Segnalazioni da Cannes
Credo che le cose più interessanti da Cannes siano arrivate dagli speech collegati (non tanto quindi dalle premiazioni, per quanto le idee/esecuzioni premiate sono valide - e non solo perché un premio è arrivata alla media agency dove lavoro). Tra questi speech c’è stato quello di Steve Ballmer, il quale ha detto una cosa molto semplice: non siamo di fronte ad una crisi ma ad un reset, a seguire del quale lo scenario della pubblicità sarà profondamente innovato. Ovviamente non parlava a caso, gli interessi di Microsoft in questo campo sono enormi e il loro ruolo nel cambiamento è attivo (quindi parte del reset, se ci sarà davvero, sarà dovuto anche alle loro azioni).
Di quale innovazione si parla? Anzitutto della digitalizzazione di tutto l’esistente, quantomeno a livello di “media”. Non si tratta solo passare da tecnologia analogica a digitale (ovvero digitalizzare la tv e trasmettere sempre le stesse cose), si tratta di introdurre nei media la “logica” digitale, che è quella (per farla breve) della trinità: test-measure-refine. Questa è cultura digitale, non tecnologia.
Di nuovo, Microsoft ha interessi consistenti in questo campo. E’ stata ripresentata in questi giorni (in occasione di una partnership con Publicis - disclaimer: la media agency per cui lavoro è parte del gruppo Publicis) la notizia di Microsoft che ha sviluppato una soluzione (nome: Admira) adatta alla creazione di piattaforme di gestione e acquisto dell’inventario TV su televisioni via cavo. Sembra una questione tecnica, d’interesse per addetti al settore, pubblicitari, inserzionisti, editori, e irrilevante per gli altri. Invece interessa tutti, anche l’utente finale che è investito dalla pubblicità - perché magari egli sia un po’ meno investito da messaggi non rilevanti e sia invece raggiunto da comunicazioni più utili, purchè dietro alla tecnologia di un ad exchange ci sia - di nuovo - non solo la tecnologia ma anche una cultura di questo tipo presso pubblicitari e investitori. Per la cronaca, nel medesimo campo Google è già attiva (con Google TV Ads) da due anni; per loro dev’essere stato naturale pensare di trasporre la logica di gestione di Adwords su altri strumenti, estendendovi l’applicazione della logica “test-measure-refine” (oltre che con la TV ci hanno provato anche con la stampa, ma con poco successo tant’è che pochi mesi Google Print è stato dismesso).
Comunque, cosa succede dove la logica digitale contamina i media e le attività pubblicitarie? Succede che si formano nuove professionalità ad alto valore aggiunto e si tende a perdere un livello di intermediazione. La professionalità ad alto valore aggiunto è proprio quella che si occupa di testare un messaggio, misurarne gli effetti, proporre le correzioni: un consulente e un esperto di comunicazione. Il livello di intermediazione che si rischia di perdere è invece quella della concessionaria di pubblicità: ad exchange come Admira di Microsoft o Google TV Ads appaiono più efficienti e trasparenti del rapporto con le concessionarie. A questo punto anche per queste entità di pura intermediazioni tra un fornitore e un compratore si porrebbe il punto di dover introdurre valore aggiunto oltre alla semplice vendita e alla contrattazione.
In Italia comunque (che novità) siamo molto lontani da tutto questo. Non solo non è disponibile un ad exchange per la tv (che via cavo praticamente non esiste, e questo è un requisito per implementare questo tipo di mercato) ma siamo lontani da una vera implementazione anche per la gestione degli inventari online (ambito dove sarebbe più immediato e naturale operare questo cambiamento gestionale).
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2 luglio 2009 @ 15:51
Il Web ha aperto la strada al self service, sia per il B2C che per il B2B e l’intermediazione nella compravendita di spazi pubblicitari pare che si stia avviando verso lo stesso destino che si è prospettato ai rappresentanti e dettaglianti con l’avvento del commercio elettronico. Onestamente non sono in grado di capire quali valori si perderanno in questa trasformazione, però so per certo che quando la gente sceglie liberamente la strada che preferisce, allora si può stare certi che il nuovo scenario avrà per i consumatori (siano essi aziende che persone) più vantaggi di quello attuale.
