IMlog
Il target di MSN
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Web Marketing | Data: Lunedì, 31 Maggio 2004 

images.jpgControllando un vecchio account di Hotmail mi sono imbattuto in uno skyscraper che pubblicizzava la MSN Toolbar (ndr: il banner indirizzava inspiegabilmente alla pagine del download in belga...).
Ora, io forse sono prevenuto, ma mi sono immediatamente chiesto: "Ma davvero c'è chi se la scarica?". Questo dubbio ha generato una serie di riflessioni su MSN e sul suo target di utenti, in particolare per quanto riguarda la sezione search.

Ma andiamo per gradi: questa mossa è stata fatta chiaramente per entrare in competizione con Google, che invece può contare su un elevatissimo numero di utenti che utilizzano la propria toolbar. Ma a mio modesto modo di vedere l'iniziativa di MSN ha problemi con entrambi i macrotarget della rete: gli smanettoni notoriamente non nutrono simpatia per la Microsoft e difficilmente scaricherebbero la toolbar di MSN, anche perchè in molti casi utilizzano altri browser; i newbies non sono in grado o non hanno voglia di scaricare o installare nulla, anche perchè in molti casi pensano sia una cosa complicata, e in ogni caso quelli che vincono la diffidenza scaricano quella di Google.

MSN sul search sta rincorrendo, ma al momento non credo abbia possibilità di conquistare nuovi utenti in questo modo, anche perchè l'attuale killer application che può vantare, il Messenger, è già integrata nel browser e comunque ha una sua vita nella barra degli strumenti del sistema operativo, quindi non c'è nessuna comodità ulteriore ad averla integrata nella MSN Toolbar.

Nota di colore: subito sotto al claim "Scarica subito MSN Toolbar" c'è la scritta "Non è richiesta alcuna informazione personale!". Coda di paglia sul versante privacy? :)

Culture Digitali
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: News | Data: Venerdì, 28 Maggio 2004 

bannerinobase.gifIl 4 giugno, presso l'Università Federico II di Napoli, si svolgerà il convegno "Culture Digitali: i Weblog e la nuova sfera pubblica", sicuramente una buona occasione per approfondire l'argomento dei blog e della loro crescente influenza nella nostra società.
Il programma promette nomi importanti del giornalismo e dell'editoria italiana e anche blogstar riconosciute (per esempio Paolo Valdemarin). Anche gli sponsor sono di tutto rispetto: da AdMaiora a Typepad, da Apogeo a Internet News.

Se qualcuno di voi lettori avrà l'occasione di andare e poi avrà voglia di postare un resoconto direttamente qui su IMlog sarà il benvenuto.
Per chi fosse interessato è possibile anche partecipate come Junior Author al blog di Culture Digitali o addirittura assistere al convegno in streaming.

Restyling... nella Media!
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: E-commerce | Data: Mercoledì, 26 Maggio 2004 

logo_media.gifMediaWorld ha parzialmente rinnovato il sito ma, a mio avviso, ha perso un'occasone per distinguersi tra i siti di e-commerce, restando da molti punti di vista nella media, se mi si concede il gioco di parole.

Innanzitutto ha mantenuto l'animazione in flash iniziale, pur rinnovandola, per separare le due "anime" del sito, quella istituzionale e quella commerciale. Ma già concettualmente l'utilizzo di un'animazione in flash per un sito di e-commerce, che per sua natura dovrebbe essere fruibile nel modo più semplice e immediato da parte del maggior numero di utenti possibile, risulta da un lato obsoleto e dall'altro poco funzionale.

La stessa divisione tra la parte informativa e quella dello shopping non è ben comprensibile, trattandosi comunque di un operatore che anche off-line ha un business identico a quello on-line; sarebbe sufficiente mantenere qualche link in toolbar o nel footer per permettere agli utenti desiderosi di approfondire la conoscenza di accedere alle pagine istituzionali.
Altro tool desueto è l'utilizzo dei frame, che invece caratterizzano la colonna sinistra del sito di e-commerce, quella in cui è possibile scorrere le categorie degli oggetti in vendita. Oltre che antiestetico il frame non è il massimo nemmeno per l'usabilità, avendo uno scroll diverso da quello del corpo della pagina.
Infine, altra contravvenzione alle regole dell'usabilità care a Nielsen ed a molti utenti, vengono privilegiate le immagini rispetto all'HTML, ovvero per la presentazione dei prodotti e delle offerte vengono utilizzate immagini, anche molto pesanti (quella in hp attualmente pesa 25kb...), anche per le descrizioni dei prodotti e per i prezzi. Questo appesantisce la navigazione ed il download, mentre sarebbe molto più snello se i testi fossero scritti e formattati e non inclusi nelle figure dei prodotti.

