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Inspiration anyone? Not Microsoft
Dopo "Bring the love back" Microsoft porta avanti la saga dell'advertiser e del consumer che non riescono ad entrare in contatto. E' invece divertente come sul sito dedicato siano stati costretti a postare il video da YouTube, perche' evidentemente con SoapBox hanno avuto dei problemi :) Ikea colpisce ancora
A parte qualche scivolone, continuano alla grande le attività online di Ikea. Dopo Ikea Dream Kitchen arrivano anche le camere da letto. Il concept creativo è lo stesso nei due casi: si reinventa il catalogo, trasportandoci direttamente all'interno delle cucine e delle camere Ikea, dove sono catturati alcuni momenti di vita dei personaggi che le animano. Nokia non supporta Firefox... e io non supporto Nokia!
Domain squatting: www.la7.tv
Che lavoro fai? Il Chief Listening Officer
Bella questa figura aziendale del Chief Listening Officer: "What, if instead of bombarding customers with more advertising, we listened more to them and used their feedback to improve the service provided?" Mi tornano in mente le parole di Layla Pavone durante la tavola rotonda di ieri all'Eba Forum, che rivolgendosi alle aziende diceva: "La prima cosa è la fase di ascolto, cerca di capire, poi tendi la mano e vedi cosa succede". Skype Prime: fatti pagare per la tua conoscenza
Apprendo su Speedblog del lancio di un nuovo ed interessante servizio di Skype: Skype Prime. In sostanza grazie a questo tool chiunque può creare il proprio servizio di consulenza online a pagamento. Le applicazioni possono essere molteplici, e non per forza legate alla tecnologia: può essere la spiegazione di una ricetta, l'assistenza per un prodotto/servizio acquistato, un corso di lingua, un call center erotico... Il pagamento avviene tramite PayPal: finalmente la convergenza tra le aziende del gruppo inizia ad essere sfruttata. Sono curioso di vedere quali altre applicazioni verranno inventate per ottimizzare questo potenziale: direi che di spazio ce n'è! Corporate blog: finalmente si muove anche l'Italia
Pare che i corporate blog stiano piano piano prendendo piede anche in Italia: Dopo aver parlato dei primi esempi (Europassistance , Infojobs e IWbank) allargo con piacere la recensione a 3 "nuovi" esemplari (in realtà sono online già da un po', ma non avevo avuto di postare... Shhh): Samsung, Ducati e NewPrice. Il blog di Samsung Italia è tenuto dal responsabile web marketing Andrea Andreutti. Il blog di Ducati è tenuto invece dall'amministratore delegato, Federico Minoli ed è curato dai ragazzi di Blogo. NewPrice da un lato non è paragonabile agli altri due, sia per la fame e il brand dell'azienda sia per la fattura del blog, ma dall'altro probabilmente ha un compito più difficile, essendo un blog di un sito di e-commerce. Corporate blog in Italia
Come dice Max nel suo commento al post precedente i "corporate blog scettici" non sono affatto in via d'estinzione. Ma sono felice di constatare che i "corporate blog convinti" (tra cui il sottoscritto) sono in aumento, anche in Italia. Europ Assistance ha deciso di inaugurare un corporate blog dal tono molto informale, in cui vari dipendenti (o uno che cambia nome, ma è la stessa cosa) postano storie o episodi in cui viene dato risalto agli aspetti più in linea con il business dell'azienda. Molto migliore da tutti i punti di vista è quello di Infojobs: implementato a dovere, con il "giuto" URL, completamente integrato nel sito istituzionale, con RSS e tutto il resto. E' il complemento ideale per un sito di recruiting, con consigli per compilare il CV, su come scrivere una buona lettera di presentazione ecc. (sull'esempio di quello di Monster). Tutto perfetto? Veramente no, anzi. C'è un solo difetto, ma a mio modo di vedere il più grave per un blog: non permette i commenti! Sarà un caso però che si tratti di due aziende straniere con sedi in Italia e non di aziende propriamente italiane? Search engine recruiting?
Si sa, quello di cercare il proprio "nome+cognome" su Google per vedere cosa si dice di noi e' uno dei vezzi piu' diffusi anche in Italia. Lo sanno perfettamente (ovviamente:-) anche quelli di Google che, dopo aver piu' volte conquistato gli onori della cronaca per le loro originali metodologie di recruitment per arrivare agli ingegneri piu' in gamba, si stanno ora muovendo anche con gli AdWords, i propri link sponsorizzati. Come? "Acquistando", come parola chiave, nome e cognome della persona che interessa loro raggiungere, e facendo comparire a chi la cerca un link sponsorizzato che fa venire in mente i cartelloni statunitensi di reclutamento con l'immagine dello Zio Sam e la scritta "we want you". Un esempio che circola in questi giorni nei forum e nei blog di settore e' quello relativo a Susan Dumais, ricercatrice di Microsoft. Un esperimento analogo, finalizzato al recruitment di specialisti attraverso gli AdWords, lo stiamo conducendo da qualche settimana anche nell'azienda per cui lavoro, acquistando quelle parole chiave che sappiamo essere cercate principalmente dagli "addetti ai lavori" per verificare dove sia il proprio sito e quali siano i competitors. Che in futuro il C level ed i responsabili risorse umane di un'azienda debbano cominciare a cercare periodicamente su Google i nomi dei propri dipendenti chiave per vedere chi li stia puntando?
