Semplicità
Stasera sono in vena di banalità, quindi dico semplicemente: l’azienda dovrebbe lavorare sul prodotto e sui suoi valori intrinseci, prima di pensare a qualunque attività di comunicazione, in particolar modo se questa è mirata a far parlare (a creare buzz, dovrei dire), a stimolare la prova e l’adozione. Non c’è alcun bisogno di costruire valori positivi su un prodotto tramite massicci investimenti, confondere le persone con messaggi ripetitivi e inquinatori dell’ambiente semiotico, se un prodotto possiede già, per sua natura, un contenuto di innovazione (risolvere problemi antichi in modo nuovo o problemi nuovi utilizzando metodi consolidati in altri campi); l’innovazione, così come altre caratteristiche del prodotto (in particolar modo il suo design, l’ergonomia, i materiali ricercati), comunica in maniera naturale e stimola il passaparola autentico.
Un prodotto che comunica per via delle sue caratteristiche permette di destinare le risorse pubblicitarie in maniera più sensata, evitando di obbligare chi fa il “creativo” ad applicare al prodotto valori estrinseci che non hanno un collegamento reale con il prodotto ed evitando a chi elabora la strategia media il compito di studiare metodi quasi-scientifici di calcolare esposizione e frequenza ottimale per far sedimentare un messaggio e tradurlo in un comportamento o in un atteggiamento favorevole.
Questa sera avevo bisogno di ripetere questo, perché ho la sensazione che molti professionisti si trovano a raccontare troppo spesso qualcosa di opposto a questa semplice realtà, ma - ed è la cosa che mi temo di più - sono le aziende clienti a volersi sentire raccontare questa versione dei fatti.
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Provocazione: sono dell’opinione di sottrarre ai “creativi” il controllo della produzione di websites a contenuti creativi per strumenti digitali. Questa è una extrema ratio provocatoria. Potrei anche accountentarmi del fatto che ad ogni kick off creativo si parta a ragionare, sempre come provocazione e come stimolo dato dall’inversione della consuetudine, di soluzioni tecniche, di interazioni tra l’uomo e gli oggetti virtuali, mai partendo dai contenuti e sempre partendo da come si sentono le persone e i loro cervelli ad avere (sullo schermo, o sul proprio device mobile) un potenziale mondo di interazioni che ne estende il campo cognitivo, che lo fa sentire implicitamente un individuo esteso, con possibilità “aumentate”.
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25 febbraio 2009 @ 12:10
e io che mi credevo che parlassi della canzone di Arisa ;)))
25 febbraio 2009 @ 21:56
Ciao Maurizio, questo per evidenziare quanto sono dissociato dalla TV :-P. Cercherò di documentarmi sul personaggio in questione, magari per tentare di convincermi che non sia solo una che canta accompagnata da una chitarrina, una cosa mai vista ne udita insomma…
28 febbraio 2009 @ 14:57
sebastiano: usi un sacco di parentesi. non si capisce un cavolo di quello che scrivi. cos’e’ l’ambiente semiotico? fra
1 marzo 2009 @ 10:34
francesco: mi spiace chiedere la partecipazione del lettore (sforzo di comprensione e sforzo di ricerca se parlo di cose non già note) e non usare a volte un linguaggio immediato. Il linguaggio immediato è spesso povero, mi piace non usarlo e l’impegno in comprensione non mi pare disdicevole, anche se ciò richiede tempo. Ti stai impegnando in una lettura, non ti aspettare quindi la pappa pronta del linguaggio impoverito; questo è il mio punto di vista sulla scrittura, libero di non leggere se non sei d’accordo. Detto questo, a volte sono astruso ma non mi è sembrato di esserlo questa volta, accetto le critiche ma non i commenti inutili o gli insulti al modo di scrivere da chi non ha approfondito evidentemente a sufficienza; il tuo commento è entrambe queste cose 1) per il fatto che non sai qualcosa di cui si parla nel post e non ti metti neanche a cercare (immagino tu sappia come si fa una ricerca online)…ma al contrario te la prendi con chi ha parlato di quel qualcosa che ignori (o che conosci chiamato in un altro modo, mentre il modo in cui lo chiamo io non ti va a genio) 2) per il fatto che hai difficoltà ad andare oltre un tipo di linguaggio, probabilmente quello che usi tu; io posso farci poco in tutto ciò…se non invitarti a rileggere…che non c’è nulla di incomprensibile quando si ha voglia e capacità di capire.
2 marzo 2009 @ 23:28
Permaloso;)
Le parentesi davvero rendono il discorso difficile da seguire. È un commento che mi era stato rivolto a scuola. Mi avevano fatto notare che eliminandole la tua scrittura diventa più semplice. Non te la prendere, era solo un’osservazione.
Ora ti saluto. Vado a cercarmi l’ambiente semiotico.
Fra
2 marzo 2009 @ 23:54
Permaloso lo sono, ma so ancora distinguere una sparata da un’osservazione… :-).
Detto questo, ti saluto.
4 marzo 2009 @ 09:12
Leggo con ritardo questo post, che finalmente va controcorrente. Dopo aver levato la comunicazione digitale agli informatici (con rispetto parlando) ora è opportuno che essa non diventi un esercizio creativo fine a se stesso. E’ ora che si faccia introspezione comprendo in profondità i valori, la value proposition, i pubblici i mercati di un’azienda, altrimenti il rischio di creare una comunicazione meravigliosa ma completamente fuori dai tempi e dalla realtà. Ti invito a continuare i ragionamenti su questi temi, che mi interessano particolarmente.