In definitiva sembrerebbe che lo strapotere conquistato off-line sia ritenuto un driver sufficiente per portare i potenziali clienti sul sito e che la politica dei prezzi e delle offerte non abbia bisogno di ulteriori spinte per convincere gli utenti del sito ad acquistare.
Effettivamente il sito di e-commerce di Mediaworld è semplicemente uno dei canali di vendita del gruppo, assieme ai negozi e al telefono, e di sicuro non il più curato. La visibilità che il sito ottiene dalla pubblicità televisiva e cartacea, dai volantini e dalla rete vendita è sicuramente elevatissima, di conseguenza il successo del sito è probabilmente assicurato, ma sono convinto che per conquistare lo zoccolo duro degli acquirenti online gioverebbe moltissimo migliorare l'usabilità del sito web.

Detto questo probabilmente Mediaworld è leader nel proprio settore anche online, quindi hanno ragione loro e i miei sono solo sofismi da pseudo-smanettone, ma certamente quando penso di acquistare online qualche oggetto hi-tech Mediaworld.it non è tra i primi 3 siti che mi viene in mente di visitare.

Xelibri in via d'estinzione
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 26 Maggio 2004 

L'annuncio di Siemens di voler abbandonare la produzione della linea fashion di cellulari, coglie poco di sorpresa; presentati con grande enfasi (e con notevole spesa pubblicitaria) poco più di un anno fa, i cellulari della serie Xelibri, nelle intenzioni della azienda tedesca, dovevano rappresentare più un accessorio di moda che non un concentrato di tecnologia, attirando l'interesse di un nuovo pubblico più attento all'immagine e meno alla sostanza delle funzionalità.

Dal punto di vista distributivo, per cercare di "incontrare" al meglio questo nuovo pubblico tutto da creare, si era puntato molto sulla presenza nei negozi di moda e di alta moda con un rinnovo della linea che avrebbe dovuto seguire il cambio delle collezioni.

Il mancato raggiungimento degli obiettivi che ha portato all'annuncio di oggi non sembra aver demoralizzato i vertici della Siemens che promettono di riprovarci ancora, anche se il resto del mercato va da un'altra parte; visionari o testardi?

Beneficenza in Rete
Autore: M. Bancora | Categoria: Comunicazione | Data: Martedì, 25 Maggio 2004 

solidarweb.gifSegnalo questa iniziativa organizzata da TribalDDB e in particolare da Emanuele Nenna: Solidarweb. È la prima volta che in Italia un evento benefico raccoglie tanto successo in termini di visibilità. Praticamente tutte le maggiori testate lo hanno promosso: Virgilio, Yahoo, MSN, Repubblica.it, Corriere.it

Certo l'iniziativa per TribalDDB è un ottimo veicolo di comunicazione, e in particolare di PR, ma perchè nessuno lo ha mai fatto prima? In fondo Telethon è nei palinsesti ormai da anni.

Account Gmail all'asta su eBay
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Avvistamenti | Data: Lunedì, 24 Maggio 2004 

Spulciando nel sito di aste più famoso del mondo si possono trovare centinaia di offerte simili; c'è chi offre il semplice invito e chi invece mette in vendita un account particolare.

Insomma, l'attesa per la nuova mail di Google deve essere davvero grande se qualcuno è arrivato ad offrire più di 150,00€ per l'account unknown@gmail.com in un asta su eBay.

Le offerte non mancano e non c'è che dire, un'ottima dimostrazione di fedeltà ed amore verso il brand; peccato solo che da queste transazioni nelle tasche di Google non arriverà nulla :)

Audiweb: Il pesce d'aprile di Google
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Avvistamenti | Data: Lunedì, 24 Maggio 2004 

Lo scorso 20 Maggio Audiweb ha pubblicato i dati dell'INDAGINE PANEL realizzata da Nielsen//NetRatings relativi al mese di aprile 2004.

La sorpresa più rilevante è data dal sorpasso di Google nei confronti di Virgilio e degli altri portali; in un mese in cui i maggiori indicatori hanno segno negativo (-13,44% il tempo speso online e -8,40% le pagine viste per persona rispetto al mese di marzo) la crescita dei visitatori unici di Google (+3%) risulta ancora più evidente e significativa.

