Condividere la conoscenza è un fatto di pragmatismo…
In questi giorni si è parlato discretamente - nel nostro piccolo orticello mediatico - della sentenza che di fatto permette a RCS di riprendere da Mediaset i video che desidera, se c’è di mezzo il diritto di cronaca; diritto di cronaca che invece non si applica a trasmissioni di intrattenimento come il Grande Fratello (tant’è che la sentenza ha deciso che, dei 59 video che Mediaset chiedeva di rimuovere, solo 4 - proprio quelli del GF - dovevano essere tolti perché per essi non sussiste il diritto di cronaca). Non credo ci sia molto da interpretare; la sentenza, pur riconoscendo l’esistenza della proprietà intellettuale, sembra dire che il diritto di cronaca prevale sugli altri diritti.
Nei giorni in cui sento parlare di tutto ciò, scopro che un grande network internazionale ha pubblicato sotto licenza Creative Commons i video di copertura della guerra di Gaza. Grande network, ma non network occidentale: si tratta di Al Jazeera. Non sono al corrente di altri esempi di tale pragmatismo, ad esempio da parte di realtà come la CNN o la BBC (segnalazioni in senso contrario saranno benvenute). Il principio è semplice: far propagare la conoscenza e farlo in modo che la fonte di tale conoscenza sia identificabile, va pragmaticamente a beneficio della notorietà di chi offre questa possibilità, ne incrementa la credibilità - come fonte di informazioni - sia nella comunità di cui fa parte (i video di Al Jazeera sono stati ripresi ad esempio dal TG3, quindi da colleghi) sia nella comunità degli utenti finali. E a cosa di più alto può ambire un network di informazione o un produttore di contenuti?
Facciamo quindi presente, ai nostri “grandi media italiani” che vivono ancora in un mondo di idee arcaiche, che distribuire liberamente i proprio contenuti crea nuovi ambiti di promozione della propria offerta mentre i vincoli alla diffusione e l’applicazione alla lettera della proprietà intellettuale impoveriscono i contenuti dei media anche a proprio danno. Provino loro, che tutto sanno, ad immaginare trasmissioni di denuncia (come Striscia la Notizia) senza il rilancio spontaneo di chi pubblica liberamente i loro video, li segnala alla propria rete di conoscenze, ne amplifica la portata ma soprattutto contribuisce gratuitamente a posizionare la trasmissione come fonte credibile di notizie. La Rete, evidentemente all’insaputa di qualcuno, ha aperto nuove opportunità anche per i media classici. A loro consiglierei, anziché di percorrere le vie legali (ricordo che Mediaset è in causa anche contro Youtube), di perseguire il modello del revenue sharing in accordo con i grandi moltiplicatori di contenuto (di nuovo Youtube), condividendo gli introiti pubblicitari che essi generano (e che a loro tolgono). Tutto questo prima che si impari a fare a meno di loro, anche se questa cosa, come sottintendeva Cory Doctorow venerdì scorso a Meet The Media Guru, credo potrà accadere comunque. Doctorow, parlando di stampa (ma l’idea si può anche estendere agli editori di qualunque genere, inclusi quelli televisivi), ha semplicemente detto che “alle persone interessa poco cosa succede ai grandi editori; alle persone interessa il giornalismo, non i giornali”.
Nessun post simile.