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Il mestiere di pubblicitario
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Interviste | Data: Giovedì, 2 Marzo 2006 

mauriziosala.gif Ho conosciuto Maurizio Sala nel 1996, al primo convegno di Internet Marketing in Italia, che ho organizzato per la rivista Internet News al Centro Congressi di Assago a cui Maurizio ha partecipato come relatore.

Maurizio non è solo uno dei più geniali pubblicitari in Italia, ma anche e soprattutto una mente aperta proiettata al futuro. Uno dei pochi creativi ad avere compreso oltre dieci anni fa, le potenzialità dei new media per la comunicazione. Da allora è diventato vice presidente del Gruppo Armando Testa e presidente dell'Art Directors' Club.

Spero che l'amico Fabrizio Bellavista, non se ne abbia a male se riporto integralmente un'intervista a Maurizio Sala rilasciata alla rivista Adv L'utente di pubblicità (numero di dicembre05-gennaio06).
Non aggiungerò alcun commento, chi mi conosce sa che la condivido fino all'ultima parola.

Il nostro mestiere (il pubblicitario ndt): accogliere il futuro
di Maurizio Sala

La sfida del mercato di oggi si chiama "mettiamoci a studiare". Serve più competenza sul nuovo: sui nuovi media e conseguentemente sui nuovi linguaggi, sulle nuove forme di aggregazione dei target, sulle nuove tecniche produttive e sulle nuove tecnologie in grado di rendere sempre più interattivo e easy-to-live il messaggio della marca.

Le nuove opportunità sono direttamente proporzionali alla voglia del sistema di rimettersi in gioco di ridisegnarsi in termini di competenze professionali e strutture operative. Chi primo cambia, meglio alloggerà.

Il modello agenzia di pubblicità così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi, si avvia al suo definitivo tramonto: troppo rigido, troppo costoso a fronte di un ritorno di risultati meno soddisfacente di una volta. Servono strutture più snelle e multicompetenti sui vari aspetti della comunicazione.

Però per aiutare questo trapasso verso una maggiore efficacia a vantaggio di tutti, primi i clienti ovviamente, è necessario che tutti concorrano a ridefinire le regole del gioco. Non si può chiedere ai propri consulenti di cambiarsi radicalmente, di investire in nuove competenze e contemporaneamente tagliare le loro commissioni in continuazione al ribasso e invitarli in quindici alla stessa gara.

Se la marca desidera maggiore efficacia, deve a sua volta aiutare il sistema ad evolversi, non può limitarsi a stare a guardare senza cambiare in niente le proprie consuetudini. Ricordiamocelo, per favore, sui prossimi tavoli di discussione intersettoriale.

Nei prossimi due anni avremo in modo massiccio il digitale terrestre nelle case europee e nessuno ha compreso che se verrà usato come all'inizio venne usata internet, cioè come portabrochure digitale e nulla più, la gente clicckerà un paio di volte sui bivi interattivi poi mollerà il colpo davanti a noiosi elenchi di punti vendita o caratteristiche di prodotto.

Va compresa chiaramente questa equazione di fondo, che tra l'altro riguarda la maggior parte delle innovazioni in arrivo: sono tutte opportunità che consentono una maggior comunicazione di contenuti intorno alla marca, proprio per questo l'elemento della spettacolarità, della caratterizzazione creativo-interattiva di ciò che si trasmette è fondamentale, altrimenti la gente si sentirà solo oppressa da un eccesso di informazioni senza fantasia e le rigetterà.

Questo vale per il DTT, ma anche per la comunicazione via mobile o via Iptv. Sempre per queste nuove opportunità mediatiche vale la pena di fare una riflessione su tecniche e costi produttivi.

E' ovvio che non si può concepire una piattaforma di costi realizzativi come quella che oggi vale per un commercial. Un approfondimento audiovideo, indipendentemente dalla piattaforma su cui va in onda, può durare molto di più dei canonici 30 secondi. E' allora che si fa? Scendere di qualità è fuori di discussione, ma lo è anche il mantenere gli stessi costi a fronte di metraggi maggiori.