Anche se il risultato non è chiaramente stabilizzato e solo nei prossimi mesi si potrà più chiaramente valutare eventuali influenze stagionali e dei rumors intorno alla quotazione del motore californiano, è tuttavia evidente come per Libero e Virgilio sia ormai finita l'epoca del duopolio.

IKEA sul web, ma solo un po'
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Comunicazione | Data: Mercoledì, 19 Maggio 2004 

logo92x33.gifNavigando sul sito di un noto periodico RCS (ok, va bene, era Max!) mi sono imbattuto in un banner IKEA. Mi sono stupito, non avendo mai visto comunicazioni IKEA online.
Spulciando tra gli altri siti del network RCS non ho trovato altre presenze di IKEA, quindi ho ipotizzato che i banner fossero un omaggio in seguito all'acquisto di qualche oagina sulla rivista cartacea.

Per curiosità poi sono andato a vedere, ovviamente, se sul sito IKEA fossero presenti significative novità. Ho notato effettivamente che i servizi per gli utenti ed i vari tool di progettazione sono stati ampliati, è stato inserito un test sulla cultura alimentare svedese per promuovere i prodotti della bottega e poi ci sono altre piccole cose.
Ancora però non mi sembra che l'interazione con il popolo della rete sia un aspetto importante nella strategia comunicativa del colosso svedese, nonostante le potenzialità siano enormi. Sicuramente privilegiano ancora il contatto diretto, il marketing di contatto in negozio e il catalogo cartaceo da sfogliare: infatti sul sito sono presenti solo pochissimi prodotti e si dà la possibilità di scaricare il catalogo in .pdf piuttosto che facilitare la navigazione e rendere disponibili delle schede prodotto.

Il passo successivo potrebbe essere l'e-commerce ma la paura del conflitto di canale sicuramente costituisce un forte deterrente. Certo è che potenzialmente i volumi potrebbero essere enormi, almeno per i tre quarti dei prodotti. D'altro canto è vero che l'acquisto d'impulso è molto più stimolabile in negozsio che online, e l'acquisto di impulso è, assieme al prezzo, uno dei fattori determinanti del successo di IKEA, tant'è che non ci sono notizie di qualcuno che sia riuscito a uscire da un negozio IKEA senza aver comprato nulla: almeno qualche biscottino svedese alla cannella si porta a casa! :)

In definitiva la presenza sul web di IKEA è sicuramente migliorabile, ma è difficle stabilire in quale direzione, visto che la centralità del punto vendita fisico è, comprensibilmente, sacra.

Tv digitale terrestre...e tre.
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Media | Data: Martedì, 18 Maggio 2004 

Ho già scritto in altre due occasioni in merito al tema della tv digitale terrestre, qui, e qui. Con questo terzo intervento in tema di tv vorrei spostarmi momentaneamente dall'argomento della creazione di modelli di televisione partecipativa, per sensibilizzare i lettori sul tema dell'assegnazione delle frequenze televisive.

E' un argomento che in realtà non riguarda direttamente il marketing o la comunicazione, ma indirettamente riguarda la libertà di trasmettere un segnale Tv, e quindi anche la libertà di comunicare e di sviluppare iniziative imprenditoriali di broadcasting.

Ho giò cercato di fare sensibilizzazione su questo tema, accennando in un precedente intervento all'esperienza olandese, dove lo Stato ha deciso di concedere a chiunque la possibilità di trasmettere i propri documentari ed i programmi televisivi realizzati "in proprio", creando degli appositi canali di trasmissione via cavo (che in Olanda ha una penetrazione pressoche totale presso le case). Certo, nel nord Europa c'è una cultura piuttosto differente rispetto alla nostra...

Un'altra strada per permettere una maggior libertà di accesso alle trasmissioni tv sarebbe il cambiamento della filosofia e della politica di assegnazione delle frequenze.
Premetto che non farò un discorso puramente tecnico (non ne sarei in grado): attualmente il sistema di assegnazione delle frequenze è centralizzato, gestito dallo Stato, ed è nato quando la tecnologia di trasmissione analogica era l'unica possibile. In parole povere è lo Stato che decide a chi devono essere assegnate le frequenze di trasmissione. Le emittenti che hanno il permesso di trasmettere ricevono una concessione statale.

