typo e per me è gravissimo, poi dall’economist :) . la solita vecchia storia che in tempi di recessione devi aumentare lo spending pubblicitario blah blah.
magari focalizzarsi sul prodotto no? o sul raggiungere i consumatori in modo diretto e meno costoso, no?
gluca
16 gennaio 2009 @ 11:14
le due cose non si escludono. Ma non e’ discutibile il fatto che nei momenti di crisi chi ha la possibilita’ debba rendersi piu’ visibile per guadagnare market share.
non necessariamente questo significa spendere di piu’, ma almeno non tagliare il budget.
la focalizzazione sul prodotto poi dovrebbe essere qualcosa non da fare solo nei periodi di crisi…
il typo me lo sono perso. dov’e'?
29 maggio 2009 @ 09:24
Vorrei rispondere a Gianluca: il web a mio parere è uno dei modi meno costosi e più redditizi per far pubblicità.
Basti pensare a quanti utenti tutti i giorni navigano in rete, quanti utilizzano google e quindi leggono gli annunci AdWords di google i cui costi sono veramente ridotti.
Per me il SEM è la nuova frontiera dell’advertising in termini di rapporto costi/benefici.
Se vuoi saperne di più guarda qui.
Simo.