2 luglio 2009 @ 23:21
Ciao Marco,
non credo che lo scenario sia così netto come lo rappresenti, e non intendevo passare questo tipo di messaggio con il mio post. Non credo che sia così anche nel settore di cui parli (commercio); il commercio elettronico non ha sostituito il dettaglio. Per il dettaglio la minaccia è la grande distribuzione, o meglio, il cambiamento di stili di vita (erosione del tempo libero) che ha portato le persone a doversi rivolgere alla grande distribuzione (per gli alimentari, e non solo), in quanto portatori di orari più flessibili, offerta meglio aggregata e - come fattore collaterale ma non meno importante - una sostanziale convenienza. Comunque, a parte questo, anche il commercio elettronico, la dove ha fatto più presa, ha creato nuove professionalità che fanno commercio in modo diverso, con più attenzione al comportamento d’acquisto, figure che non sono solo “commercianti” ma analisti che fanno analisi raffinata e politiche di vendita migliori potendo analizzare i comportamenti online, d’acquisto e di navigazione, più puntualmente di quanto si può fare - mediamente - “offline”. Stessa cosa, come dicevo nel post, per la pubblicità, con l’avvento di piattaforme digitali per l’acquisto e la pianificazione di attività pubblicitarie che cancella alcune professioni a basso valore aggiunto per crearne di nuove (analisti) ad alto valore aggiunto, per non parlare poi della maggiore trasparenza di un mercato in cui i rapporti personali tra acquirente e venditore perdono importanza in favore di una gestione più imparziale del processo di “compravendita”.
Non so quando tutto ciò verrà…da noi forse più tardi che altrove, ma secondo me verrà…tuttavia non credo che sarà uno scenario totalizzante, e una parte di “venditori” continuerà ad avere scopo di esistere, magari fornendo maggiore valore aggiunto e progetti completi anziché la vendita di semplici “spazi”.
8 luglio 2009 @ 10:40
La mia è certamente una rappresentazione schematica e sono d’accordo con te che non spariscono delle professionalità dall’oggi al domani, ma possiamo immaginare per loro, così come sono oggi, un futuro di sviluppo e crescita? E’ vero che sono i centri commerciali che hanno portato via molta gente ai negozi tradizionali, ma è anche vero che con l’arrivo della crisi economica, mentre i punti vendita della grande distribuzione sono in seria difficoltà, su Internet gli affari sono aumentati. O la grande distribuzione si sposta su un self service online (come Media World, che addirittura fa condizioni migliori sul sito che in negozio) o anche questa prima o poi entrerà in crisi. Perché costa meno, sia al distributore che al cliente. Gli outlet, anche se scomodi e per lo più in self service, proliferano a scapito anche della grande distribuzione. C’è sempre meno margine per le attività che non aggiungono un valore reale per il cliente. Le agenzie di viaggio così come sono state fino ad oggi, hanno perso credibilità in favore del self service online. Il successo di Ryanair con la prenotazione diretta via Web e la smaterializzazione del biglietto, nonostante la sua politica rigida e talvolta gradevole sulle regole di imbarco, nonostante le hostess trasandate e il fatto che si paga tutto ciò che non è essenziale al volo (hanno appena chiesto alla Boing un aereo con soli posti in piedi!) ha dimostrato che la gente va sempre più a cuore delle cose e se non percepisce un reale valore di un intermediario, cerca un modo per scavalcarlo. Quello che dici sulle nuove professionalità è proprio il punto che sostengo anch’io, infatti è lì che si vede la vera prospettiva di lavoro. Nel caso specifico del Marketing servono professionisti preparati che guidino il cliente nella foresta delle possibilità offerte dal mercato e lo assistano nello sviluppo della sua strategia commerciale. Chi si limita a rivendere spazi pubblicitari di altri secondo me non ha vita lunga. La gente vuole comprare conversioni non banner, se gli vendi solo spazi pubblicitari ed è costretta ad attrezzarsi da sola per fare il grosso del lavoro non appena si presenterà l’occasione farà a meno dell’intermediario. In sintesi la domanda è: la gente vuole l’intermediario o gli è solo imposto? Soltanto nei business dove la risposta è sì, l’intermediario avrà un futuro.
9 ottobre 2009 @ 01:13
ottimo