Da qualche mese, come è ampiamente noto, è stata introdotta in via sperimentale la tecnologia digitale terrestre; questa nuova (per l'Italia) tecnologia permetterebbe di modificare il processo di assegnazione delle frequenze, passando da un sistema centralizzato, gestito dallo Stato, ad un sistema di assegnazione automatica, gestita dalla tecnologia.
Per far capire di cosa si tratta utilizzerò un'analogia, quella con la telefonia cellulare. Le reti di telefonia cellulare hanno un tot. di risorse che vengono assegnate dinamicamente, a seconda del numero di terminali che sono attivi (in trasmissione ed in ricezione) in un dato momento sulla rete; si potrebbe applicare lo stesso principio all'assegnazione delle frequenze televisive, grazie all'avvento del sistema di trasmissione digitale terrestre, passando da un sistema che vede lo Stato concedere le frequenze in esclusiva alle emittenti televisive, ad un sistema di "open spectrum" dove le risorse di trasmissione vengono assegnate dinamicamente alle emittenti che in un dato momento stanno trasmettendo il loro segnale. L'open spectrum in definitiva non è una tecnologia, ma un approccio normativo che anziché assegnare rigidamente le frequenze dello spettro, lascia che l'assegnazione avvenga "on demand", demandando alla tecnologia la gestione delle priorità.
Peraltro questo sistema di assegnazione dinamica delle frequenze sembra essere più idoneo e più naturale per la tecnologia digitale che non quello attuale, nato nel contesto di una tecnologia, quella analogica, destinata a sparire. Eppure nessuno ha nemmeno lontanamente accennato all'eventualità di introdurre l'open spectrum nello scenario del broadcasting italiano. Come mai?

Posso ipotizzare la risposta a questa domanda: occorre sottolineare che l'attuale sistema di assegnazione delle frequenze da il potere ad un'unica entità di decidere chi può trasmettere e chi no. E' quindi probabile che questa entità non voglia perdere questo potere di controllo.
E...questo status quo ha chiaramente delle implicazioni negative sia sulla libertà di comunicazione in generale, sia sulla libertà di fare impresa con la televisione, le quali risultano limitate da un processo di assegnazione che è pressoché immutabile nel tempo, come è dimostrato dalla storia delle emittenti tv in Italia; questo sistema infatti ha premiato molti anni fa i primi arrivati, e difficilmente permette a qualcun altro di avere gli stessi privilegi (o meglio, le stesse possibilità) di queste emittenti, le quali peraltro controllano parecchie risorse (frequenze) ridondanti, che in sostanza potrebbero benissimo essere liberate per lasciar spazio a nuove emittenti. E sembra che, putroppo, anche con il digitale terrestre si voglia riprodurre lo status quo dell'analogico, con pochi operatori che controllano i multiplex, assegnati loro in maniera esclusiva e pressoché immutabile nel tempo.
Il modello "open spectrum", al contrario, renderebbe possibile uno sfruttamento ottimale delle risorse di trasmissione (mentre ora chi controlla i multiplex dispone di molte risorse inutilizzate), consentendo nel contempo sia più libertà di comunicazione, sia più liberta di fare impresa con la televisione.

Il problema è ovviamente anche di tipo politico e culturale; uno Stato X ed i governi che lo guidano sarebbero in grado di tollerare che tutti, o comunque che molti, possano trasmettere liberamente le proprie immagini, le proprie idee ed opinioni, senza poter far nulla per impedirlo in maniera preventiva? E lo stesso discorso è applicabile sia alla radio (DAB), sia al Wi-fi.

L'argomento viene approfondito qui (in inglese), ed in breve qui (in italiano).

Dopo il Toothing arriva il LOP
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Comunicazione | Data: Venerdì, 14 Maggio 2004 

Repubblica segnala una nuova invenzione nel campo della comunicazione cellulare: il Lop.
Gli inventori sono due ingegneri torinesi, che si affrettano a sottolineare la differenze della loro creatura nei confronti del Toothing, invenzione inglese dedicata ai single in caccia.

Il Lop non sfrutta una tecnologia esistente ma prevede l'installazione di un chip sui cellulari (costo previsto circa 50 euro) che consentirà di segnalare agli altri "loppers" in zona lo stato d'animo, le cose che si stanno facendo o gli oggetti che si stanno cercando. In pratica l'obiettivo è quello di creare delle micro-comunità temporanee che condividano un interesse o un obiettivo nel brevissimo periodo.

