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30.09.05Il marketing della conoscenza
Alcuni anni fa, quando ho iniziato ad occuparmi di comunicazione interattiva, mi sono imbattuto in un articolo di un consulente che denunciava il fatto di avere speso più di quarant'anni per sviluppare quella conoscenza in grado di renderlo competitivo sul mercato e che ora a causa di internet, questa conoscenza era a disposizione di tutti. Non voglio certamente mettermi qui a disquisire sulla differenza tra informazione, dati, conoscenza, sapere, competenza, abilità, potrei anche restarne ingarbugliato. Quello che mi preme invece dire è che la condivisione delle proprie conoscenze sicuramente non può che fare bene al mercato e si ripercuote sempre positivamente sull'immagine di un consulente il cui business vive e si alimenta di "conoscenza". Prendete Tom Peters, uno dei più affermati consulenti di management a livello internazionale. Troverete sul suo sito tutte le slides delle conferenze in cui è relatore. Questa pubblicazione non ha certamente mai avuto effetti negativi sul suo business di conferenziere e di autore di successo i cui libri continuano a vendersi bene, nonostante che gli stessi contenuti siano resi disponibili in rete. E' evidente che quello che un consulente mette a disposizione è solo un'idea, un modello, una riflessione oppure una serie di case histories. E' vero che tutte queste idee vengono molto spesse "prese in prestito" anche senza alcuna citazione dell'autore, ma questo fa parte della vita. Quando un consulente rende pubblico del materiale, ciò significa che lui sta già lavorando a nuovi modelli e nuove case histories. Il mondo anglosassone è più aperto, non è vero che in Italia non ci sia cultura della tecnologia, del management e del marketing, solo che molti credono (erroneamente) che condividere le idee alimenti solo il plagio. Tutte le volte che lavoro ad un progetto innovativo, non mi viene mai chiesto, quanto io realmente sappia di un determinato argomento, mi si chiede invece di trovare una soluzione creativa ad un problema. Ogni volta si riparte da zero, anche se con l'esperienza dei progetti passati. Recentemente una nota azienda che organizza convegni, ha pubblicizzato una nuova edizione di una conferenza che avevo progettato e che aveva riscosso grande successo. Per risparmiare sui costi, questa società ha deciso di non coinvolgermi più. Alcune persone riconoscendo l'approccio al programma, mi hanno telefonato e chiesto come mai replicassi, sapendo bene che ogni mio progetto è solitamente irrepetibile. Sono stato molto felice di apprendere che avevo creato uno stile riconoscibile e che il tentativo di imitazione era stato riconosciuto come tale. Non bisogna avere paura di condividere il proprio sapere, l'unica salvaguardia è la capacità di crearsi un proprio stile, che forse non piacerà a tutti, ma che sicuramente ci renderà differenti. @ 30.09.05 11:31
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