Bisogna studiare il problema e offrire soluzioni. In fretta, anche perché la svolta non riguarda solo poche frange di target super avanzato, ma trattasi di rivoluzione allargata a grosse fasce di pubblico.

E-commerce 2005-2006: considerazioni e previsioni
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Interviste | Data: Lunedì, 16 Gennaio 2006 

ecommerce.JPGPassato il Natale, il periodo dell'anno più "caldo" per il commercio elettronico, ho pensato di fare 4 chiacchiere con chi lavora all'interno di questo settore per capire dove va, come va, cosa è cambiato e cosa cambierà nel mondo dell'e-commerce italiano.
Ho intervistato quindi Andrea Boscaro, head of Pangora Italia, che gestisce i portali di shopping, tra gli altri, di Lycos, Buycentral, Tuttogratis/Kuanto ed Excite.

1) E' appena passato il natale, periodo storicamente critico per l'ecommerce. Qual è il tuo feedback per quanto riguarda la situazione italiana?

Non posso che confermare un trend crescente in termini di accessi ai nostri siti nel periodo precedente il Natale. I nostri due siti principali hanno ottenuto a novembre 658 mila utenti unici Lycos Shopping e 409 mila Buycentral (Nielsen Netratings). I nostri dati interni confermano la crescita anche su dicembre. Rispetto all'anno precedente abbiamo verificato soprattutto una maggiore attenzione da parte dei clienti ad essere pronti per il periodo clou con le offerte migliori ed a sfruttare appieno lo strumento da noi offerto (qualità del database trasmesso, sfruttamento delle vetrine redazonali, ...): ottimo segnale di ulteriore maturamento del mercato.


2) In generale il 2005 doveva essere l'anno del rilancio per il commercio elettronico e per internet. E' stato così?

I dati Anee/Assinform - Politecnico di Milano (2,8 mld euro il giro d'affari dell'ecommerce b2c) sono lapidari: il commercio elettronico è un segmento di mercato in costante crescita per i nuovi utenti ed i nuovi operatori ed in pieno consolidamento per quelle aziende che con la loro professionalità hanno saputo trainarlo nei due anni precedenti. Per quanto concerne Internet, trovo sia stato un anno molto positivo: il dato pubblicitario, soprattutto se considerato scontando il peso di dialer e gambling degli anni precedenti, mi sembra lusinghiero. Il pay-per-performance sta poi acquisendo dignità e peso relativo: credo che il merito sia anche un po' nostro, degli operatori che hanno trovato modelli di business compatibili con un approccio a performance.


3) Quali sono le aspettative per il 2006?

Dal lato dell'offerta, a mio avviso la sfida 2006 sarà la piena affermazione di protagonismo da parte di alcune categorie merceologiche (l'automotive, il real estate) in combinazione con l'avvicinamento all'ecommerce, quale canale distributivo aggiuntivo, da parte di aziende tradizionali.
Dal lato della domanda, trovo che ancora dobbiamo tutti lavorare per convincere quella parte di utenti meno smaliziati a trovare ed a comprare online. Abbiamo da poco rilanciato Buycentral con una navigazione molto più attenta ad un utente meno esperto per invogliarlo ad utilizzare la ricerca parametrica ed a usarci davvero come fonte di informazione per le sue decisioni di acquisto.


4) Si parla molto di web 2.0: vedi qualche operatore in Italia che incarni questa "nuova filosofia"?

Ho assistito ad una splendida conferenza al Dada Day in cui l'amministratore delegato di RCS Vittorio Colao ha tracciato le linee per un'applicazione editoriale di questa filosofia da parte di un grande editore. Mi pare che loro, dopo l'acquisizione di Dada, siano l'operatore locale più accreditato per una traduzione in larga scala del concetto di Internet come piattaforma.


5) A parte le solite cose inerenti alla carta di credito, quali pensi che siano i problemi maggiori e i principali ostacoli per l'ecommerce in Italia?