Sembra che Federico abbia ragione, leggo su Punto Informatico Colpo grosso, Google assume Vinton Cerf
Inviato da: Max Da Vià @ 02.09.05 19:42
Suvvia, Google non è un monopolio, è possibile usare anche altri motori anche se probabilmente Google è il migliore. Inviato da: Maurizio Goetz @ 02.09.05 18:28
Inviato da: Matteo.Balzani @ 02.09.05 17:58
Inviato da: Jacopo Gonzales @ 02.09.05 17:18
Inviato da: federico riva @ 02.09.05 14:50
Inviato da: Matteo.Balzani @ 02.09.05 14:02
Inviato da: Jacopo Gonzales @ 02.09.05 13:27
Inviato da: Matteo.Balzani @ 02.09.05 09:23
Inviato da: Jacopo Gonzales @ 01.09.05 14:11
Inviato da: federico riva @ 01.09.05 12:48
Inviato da: Maurizio Goetz @ 01.09.05 12:04
Inviato da: Jacopo Gonzales @ 01.09.05 11:49
Inviato da: federico riva @ 01.09.05 07:22
Inviato da: Sebastiano Pagani @ 31.08.05 14:29
p.s Benvenuto Marco. Inviato da: Maurizio Goetz @ 31.08.05 12:45
Inviato da: Matteo.Balzani @ 31.08.05 12:34
Inviato da: Sebastiano Pagani @ 31.08.05 12:07
si può vedere anche a che cosa stanno lavorando.
Search engine recruiting?
Si sa, quello di cercare il proprio "nome+cognome" su Google per vedere cosa si dice di noi e' uno dei vezzi piu' diffusi anche in Italia. Lo sanno perfettamente (ovviamente:-) anche quelli di Google che, dopo aver piu' volte conquistato gli onori della cronaca per le loro originali metodologie di recruitment per arrivare agli ingegneri piu' in gamba, si stanno ora muovendo anche con gli AdWords, i propri link sponsorizzati. Come? "Acquistando", come parola chiave, nome e cognome della persona che interessa loro raggiungere, e facendo comparire a chi la cerca un link sponsorizzato che fa venire in mente i cartelloni statunitensi di reclutamento con l'immagine dello Zio Sam e la scritta "we want you". Un esempio che circola in questi giorni nei forum e nei blog di settore e' quello relativo a Susan Dumais, ricercatrice di Microsoft. Un esperimento analogo, finalizzato al recruitment di specialisti attraverso gli AdWords, lo stiamo conducendo da qualche settimana anche nell'azienda per cui lavoro, acquistando quelle parole chiave che sappiamo essere cercate principalmente dagli "addetti ai lavori" per verificare dove sia il proprio sito e quali siano i competitors. Che in futuro il C level ed i responsabili risorse umane di un'azienda debbano cominciare a cercare periodicamente su Google i nomi dei propri dipendenti chiave per vedere chi li stia puntando? Filativa
Via WOMMA, scopro questa inziativa online di Fila: un nuovo sito che, tra le altre cose, ospita i blog dei designer delle varie aree di prodotto, con l'intento di farli interagire con i visitatori del sito. Rob McClellan, direttore di Fila Online ha specificato che : “We didn’t want a forum on the site–they don’t get used. This is different. It’s a way for the designers to tell consumers a little bit about themselves, and hopefully, have the consumer feel connected to one or more of the designers. The next generation of product will be influenced by the feedback we receive in the blogs.” Un approccio senz'altro interessante, ma , per quanto ho visto, al momento totalmente riservata al mercato nordamericano. Che lavoro fai? Il Chief Blogger!