Il target ipotizzato è quello dei teenagers, sia per la frequenza con la quale utilizzano il cellulare sia per il tipo di utilizzo: sempre meno per telefonare e sempre più per "giocare".
Sarà che io sono uno di quelli convinti che il cellulare debba servire solo per mandare SMS e fare/ricevere telefonate, o sarà forse che non sono più un teenager da qualche anno, ma la mia fiducia su iniziative di questo tipo non è tanta. Ma soprattutto ho la sensazione che comunque gli interessi "sessuali" saranno sempre i più gettonati.

La biblioteca di Babilonia
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: News | Data: Mercoledì, 12 Maggio 2004 

Secondo la notiza riportata da Repubblica "entro sei mesi i gestori di tutti i siti Web italiani dovranno comunicarne i contenuti alle biblioteche centrali di Roma e Firenze, pena una multa massima di 1.500 euro".
Ma cosa si intende per "comunicare i contenuti"? Sono quelli generici, ovvero l'argomento del sito (sport, news, musica ecc.), oppure è necessario scendere nello spcifico?
E dovranno farlo tutti i siti web, ma proprio tutti? Compresi i blog?

A questi ed altri interrogativi non è possibile dare una risposta per il momento, perchè ancora non è stato rilasciato il decreto attuativo, che dovrà chiarire tutti i dettagli.
L'impressione, come spesso accade, è che chi fa queste leggi su argomenti specifici abbia poca o per nulla conoscenza dell'argomento stesso. Se i "responsabili" avessero avuto anche solo una più vaga idea del numero di siti esistenti in Italia e del lavoro che comporterebbe catalogarli tutti (e tenere aggiornato l'archivio), non avrebbero nemmeno preso in considerazione l'idea.
Il web, essendo relativamente giovane e probabilmente più difficile da assimilare rispetto ad altri mezzi di comunicazione, è il mass medium che più risente di questo gap di conoscenza che esiste nella pubblica amministrazione italiana.
Wittgenstein diceva: "Di ciò di cui non si può parlare, bisogna tacere". Sagge parole.

Ancora denunce in merito agli adwords di Google
Autore: Gianluca.Demarchi | Categoria: Avvistamenti | Data: Mercoledì, 12 Maggio 2004 

L’ultima in ordine cronologico a denunciare Google è Axa, una delle più grandi compagnie assicurative del pianeta, ma prima di lei Rentabiliweb e Vuitton solo per citarne un paio.

Ma che accade? Come mai Google è entrato a far parte della schiera dei cattivi? Tutto nasce dal famigerato servizio di advertising "fai da te" di Google che tante polemiche ha già scatenato.

Le società denuncianti accusano il motore di ricerca di aver consentito ad alcuni loro concorrenti di utilizzare il loro marchio come parola chiave, da far apparire all'interno dei link sponsorizzati.

Queste cause intentate principalmente in Francia (Bourse des vols, Vuitton) e negli USA (Blind and Wallpaper Factory, Pets Warehouse) rischiano di creare un effetto domino, anche perché la prima di queste, risalente al 2003, diede torto a Google, il quale ha comunque impugnato la sentenza.

Ora, la domanda sorge spontanea: com’è possibile che Google, al momento di varare il servizio non si sia tutelato legalmente da tutto ciò? (non credo infatti che il suo Ufficio legale sia popolato unicamente da azzeccagarbugli)

Mi stupisce sempre moltissimo come la giurisprundenza non sia ancora in grado di affrontare il media Internet correttamente senza partorire continuamente mostri...

Una considerazione su...quelle che si chiamavano Web Agency
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 11 Maggio 2004 

La mia percezione, nata dall'osservazione diretta e dalla conduzione di colloqui (per candidature professionali, ma anche colloqui informali) con i proprietari/direttori/quadri delle web agency (ora dette: società di consulenza per lo sviluppo dell'e-business e del posizionamento strategico delle aziende su Internet) sopravvissute dopo il biennio 2001-2002 (perché in Italia la chiusura delle realtà dot-com ha iniziato ad essere "seria" dal 2001, con qualche ritardo sugli USA), è che alcune di queste piccole società (sotto ai 50 dipendenti), non sfruttano la loro snellezza organizzativa per essere fortemente creative ed innovative, utilizzando strumenti e risorse per analizzare il mercato e conoscere i bisogni dei propri clienti potenziali.