Credo che la carta di credito stia diventando sempre meno un problema: segno dell'accreditamento ottenuto dai principali shop. Seguendo le 4 P direi: ulteriore miglioramento della usability dei siti meno noti, possibilità di offrire una reale convenienza di prezzo rispetto all'offline (per certe categorie siamo ancora lontani), professionalizzazione delle competenze di web-marketing degli shop e strumenti di fidelizzazione ed incentivazione. Il boom del turismo online è frutto del successo ottenuto rispetto a queste quattro sfide.


6) Considerazione finale: qual è lo stato di salute del mercato ecommerce italiano e cosa bisogna ancora fare, a tutti i livelli, per diminuire il gap tra l'Italia e non dico gli USA, ma almeno altri paesi europei come UK e Germania?

Oltre a quanto detto prima non posso che aggiungere che occorre attendere una generazione (sono un capo scout e quando presto attenzione alla propensione al digitale dei più giovani, già vedo un abisso rispetto ai trentenni come me ;-)) e che ogni politica di incentivazione (dal bonus sull'acquisto del PC, ad un rapporto sempre più telematico con la PA al prepotente ingresso dell'informatica e di Internet nelle scuole) è la benvenuta purchè costo-efficiente.


Ringrazio Andrea per la disponibilità e spero di continuare a breve con altri esponenti del settore questa panoramica sull'e-commerce di casa nostra.

Intervista a Paolo Vanossi di Tradedoubler
Autore: Federico.Riva | Categoria: Interviste | Data: Martedì, 19 Aprile 2005 

vanossi_tradedoubler.jpgA seguito del bel thread che abbiamo registrato qualche giorno fa in merito a Pay per action, cookie, revenue sharing, web awareness etc, ho pensato che sarebbe stato bello sentire il country manager della società che in Italia fonda quasi tutto il proprio business sulla logica del pay per action o pay per performance che dir si voglia. Ho quindi intervistato Paolo Vanossi per IMLI.


Federico Riva: Quando nasce TD?
Paolo Vanossi: Nasce a Stoccolma nell'agosto del 1999 su iniziativa di due giovani imprenditori locali: Felix Hagnö e Martin Lorentzon.

FR: Quando nasce TD in Italia?
PV: Nel Marzo del 2000 (abbiamo appena compiuto 5 anni).

FR: Sono stati appena pubblicati i dati relativi all'esercizio 2004. Puoi darci lo scorporo della situazione italiana?
PV: L'Italia è oggi uno dei quattro maggiori mercati europei, con un fatturato 2004 attorno ai 3 milioni di euro e una redditività lorda superiore al 25%.

FR: Quali sono i tre mercati europei che vanno meglio dell'Italia?
PV: Non ho detto che l'Italia è il quarto mercato, ma che è uno dei quattro maggiori mercati. Non aggiungo altro.

FR: Perché TD non aggredisce un mercato ricco come quello statunitense?
PV: Non è da escludere che lo faccia entro la prima metà del 2006.

FR: Che cosa puoi dire che TD abbia portato in Italia che prima non c'era?
PV: Abbiamo portato un servizio unico che anche oggi nessun altro operatore è in grado di fornire. Abbiamo saputo unire tecnologia, network e consulenza riuscendo a fornire un servizio di eccellenza. Credo inoltre di poter dire che è stata TradeDoubler in Italia a spianare la strada al concetto del marketing basato su performance.

FR: Pensi che oltre a Zanox ci saranno altre società, come Commission Junction, che punteranno al mercato italiano?Tu hai sentito qualcosa a riguardo?
PV: Si, sono convinto che dato il potenziale del mercato, entreranno altri competitor di qui a qualche mese.

FR: Quanti sono i vostri affiliati/editori?
PV: Oltre 30000 solo in Italia e più di mezzo milione in tutta Europa.

FR: Conoscendo per esperienza i programmi di affiliazione, so che spesso il 90% del fatturato è generato dal 10% degli affiliati; questo vale anche per TD?
PV: Di solito si parla di un 80/20, che più o meno corrisponde anche alla nostra esperienza.