Secondo questo articolo del Wall Street Journal fare il blogger in molti casi sta diventando un lavoro, proprio nel senso che si può essere assunti per farlo! Un dato interessante (fonte eMarketer) è questo: il 4% delle aziende americane ha un blog visibile all'esterno. Nell'articolo si dice "only 4%"... Così per sfizio ho provato a cercare "blog" su Monster e su TrovoJob. Qualcuno indovina il risultato? Nuovamente cambiato l'algoritmo di indicizzazione di Google
Da pochi giorni Google ha cambiato modalità di indicizzare i siti e fornire i risultati. Speravo che la nuova "Google dance", come si chiama in gergo, portasse a pulire i risultati, sempre più sporchi e "spam like" nel motore. Bene... la Google dance in italia è ancora in piena attività, ed i suoi risultati sono veramente devastanti, ma mi sovviene una piccola riflessione, che vorrei condividere con voi: Ed il cerchio si chiude. E' una provocazione, pura e semplice, ma per chi si danna l'anima nel recuperare il traffico dai motori arrampicandosi tra La mia piccola lotta allo spam
Lo spam è un fenomeno molto fastidioso e anche io come tutti ne sono vittima. Quando lo spammer viene dall’estero c’è ben poco che io possa fare se non munirmi di filtri antispam e sperare che funzionino. Quando invece lo spammer è italiano ho sperimentato un metodo estremamente efficace. Rispondo con un testo oramai consolidato che fa riferimento ad una vecchia notizia del 21 giugno 2004, il cui testo ho rigorosamente conservato. Questo è il testo della mia mail antispam
Nuova forma di revenue per me: spamming, punito chi viola la privacy Vi invito a provare l’efficacia di questo testo, funziona davvero. Per gli altri spammer ancora non ho trovato un sistema efficace, ma in caso ve lo farò sapere. Google Yellow Pages
Ebbene sì, ancora Google. Ma non è colpa mia se ne fanno una al minuto! Come al solito non sarò obiettivo, ma è veramente perfetto: la grafica, l'usabilità, le funzionalità. Scusate il termine poco tecnico, ma è una vera figata! Trenitalia ed il CRM
Con grande fatica Trenitalia si sta lentamente avvicinamento al concetto di "cliente". Hanno migliorato e potenziato il loro sito che offre un servizio molto utile come l'orario dei treni e la possibilità di richiedere la intercity card per partecipare ad un programma di fidelizzazione, in cui il web offre la possibilità di vedere il saldo dei punti accumulati, richiedere i premi e via discorrendo. Viaggio spesso per lavoro e ho in tasca una intercity card che oggi è totalmente inutilizzabile. Non so se sia per negligenza, per volontà di risparmiare o qualsiasi ragione che ignoro, il mio codice cliente non è inserito all'interno della striscia magnetica, ma apposto alla card tramite stampa; essendo oggi questa non più leggibile, rende del tuttoi inutilizzabile la mia "fidelity card". E' proprio vero che come affermava nel 2000 Melissa Shore di Jupiter, loyalty is not only about loyalty progrrams. Scusate se insisto ma credo che la "fedeltà" bisogna guadagnarsela. Voi che ne pensate? Linee aeree: a scuola di trasparenza
Alzi la mano, chi fra voi, non ha almeno una volta confrontato i prezzi dei biglietti delle linee aeree. Alcune competono sui prezzi e altre sul comfort e sulla qualità del servizio. I consumatori non sono stupidi, soprattutto quelli che cercano informazioni sulla rete e sanno giudicare benissimo. E’ evidente che con le campagnie aeree low cost non possiamo scegliere gli orari che vogliamo, gli aeroporti sono solitamente lontani e quindi dobbiamo includere anche altri costi in aggiunta al prezzo del biglietto. Esiste un mercato per il low cost, ed esiste un mercato per il trasporto aereo molto confortevole Per favore non prendeteci in giro dicendoci che un biglietto Comincia in TV, finisce sul sito
La nuova campagna di advertising televisivo di Volvo punta sull'integrazione tra la TV e il web per comunicare con il proprio target, riappropriandosi di una strategia vecchia quanto il web, o meglio vecchia quanto la scoperta del web da parte delle aziende, ma ciò non di meno efficace. Lo spot infatti propone uno spezzone di film e rimanda esplicitamente al sito www.volvocars.it per vederlo tutto. Questo utilizzo del sito aziendale è a mio modo di vedere assolutamente corretto: i 30'' di un commercial non sono sufficienti a illustrare tutto quello che si vuole far conoscere al potenziale cliente, per questioni spazio, di tempo e di formato, quindi molto meglio "linkare" intersemioticamente al web, dove tutto ciò è possibile. La cosa è vecchia e banale ma pochissime aziende la recepiscono e utilizzano correttamente il proprio sito web, che spesso anzi è del tutto slegato dalla comunicazione sugli altri mezzi. Il marketing scopre l'opensource (e viceversa)