Alcune, forse troppe, di queste realtà basano la loro attività unicamente sulla bravura dei project manager (che non guasta mai, intendiamoci), e sulla creatività di partenza (intesa come capacità di innovare) dei loro fondatori (nella maggior parte dei casi ingegneri informatici).
In altri termini, quello che ho potuto rilevare in alcune di queste società è la svalutazione per ogni tipo di figura professionale che abbia come propria mission quella di occuparsi di aspetti strategici sia per la società stessa, sia per lavorare alla consulenza strategica sui progetti di e-business sviluppati per le aziende-clienti; sembra quasi che un consulente strategico od un esperto di marketing sia percepito come un inutile "fuffarolo", del quale si può fare a meno (che può andar bene nel contesto di una barzelletta, molto meno se lo si pensa veramente). E questo tra l'altro si riflette anche sulla componente retributiva...non per essere veniale, ma per dovere di cronaca va detto anche questo.
Insomma, mi sembra di veder riproposta la "filosofia" di alcune PMI, che basano la loro nascita e lo sviluppo iniziale su un'intuizione felice, ma che non fanno nulla per far sì che le loro strategie stiano al passo coi tempi, minando così la loro stessa possibilità di esistere; mi dispiace veramente dover constatare che sono pochi i creatori di imprese tecnologiche innovative che sono in grado di affiancare all'approccio ingegneristico (che va benissimo) una capacità di visione strategica ed orientata al mercato...e per fortuna mi posso "vantare" (ma non so se egli fa altrettanto ;) ) di aver lavorato con uno di questi, che da tempo immemorabile si fa chiamare Gpoc.

Auguri mamma, questo Giga è per te!
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 10 Maggio 2004 

Non so quanto fosse da prendere sul serio, comunque l'iniziativa di Google per la festa della mamma mi è sembrata carina. Mia madre sicuramente avrebbe apprezzato una casella e-mail da 1 GB... :)

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Il mostro cresce e fa paura
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: News | Data: Venerdì, 7 Maggio 2004 

trump.gifMonster ha acquisito il rivale Jobpilot. La notizia nel mondo dell'online recruitment, e non solo, è di quelle che fanno il botto. Da un lato perchè fanno subito pensare ad una necessità di liquidi da parte di Adecco, proprietaria di Jobpilot, dall'altra perchè la concentrazione del mercato subisce una forte scossa.
Secondo in dati Nielsen, riportati sul Sole24Ore di ieri, Monster è al primo posto tra i portali di recruiting in quanto ad unique visitors, con 294.000 mensili, davanti a Concorsi.it, ad Adecco e a Jobpilot stesso, quarto con 175.000 UV. A questo punto la leadership di Monster diventa davvero significativa.
Corrado Tirassa, AD di Monster.it, ha dichiarato che nel medio periodo i due siti e i due brand verranno accorpati, a vantaggio ovviamente di Monster.

Quando la vera esplosione?
Autore: M. Bancora | Categoria: Media | Data: Giovedì, 6 Maggio 2004 

La ricerca commissionata dal Cnel ad Eurisko non lascia dubbi. Siamo ancora un paese che deve crescere rispetto al resto dell'Europa: una penetrazione del 28,5% contro il 60% della Germania e il 54% della Gran Bretagna. E il trend non sembra affatto in crescita.

Per il resto nulla di nuovo: "Il navigatore tipo è maschio, giovane e istruito".
Un segnale positivo, almeno nel commento alla ricerca, sta nell'aumento della propensione all'acquisto online. Un fenomeno fisiologico derivante dalla maggiore anzianità di navigazione dell'utente medio.

I programmi di affiliazione
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Web Marketing | Data: Martedì, 4 Maggio 2004 

I programmi di affiliazione sono degli strumenti di visibilità on-line che prevedono la presenza di tre "attori" principali:
Il network di affiliazione: fa capo ad una società privata (ne esistono diverse, Overture, Espotting, Tradedoubler) che si occupa di gestire la piattaforma tecnologica e di garantire il funzionamento dei programmi di affiliazione; si definisce "network" perché mette in connessione i due attori descritti di seguito.
Gli Affiliati: persone che, sottoscrivendo un programma di affiliazione, pubblicano sui loro siti web banner e link testuali facenti riferimento ai siti degli inserzionisti, ricevendo in cambio un compenso economico dal gestore del programma;
Gli Inserzionisti: aziende/società/individui che desiderano far pubblicare i propri banner o link testuali nei siti web degli affiliati, ricevendo in cambio visibilità ed accessi al loro sito web; gli inserzionisti pagano le inserzioni secondo la modalità "pay per click", ovvero pagando a consuntivo solo per il numero di navigatori che hanno raggiunto il loro sito cliccando sui banner/link presenti nei siti web degli affiliati.