FR: Quanti i merchant attivi e quanti quelli che avete servito dalla fondazione?
PV: Oggi abbiamo oltre 80 società clienti in Italia e circa 1000 in tutta Europa.

FR: Quando vi rivolgete al cliente, qual è la primissima preoccupazione che riscontrate?
PV: Non parlerei di preoccupazione. La maggior parte dei potenziali clienti conosce già TradeDoubler e sa con quali società lavoriamo. Si riscontra piuttosto un forte interesse a capire che tipo di risultati potranno ottenere.

FR: La soluzione del ppa è solitamente proposta da voi oppure è il cliente a richiederla?
PV: Dipende dal cliente. Se si tratta di un marchio riconosciuto, con un servizio/prodotto di eccelenza siamo però noi a consigliare di lavorare sul venduto, che peraltro garantisce sia a noi che agli editori margini maggiori.
Ogni cliente comunque è un caso a sé...

FR: Che cosa pensi dello stato di salute dell'e-commerce in Italia?
PV: Direi che tutti gli indicatori fotografano un settore solido e in forte crescita. Per TradeDoubler il 2004 ha visto più che triplicare sia il numero di vendite generate per i nostri clienti, che il relativo fatturato. A trainare tutto il settore sono soprattutto turismo e finanza, ma stanno emergendo con sempre più forza anche nuovi segmenti. L'ingresso di marchi di primaria importanza e la sempre maggiore maturità dell'utenza spiegano secondo me questo trend.

FR: Il volume di tradedoubler è triplicato, ma non quello dell'e-commerce italiano. In Italia c'è una penetrazione delle carte di credito di 1/6 rispetto agli U.s.a. e inferiore a tutti gli altri paesi europei. Secondo te perché la carta di credito(motore dell'e-commerce) è così poco diffusa e soprattutto poco utilizzata in Italia? Sono domande che attengono più a un ricercatore di mercato, ma vorrei il tuo parere su questo punto.
PV: La risposta è abbastanza complessa. L'Italia presenta più anomalie. A quella che segnali tu aggiungerei ad esempio la scarsa tradizione in fatto di vendita a distanza. Si tratta di fattori fortemente limitanti, ma come sappiamo esistono più soluzioni possibili per chi vende. Molto interessante è ad esempio l'interazione tra on e offline (vedi l'esempio recente di Computer Discount che salta il passaggio del pagamento e della consegna, puntanto direttamente sul punto vendita).

FR: L'info-commerce è un fenomeno conosciuto dalle grandi società off-line?
PV: Si, sono sempre di piu' le grandi società che vedono in Internet un importante canale commerciale, indipendentemente dal fatto che poi la transazione venga completata online o meno.

FR: Questo vuol dire che il ppa lascerà sempre più spazio al ppc?
PV: No, in realtà credo che il PPC verrà sempre più superato. Il fatto che la transazione venga completata offline non significa che non la si possa tracciare. Abbiamo molti esempi al riguardo. Pensa solo alle compagnie assicurative o a chi distribuisce carte di credito.

FR: So che avete la tecnologia per contare anche le impression? Pensi che arriverà il giorno in cui TD venderà pubblicità a impression?
PV: Già lo facciamo in altri mercati. In Italia, come peraltro nella maggior parte dei paesi in cui siamo presenti, abbiamo escluso questa possibilità.

FR: Pensi che la pubblicità in internet possa produrre brand awareness?
PV: Certamente si, ma chi crede che questa debba essere la principale motivazione per investire sul mezzo secondo me si sbaglia. Internet è innanzittutto marketing diretto e commercio. Poi sicuramente ha un impatto anche sul piano della comunicazione.

FR: Ci sono molte ricerche che infatti dimostrano l'esistenza della web awareness, anche per formati apparentemente 'neutri' come i motori di ricerca. Dal momento che tu stessi dichiari che questa componente - per quanto non prioritaria - esiste, perché non computarla al momento della compravendita di spazi pubblicitari?
PV: [nessuna risposta. Non so se è stata una svista...]