Sono passati quattro anni da quando parlai al Linux Meeting, e ricordo ancora bene l'apprensione nel parlare di "opensource per le aziende" a una platea composta di smanettoni duri e puri (tra l'altro qualche commento pepato c'è ancora in qualche forum, del tipo "era un commerciale..."). Alla fine, dissi, "va bene il webserver, il mailserver, l'instant messaging, ecc. ecc. ma quello che manca è qualcosa che possa essere usato dalle aziende per il proprio business, come un gestionale o un software di business intelligence..." Dall'aria stupita della platea, si capiva molto bene quanto Linux e il movimento del software libero fossero lontani anni luce dal marketing, e niente lasciava presagire un loro utilizzo per software piu' vicini alla realta' quotidiana delle vendite, dell'analisi di marketing, della business intelligence, del data mining, del CRM. Ho continuato a pensarlo fino alla lettura di questo articolo su Clickz.com, in cui si passano in rassegna diversi software web-based utili ad avvicinare l'azienda a sistemi che solitamente costano, solamente per le licenze, cifre fuori portata per realta' medio-piccole. E non solo: se quattro anni fa, con il costo dei programmatori ai massimi storici poteva essere conveniente acquistare una licenza pacchettizzata, ad alto costo, purche' fosse customizzabile in tempi brevi, nel 2004 la disponibilità e il costo dei programmatori si sono rovesciati. Il mondo è cambiato: vale la pena di prendere in considerazione questi software liberi, anche a costo di spendere soldi in personalizzazioni successive. Posta Elettronica Certificata (e due)
Ho già affrontato l'argomento Posta Elettronica Certificata in passato (qui). Allora era stata appena discussa una bozza di DPR, nata con lo scopo di fissare le regole tecniche per il lancio del servizio di Posta Elettronica Certificata. In seguito quel DPR è stato approvato in forma definitiva dal Consiglio dei Ministri. Oggi torno ad occuparmene, in quanto sto approfondendo la questione per lavoro (la nostra società sta sviluppando una soluzione per offrire questo servizio), ed ho scoperto che non c'è molta chiarezza intorno ad alcuni concetti chiave. Cos'è la Posta Elettronica Certificata Ma la PEC non offre solo questo; le sue garanzie superano quelle offerte dalla raccomandata A/R; innanzitutto gli utenti di PEC non certificano solo i messaggi che inviano ma anche la loro stessa identità. Sappiamo benissimo quanto è semplice inviare un messaggio di posta elettronica falsificando la propria identità senza correre il rischio di essere scoperti. Con la PEC il destinatario di un messaggio potrà essere sicuro che l'identità mostrata dal mittente è quella reale. Un messaggio di PEC viene certificato in ogni fase del suo percorso: l'utente che invia un messaggio tramite questo sistema riceverà una ricevuta per la presa in carico del messaggio da parte del suo mail server, una ricevuta per l'arrivo del messaggio sul mail server del destinatario (solo se anch'egli è utente di PEC), ed infine una ricevuta della consegna del messaggio nella casella del destinatario (anche in questo caso solo se anch'egli è utente di PEC). Queste ricevute non si limitano a certificare data e ora, ma anche l'oggetto del messaggio e-mail e la presenza di eventuali allegati. Chi fa cosa? Gli utenti di PEC: Sono naturalmente coloro che hanno acquistato il software (o si sono abbonati al servizio) per acquisire la possibilità di inviare e-mail certificate. Il problema degli utenti è avere un vantaggio immediato da questo sistema di comunicazione elettronica: in sostanza è necessaria una massa critica di utenti che accresca l'utilità di tutto il sistema di PEC. I vantaggi per gli utenti sono infatti principalmente due: 1- il risparmio di costi rispetto all'invio di una raccomandata A/R Si può supporre che un giorno i vantaggi del servizio di PEC potranno ricadere anche sul privato cittadino, sia per le comunicazioni con la PA, sia per quelle verso le aziende (ad esempio per la disdetta di un contratto, che oggi richiede la spedizione con raccomandata A/R). I Gestori di PEC: sono le realtà, software house grandi o piccole, ISP, enti pubblici, che offrono il servizio di Posta Elettronica Certificata. Per diventare Gestori di PEC è necessario attrezzarsi tecnologicamente e superare il vaglio del Cnipa. In questo senso si sono già mossi i "colossi" quali Microsoft, Sun, Oracle, ma anche piccole e dinamiche società tutte italiane. Possono offrire il servizio come software per mail server (ad esempio plug-in per MS Exchange), oppure come servizio ASP. Il Cnipa: La Posta Elettronica Certificata è un servizio che, già oggi, viene offerto da diversi