Questo strumento di visibilità è quindi di primario interesse per gli inserzionisti, in quanto permette di incrementare il traffico verso il loro sito web, ed anche gli affiliati hanno un loro vantaggio, derivante dal compenso per l'affitto di spazi pubblicitari nelle loro pagine web. Chiaramente l'affiliato non può sperare di guadagnare cifre significative con questo sistema (anche se più avanti parlerò di un eccezione), ma possono al massimo ambire alla copertura delle spese di hosting/housing del proprio sito web.

I network di affiliazione rappresentano quindi una delle evoluzioni delle forme di web advertising, nate nelle prime fasi dell'Internet come strumento di business.
L'argomento che, secondo chi scrive, è doveroso approfondire quando si parla di programmi di affiliazione (ma in generale a proposito di ogni sistema di web advertising) è la qualità del traffico proveniente da questo sistema. Anche tra società e consulenti del settore ci si domanda spesso: ma...i contatti provenienti dagli affiliati, nel contesto dei programmi di affiliazione, sono contatti di valore?

Innanzitutto vediamo da dove nasce questa domanda che, non posso nasconderlo, ha in sé un pizzico di scetticismo, vedremo se giustificato, nei confronti di questo strumento per la visibilità on-line.

Come accennato in precedenza, la funzione dei programmi di affiliazione, per gli affiliati, consiste nella possibilità di monetizzare il loro sito web, ricevendo un compenso correlato al numero di inserzionisti ospitati tramite la sottoscrizione dei programmi di affiliazione.
Questo significa che: più inserzionisti l'affiliato ospita nel proprio sito web, più possibilità ha di guadagnare dal traffico generato verso gli inserzionisti.
Questo fatto, unito a delle politiche di sottoscrizione dei programmi di affiliazione che consentono all'affiliato di sottoscrivere un numero illimitato di programmi, senza clausole di esclusiva nei confronti di un network di affiliazione (quindi l'affiliato può sottoscrivere programmi di affiliazione di ogni network: Tradedoubler, Overture, ecc...), ha permesso ad alcuni affiliati di iniziare a cercare di fare del guadagno, creando dei siti web unicamente costituiti da link e banner verso inserzionisti dei vari network di affiliazione.

In sostanza vi sono degli affiliati che creano delle "directories" (nello stile di Yahoo!, ma con molti meno siti linkati), organizzando per categorie un numero consistente di link verso gli inserzionisti dei network di affiliazione, e quindi moltiplicando le loro possibilità di ricavare degli introiti dai programmi di affiliazione. Questi siti web/directories, inoltre, si promuovono tramite l'inserimento a pagamento nei motori di ricerca, scegliendo di acquistare visibilità per le parole chiave che descrivono il marchio ed i prodotti degli inserzionisti che ospitano; è in sostanza un semplice modello di business, che ha come fine ultimo il guadagno derivante dalla differenza tra il compenso ricevuto tramite il programma di affiliazione, e l'investimento fatto per l'inserzione a pagamento sui motori di ricerca, sperando ovviamente che il primo sia superiore al secondo...altrimenti non ne varrebbe la pena e questi siti non esisterebbero.
A titolo di esempio cito alcuni di questi siti:
http://www.migliori-offerte.com
http://www.gomeo.it
http://offerte.3000.it
http://www.topricerche.it/


Ora che ho descritto questa pratica, è evidente da dove deriva lo scetticismo di alcuni professionisti ed aziende verso i network di affiliazione: soprattutto da parte degli inserzionisti è comprensibile che ci sia qualche dubbio, in particolare per quelle aziende che usano i network di affiliazione con finalità strategiche, quali l'incremento del numero di navigatori da convertire in acquirenti (e-commerce); questi dubbi sono aumentati dal fatto che gli inserzionisti scoprono spesso che gli accessi provenienti da affiliati come "www.migliori-offerte.com e co.", superano in quantità quelli provenienti dai portali più frequentati del web (Virglio.it, Libero.it). Occorre ricordare, per capire meglio il disappunto di fronte a questi dati, che l'inserzionista si trova a pagare a consuntivo per la quantità di traffico ricevuta dagli affiliati (e in alcuni casi deve pagare un canone fisso minimo), quindi se questo traffico è di basso valore (ovvero, se i navigatori che giungono tramite i siti web affiliati hanno un tasso basso o nullo di conversione in clienti, e quindi in fonte di reddito per l'inserzionista), il denaro speso per questo traffico sarà un cattivo investimento.