operatori privati (ma anche enti pubblici, quali la Regione Lazio); il compito del Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione è di verificare l'interoperabilità tra i servizi offerti dai diversi gestori di PEC, affiché l'utente del servizio X sia in grado di comunicare con l'utente del servizio Y. Spero, con questo articolo, di aver offerto dei punti fermi per comprendere (ed eventualmente scegliere con consapevolezza) il servizio di Posta Elettronica Certificata. E' chiaro che questo chi ha creato la normativa di base per il servizio di PEC (che è il naturale proseguimento della legge 59/97 sulla firma digitale, e del DPR 445/2000 sulla Documentazione Amministrativa) ha l'ambizione di creare uno standard per le comunicazioni elettroniche. Quindi sono certo che se ne sentirà ancora parlare. Marketing di frontiera
Il protocollo TCP/IP deve andare a braccetto con la flessibilità. Questa considerazione deriva dall’insindacabile esigenza di poter sullo stesso utilizzare applicazioni e far transitare dati estremamente differenti tra loro senza per questo dover superare valli adrianeschi: e ciò va inevitabilmente a scapito della sicurezza. Pensare e sperare che qualcuno possa modificare il mondo esterno all’azienda per garantire la sicurezza dei dati di quest'ultima è un grosso errore di valutazione. Ne conseguirebbe che, nell’attesa, l’unico computer sicuro potrebbe essere quello riposto in una stanza chiusa dotata di porta blindata, scollegato dalla Rete, spento; e a patto che vi fossero due guardie armate a vigilare il suo stato. Quel computer sarebbe sicuro, ma evidentemente incapace di dialogare con chicchessia. Nella realtà non messianica, la stragrande maggioranza dei dati elaborati hanno esigenza di essere trasmessi, per avere un motivo di esistere nei conti economici dell’azienda. Ognuno deve essere in grado di difendere le proprie frontiere senza per questo limitare grandemente l’operatività. Investire nella sicurezza significa non solo effettuare un efficace setup del sistema, ma soprattutto prevederne massiccia manutenzione e aggiornamento. Infatti se si può strutturare il sistema di protezione al meglio nel momento della sua realizzazione è impossibile precedere ciò che accadrà nell’immediato futuro: l’evoluzione della Rete è continua ed incredibile e mentre sto scrivendo nuove falle del sistema vengono scovate e nuovi virus vedono la luce. Trasmettere ai clienti questi concetti di base è assai importante per poter poi proporre delle soluzioni riguardanti la sicurezza e la protezione dei dati. Spesso le soluzioni pacchettizzate non si dimostrano le migliori. Per chi voglia davvero proporre dei sistemi di sicurezza efficaci ed in grado di stare al passo con i cambiamenti continui della Rete, consiglio di affidarsi spassionatamente e senza remore all’open source puro e scevro da traghettamenti e masticazioni di sorta. (non starò qui naturalmente a descrivere soluzioni dettagliate, le quali delego invece a quel tecnico che ogni buon fornitore e venditore della sicurezza deve saper trovare, valorizzare e inserire all’interno della propria struttura) Inoltre l’open-source ha il vantaggio di essere praticamente gratuito e, appunto, open-source; ossia i sorgenti sono disponibili e liberamente modificabili dal sistemista che dispone in questo modo di un controllo totale su qualunque aspetto del sistema e di tutta l'infrastruttura di comunicazione. La granularità con la quale si può intervenire su questo tipo di sistemi è davvero appagante. Il cliente potrà così trovare in voi e in quello che rappresentate innanzi tutto un consulente e poi anche, contestualmente, un fornitore di vitali servizi: e vi pagherà molto bene. Investirà su di voi e non su licenze software o su costosissimi hardware. La sicurezza è consulenza, la consulenza è sicurezza: far diffidare delle imitazioni! Dall'off-line all'on-line e ritorno
Si sa che il libro è sempre meglio del film, e troppo spesso questo non vale solo per il rapporto letteratura-cinema. In alcuni casi la grafica è trascuratissima e pesante, semplicemente perchè non è grafica per il web, viceversa in altri tutto è incentrato sulla grafica senza offrire contentuti o servizi che giustifichino l'esistenza di un sito web. In questo post vorrei però parlare di due esempi positivi, due siti cioè che integrano e completano i rispettivi "originali" e offrono una web experience valida e significativa: www.internazionale.it, sito della rivista settimanale omonima, e www.cameracafe.it, sito della sit-com di Italia1. -> Internazionale -> Camera Cafè Questi due siti a mio parere rappresentano un ottimo modo di utilizzare il web per rafforzare e completare un prodotto off-line, sia esso una rivista, una trasmissione televisiva, ma anche un brand, un servizio, una campagna pubblicitaria. Web Recruitment e miglioramento dei processi di selezione
E' un fatto consolidato che le teorie di organizzazione aziendale hanno da tempo superato la concezione del personale di un'azienda come semplice "forza produttiva", per attribuirgli il concetto più esteso di "valore strategico" per la vita dell'azienda, per il suo sviluppo, per quella che - usando un linguaggio "confindustriale" - si può chiamare "capacità di competere". Quella che vorrei analizzare è la possibilità dell'impiego di strumenti di web recruitment per il miglioramento e lo snellimento del processo di selezione. Ognuno di questi strumenti, usato singolarmente o all'interno di un processo ben definito, potrebbe (condizionale) portare ad un miglioramento del processo di ricerca del personale. Gli strumenti per raggiungere questo obiettivo ci sono tutti; la tecnologia aiuterebbe soprattutto la fase di verifica della presenza di competenze chiave richieste dal ruolo vacante, tramite una ricerca testuale, per parole chiave, delle competenze stesse all'interno di DB di profili professionali, sia tramite la somministrazione a distanza di test di assessment (psico-attitudinali), atti anche in questo caso ad effettuare una prima, rapida, scrematura dei candidati. I benefici principali sono riassumibili, dal punto di vista dell'azienda, in una maggior rapidità del momento di raccolta delle candidature valide, che saranno approfondite ed ulteriormente scremate durante i colloqui. Mi riesce ancora difficile immaginare (ma non si sa mai) lo svolgimento dell'intero processo di selezione secondo una modalità "on-line", a distanza, in video-conferenza oppure con altri strumenti asincroni. I destinatari, vale a dire gli utilizzatori potenziali, degli strumenti di web recruitment potrebbero essere prima di tutto le società che si occupano di ricerca e selezione del personale (dalle società di fornitura del lavoro temporaneo agli head hunter), che li utilizzeranno per accrescere le loro possibilità di trovare i giusti candidati per le loro aziende-clienti, ma anche i Responsabili/Addetti alla funzione Risorse Umane delle aziende (o anche direttamente i manager di linea) potrebbero esserne interessati. Secondo me ci sono alcuni aspetti da valutare, in merito al web recruitment: - Adattabilità ai diversi profili professionali. - Virtualità Vs. abitudini consolidate. Insomma, il recruiting via web può essere utile, ma non per tutti e subito; per molte aziende probabilmente sarà necessario comprendere, prima di utilizzare il web per la selezione del personale, l'importanza di presentare delle offerte di lavoro chiare ai candidati, complete, e trasparenti (nonché veritiere). Questo aiuterebbe ad instaurare un rapporto corretto con il futuro collaboratore sin dal primissimo contatto (senza ingenerare illusioni e false speranze, con la conseguenza di un deterioramento graduale dei rapporti, fino all'estremità di comportamenti anti-aziendali), e predisporrebbe l'azienda ad utilizzare gli strumenti di web recruitment, i quali - più della selezione tradizionale - le richiedono di essere disponibile ed aperta alle esigenze di informazione dei candidati che sta valutando, ed alla valutazione imparziale delle loro potenzialità. Occorre anche, da parte dell'azienda, non cadere nella tentazione dell'eccessiva automazione della ricerca e selezione del personale, ovvero nella riduzione del processo di selezione alla sola funzione di matching delle competenze auto-certificate dal candidato con le competenze richieste dal ruolo offerto (questo lo fanno già le società del lavoro interinale, pur senza usare Internet, anche selezionando professionalità che io non darei mai da selezionare a questo genere di società); questo modo di procedere è incompatibile con la valutazione delle persone, che non può essere basata solo sulla verifica di questa corrispondenza, fatta "sulla carta". Secondo me l'utilizzo degli strumenti di web recruitment è auspicabile solo se questi verranno usati per beneficio sia dell'azienda sia dei candidati. Il beneficio per l'azienda dovrebbe consistere nel miglioramento della fase di pre-selezione e nell'educazione (incentivata) a chiarire prima di tutto a se stessa che persona sta cercando, per poter così formulare delle ricerche mirate, ed evitare di perdere tempo (e farlo perdere quando, spessissimo, vengono convocati candidati non in linea con quanto ricercato). Per i candidati invece il beneficio principale dovrebbe consistere nell'aumento delle possibilità di accesso alle selezioni in corso nelle aziende. Network aziendali. Reti d'imprese = imprese in Rete?