La linea di pensiero degli operatori che gestiscono i più importanti network di affiliazione, è che il traffico proveniente dagli affiliati non ha nulla di meno, in quanto a valore e potenzialità di conversione, di quello proveniente dagli altri canali; per questo motivo alcuni di questi network (Overture e Tradedoubler), dando prova di credere nei loro programmi, offrono gratuitamente degli strumenti per la misurazione del "conversione rate" (tasso di conversione) dei navigatori in clienti, permettendo così di valutare la convenienza dell'investimento effettuato tramite i loro programmi.
Dall'esperienza fatta da alcune aziende, è emerso che il traffico proveniente dagli affiliati dei quali abbiamo ampiamente parlato, non è obbligatoriamente un traffico di basso valore; anzi, come sostengono i network di affiliazione, ha mediamente lo stesso tasso di conversione del traffico proveniente da altri "canali" (ad esempio dai motori di ricerca); questo significa che i navigatori provenienti dai network di affiliazione sono utenti interessanti, e che il tasso di conversione non dipende unicamente dal luogo da cui i navigatori provengono, ma dalla soddisfazione dei loro bisogni che il sito web sul quale approdano è in grado di offrirgli.
Quindi il livello del tasso di conversione è dovuto anche alla qualità (in termini di usabilità, di credibilità, di qualità dei contenuti e di livello dei servizi offerti) del sito web dell'inserzionista; vale quindi il principio che non è possibile imputare unicamente a cause esterne la presenza di un basso tasso di conversione dei propri navigatori in clienti.

La chiave di tutto è la sperimentazione: occorre sperimentare, anche grazie alla possibilità di fare dei test effettuando investimenti tutto sommato modesti, l'utilizzo dei programmi di affiliazione verificando periodicamente (quotidianamente) i risultati ottenuti e potendo correggere ed affinare rapidamente le propria strategia, eventualmente con l'assistenza di professionisti che possono suggerire il coordinamento tra questi programmi e l'utilizzo di altri strumenti di visibilità on-line.

L'usabilità è passata di moda. Ma lo è mai stata?
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Web Marketing | Data: Martedì, 4 Maggio 2004 

E' quasi commovente vedere che il "vecchio" Jackob Nielsen, nel suo ultimo Alertbox abbia ancora voglia di parlare di dettagli come il colore dei visited links.
Sia chiaro, io sono un suo fan e, in quanto pignolissimo e pedanta fanatico dei dettagli, credo che alla fine abbia assolutamente ragione. Il fatto comunque che guadagni centinaia di migliaia di dollari per spiegare questi aspetti della comunicazione via web è un indicatore del fatto che abbia ragione molto più attendibile della mia opinione.

Quello che mi viene da chiedermi però è se veramente l'usabilità sia mai stata al centro dei pensieri delle aziende, delle web agencies e di tutti quelli che in un modo o nell'altro intendono comunicare, vendere, o fare qualsiasi altra attività utilizzando la rete.
Ovviamente il dubbio mi viene soprattutto perchè quotidianamente ho a che fare, per lavoro o per diletto, con siti davvero imbarazzanti, che non solo non rispettano le regola basilari dell'usabilità ma le sovvertono completamente: frames, flash inutili, javascript ingiustificati, colorazioni assurde.
Non starò a citare esempi, perchè ognuno di noi può facilmente trovare almeno 3 siti adatti senza difficoltà. Quello che maggiormente mi stupisce è che sono spesso i siti di grandi aziende, addirittura di aziende che utilizzano il web come canale primario, a mostrare i difetti più macroscopici e grossolani. In un precedente post ho citato una ricerca sulla credibilità di un sito web che non dava adito a dubbi riguardo all'importanza dell'usabilità: i primi due parametri di giudizio degli utenti per valutare il sito di un'azienda sono il design e la struttura delle informazioni.

Si dice spesso che per fare una cosa fatta bene ci vuole lo stesso tempo che per fare una cosa fatta male: io non sono particolarmente d'accordo con questo adagio, ma sono profondamente convinto che il tempo speso per fare un sito usabile e fruibile da parte degli utenti sia tempo speso bene e necessario, e soprattutto tempo che poi verrà ripagato dall'apprezzamento degli utenti.


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