Le imprese italiane sono potenzialmente (e spesso anche effettivamente) parte di un Network, costituito da:
Questo brevissimo elenco è volutamente generico, ovvero tendenzialmente valido per tutte le tipologie di aziende piccole/medie/grandi, anche se il mio ragionamento è iniziato pensando in particolare alle PMI ed ai distretti industriali; perché si tratta di una particolarità italiana, e perché le PMI sono spesso le più recidive nell'uso avanzato di Internet (per avanzato intendo: al servizio del business). E' possibile quindi allungare la mia lista, in base al settore merceologico di cui l'azienda fa parte, oppure in base alla sua "internazionalità" (sbocchi di mercato esteri, fornitori posizionati fuori dal paese, presenza all'estero di impianti produttivi), aggiungendo altri attori quali le autorità amministrativo/politiche ed economiche del paese o dei paesi in cui opera, ed in genere le forze sociali attive localmente. Non dimentico che possiamo considerare parte di questo Network anche il consumatore/cliente finale, ed il lavoratore (risorsa) dell'azienda; ma in questo articolo non sono interessato - e spero non me ne vogliano - a parlar di loro. Premesso che l'Internet è nata - con un nome diverso - per connettere e far cooperare diversi punti nodali - inizialmente si trattava di centri scientifici e di ricerca -, la mia idea è la seguente: le imprese italiane, in particolare quelle dei distretti industriali, sono già parte di uno scenario fatto da nodi connessi tra loro. Secondo me, quindi, sono già mentalmente - ma inconsciamente - pronte all'utilizzo dell'Internet (la Rete) per il mantenimento e lo sviluppo del loro "Network aziendale/politico/economico/sociale". Quel che manca loro, probabilmente, è la coscienza delle potenzialità dello sviluppo cooperativo all'interno del Network nel quale sono - anche geograficamente - immerse, e del vantaggio derivante dall'utilizzo della Rete come strumento per svilupparlo, ad esempio:
Quel che manca alle imprese dei distretti è oltretutto la confidenza con le tecnologie dell'informazione, e probabilmente esse hanno anche la convinzione di poterne fare a meno, per non dire che le temono. Per questo la mia conclusione si rivolge ai consulenti che vorrebbero condurre le aziende italiane ad utilizzare efficacemente l'Internet, come strumento avanzato per il loro business; secondo il mio modesto parere, buona parte di queste aziende fa Network e pratica "economie di Rete" ogni giorno, e se si riesce a far comprendere loro questo fatto, si può pensare di aver già fatto un importante passo verso il loro posizionamento nella Rete. p.s. L'idea per questo articolo è nata navigando su Linkedin, sito per lo sviluppo di network professionali, che può essere di spunto per la costruzione, con metodi analoghi, di network imprenditoriali o trasversali (comunità locali + imprese, ad esempio). Per l'Italia si può vedere Consulteque, dove i liberi professionisti possono incontrare le aziende alla ricerca di prestazioni lavorative "a contratto", e dove le aziende possono conoscere e testare alcuni collaboratori, sviluppando un loro Network di professionisti esterni conosciuti ed affidabili. E io non clicco!
Forse non è il caso di scrivere un articolo come ironizza Luciano Giustini nel suo blog. Non è un problema fondamentale del web design, altrettanto vero. Però il problema del clicca qui all'interno delle pagine Web me lo sono dovuto porre spesso. Abbiamo dovuto affrontare processi di acquisto anche abbastanza complessi: pagamento con carta di credito, in contanti, in contrassegno, consegna a domicilio, in negozio, carrello, ordine, conferma d'ordine, ecc. Insomma una serie di alternative che possono confondere anche il più navigato degli utenti e bloccare il maggiore esperto di usabilità. Resta il fatto che dopo aver condotto alcuni test di usabilità, se un utente non clicca perchè non capisce che un bottone lo porta allo stadio successivo, pur sapendo che quel bottone è stato interpretato correttamente dal 95% del campione, allora preferisco mettere un bel CLICCA QUI. Sarà ridondante per il 95% dei miei clienti, ma così facendo non rischio di perdere il 5% del mio fatturato. È permission?
Stamattina mi sono iscritto (ma forse lo ero già, boh) alla newsletter di Seth Godin, quello di "Permission marketing" e "Unleashing the ideavirus". Beh, dopo meno di 2 ore mi ha risposto personalmente (poco importa se fosse proprio lui o un impiegato qualsiasi) ringraziandomi e mettendo in cc la persona che si occupa del mantenimento del sito. Lui, che ha venduto milioni di libri e guadagna in un mese più di quanto guadagnerò io in 10 anni si è preso la briga di rispondere, e intempi ultrabrevi, a un utente rompiscatole che gli segnalava un dettaglio insignificante, e immagino che riceva un numero di mail a 3 zeri ogni giorno. E' un insegnamento di marketing straordinario per tutte le aziende: il cliente è una risorsa, non una rottura! Come il Web ha rivoluzionato il mercato degli annunci gratuiti
Nella prima metà degli anni ’70 esplode anche in Italia il fenomeno dei giornali di annunci gratuiti; si tratta inizialmente di prodotti poco più che amatoriali realizzati da piccoli editori locali all’interno quasi sempre di aziende a conduzione familiare. Quattro o cinque pagine stampate, fitte di annunci, bassi investimenti iniziali ed una duplice prospettiva di ricavi; da un lato, con l’offerta di annunci gratuiti per i privati, si puntava a far crescere i contenuti, spingendo conseguentemente le vendite in edicola, dall’altro, proprio grazie alla crescita delle vendite in edicola, questi editori iniziarono a proporre alle aziende il loro giornale come strumento pubblicitario di promozione sul territorio. Un modello dunque molto semplice che venne mutuato da quelle realtà francesi, nord americane e soprattutto inglesi presso le quali aveva già avuto modo di affermarsi e di dimostrare tutte la sue potenzialità. Il successo di queste iniziative, anche nel nostro paese, fu immediato; il giornale di annunci rappresentava infatti per i suoi lettori un nuovo modo, più semplice ed economico per vendere, comprare o scambiare merce di ogni tipo prescindendo dalla presenza fisica di compratore e venditore in uno stesso luogo fisico (come era ed è ancora nei mercatini rionali) Negli anni seguenti da un lato la componente prezzo (la maggior parte dei prodotti proposti per la vendita in un annuncio gratuito sono prodotti usati o comunque non nuovi) dall’altro l’elevata diversificazione merceologica hanno contribuito all’affermazione del mercato su scala nazionale. In questo quadro la connotazione “localistica” del prodotto ha tuttavia sempre rappresentato un valore vincente; i lettori andando in edicola cercavano un giornale ricco di occasioni da prendere al volo, magari con una semplice telefonata, magari in giornata. Questa necessità di localizzazione spinta dei contenuti ha portato ad una strutturazione geografica del mercato molto ben definita e ad una sorta di spartizione del territorio tra i diversi competitor che si riunivano nella associazione di categoria (Anspaeg, www.anspaeg.it); di fatto a Milano troviamo Secondamano, a Padova Portobello, a Firenze La Pulce ed a Roma Porta Portese. Nel modello che abbiamo descritto la funzione principale del giornale di annunci gratuiti consiste nel creare un’occasione di contatto tra domanda ed offerta; se questo contatto si conclude o meno in modo positivo non è materia di interesse per l’editore. Questi è infatti concentrato nell’ottimizzazione dei processi distributivi e nella valorizzazione dei suoi lettori con la vendita di spazi pubblicitari ed è impensabile infatti, oltre che eccessivamente oneroso, strutturare un processo che integri la verifica della correttezza dei dati dell’inserzionista privato con il controllo e l’assistenza per il completamento della transazione Per anni, tuttavia, questo limite non ha rappresentato un pericolo concreto per la prosperità degli editori coinvolti; non esistevano infatti alternative ai giornali di annunci per le particolari esigenze che questi riuscivano a soddisfare tra i loro lettori. E’ a partire dalla seconda metà degli anni ’90, con la diffusione di massa di Internet anche in Italia, che questa situazione muta radicalmente; iniziano infatti a farsi notare in questo periodo realtà come i siti di annunci e di aste online, nate proprio sfruttando il modello dei giornali di annunci cartacei e tra queste la più importante per numero di utenti iscritti e prodotti disponibili, è sicuramente eBay.com. Come nei giornali di annunci c’è il controllo dell’inserzionista, la verifica dei suoi dati, ma grazie alle potenzialità di un media interattivo come il Web c’è molto di più; il sito diventa infatti luogo virtuale dove si ricostruisce e materializza la socialità dei vecchi mercatini rionali, dove è possibile che nasca un dialogo tra venditore e potenziali compratori per avere chiarimenti sulla merce, dove prima di completare l’acquisto è possibile ottenere informazioni sulla reputazione di un venditore e dove, con il meccanismo del prezzo dinamico, è possibile acquistare con la certezza di un prezzo equo rispetto alla domanda presente nel mercato. Con la diffusione di questi nuovi strumenti si crea un solco sempre più profondo tra le nuove iniziative dei siti di aste online e gli ormai “vecchi” giornali di semplici annunci; dove questi ultimi offrono solo la possibilità limitata di generare un contatto senza riuscirne a garantirne la qualità e investendo buona parte dei guadagni nel miglioramento delle politiche distributive, i siti di annunci ed aste online offrono infatti una soluzione completa dall’inizio alla fine della transazione e oltre azzerando il costo di distribuzione e concentrando ogni attenzione sulla generazione di valore per i propri utenti. Di fatto eBay ad esempio non solo gestisce l’assegnazione della merce con il meccanismo del prezzo dinamico, ma sbriga anche le pratiche per la definizione del pagamento (attraverso il sistema PayPal) ed in più permette a questa singola transazione di entrare nella storia della sua comunità di utenti chiedendo a venditore e compratore coinvolti di lasciare un feedback sulla loro esperienza di acquisto; questo feedback, come detto, sarà domani utilizzato da altri utenti per valutare la reputazione di un venditore o di un compratore contribuendo così ad ottimizzare il sistema. Il successo, strepitoso, di realtà come eBay sembrano dimostrare la capacità di Internet di integrarsi con vecchi modelli di business in modo nuovo, più efficiente ed in grado di garantire fonti di ricavo diversificate e crescenti (commissioni su singola transazione, vendita di spazi pubblicitari e servizi redazionali, etc.) Oggi gli editori che trenta anni fa inventarono i primi giornali di annunci, si trovano a doversi confrontare con questa realtà e non hanno molte alternative. O scelgono di imparare, con la stessa umiltà degli inizi, la grammatica del nuovo media oppure, consapevolmente, scelgono di scomparire. |