FR: In U.s.a è nato da poco un motore di ricerca (Snap.com) che vende pubblicità in modalità ppa . Pensi che altri motori di ricerca seguiranno questa policy? Ti immagini Google che vende pubblicità in ppa?
PV: Non credo. Il PPA presuppone una gestione molto più complessa. Google rappresenta invece una soluzione relativamente semplice, che punta molto sull’automatizzazione dei processi e sugli alti volumi. Passare al PPA sarebbe una scelta sbagliata per loro. Non è da escludere però che Google possa affiancare alla modalità standard soluzioni più complesse, per rispondere meglio alle esigenze dei suoi inserzionisti. AdSense ad esempio potrebbe in futuro soddisfare anche una logica PPA.

FR: Che cosa pensi in merito alla ricerca della Jupiter research che ha dimostrato che i cookie vengono cancellati (soprattutto automaticamente) molto più del previsto, mostrandone le inefficienze per eseguire il tracking delle vendite e dei lead?
PV: Noi stimiamo che circa il 5% delle transazioni venga perso a causa della cancellazione dei cookie. Difficile dire se sia tanto o poco. Purtroppo non esistono sistemi perfetti e al momento non mi risulta ci siano alternative ugualmente efficaci.

FR: Qual è la percentuale delle transazioni effettuate che poi vengono stornate dai merchant. Tipicamente: viene venduta una macchina fotografica che poi viene rimandata al mittente. Quanto incidono resi e charge back sul volume delle vendite?
PV: Varia moltissimo da cliente a cliente e in ogni caso il dato è riservato.

FR: La tua percentuale è decisamente lontana da quella della Jupiter. Avrai sicuramente letto del dibattito che è attivo in U.s.a e anche in Italia relativamente a questo tema. Si parla anche di "cookie crisis" e non solo per il tracking delle vendite. Non pensi che questo possa rappresentare un grave problema per TD?
PV: Non nel breve periodo. La nostra esperienza diretta non fa certo pensare ad una situazione di "cookie crisis".

FR: Perchè non decolla lo strumento del coupon elettronico?
PV: Direi che questo è un fenomeno più tipico di mercati maturi, dove tra l’altro l’interazione on/off line assume una valenza realmente strategica. Oggi l'Italia non può ancora considerarsi un mercato maturo in questo senso.

FR: Condivido pienamente il giudizio di immaturità sulla situazione italiana, ma tu non sei affatto uno spettatore passivo. Come country manager della società leader in Italia nelle soluzione ppa, non pensi che sia un tuo target quello di rendere il mercato più maturo introducendo sistemi di tracking più sicuri? Perché non lo introducete voi per primi il coupon elettronico?
PV: Noi infatti puntiamo molto su questo e con alcuni clienti il riscontro è decisamente positivo.

FR: Quali sono le differenze che individui maggiormente fra i clienti italiani e quelli degli altri paesi europei in cui TD è presente?
PV: Noi abbiamo la fortuna di lavorare con società che hanno saputo interpretare al meglio il mezzo, sia in Italia che all'estero. La vera differenza che noto è legata alle aspettative. Di solito i clienti italiani, forse abituati male da altri operatori, partono molto prudenti e timorosi. Sta poi ai risultati, come sempre, dimostrare loro il potenziale del mezzo.

FR: Tu mi parli di clienti abituati male da altri operatori, ma quanti clienti annoverate fra i primi 100 gruppi italiani? Non pensi che ci troviamo di fronte a un 'marketing divide' molto forte che impedisce a società nate decine di anni prima della nascita di Internet di avvicinarsi a questo medium?
PV: Non è proprio così. Certo molte aziende non sono ancora riuscite a capire la valenza strategica del mezzo, per altre Internet semplicemente non è strategico. Il dato positivo però è che le cose stanno cambiando e diversi dei grandi gruppi hanno già scelto noi.

FR: Qual è secondo te il motivo per cui l'e-commerce in Italia non è mai decollato?
PV: Come detto prima, a smentire questa affermazione sono i numeri. Abbiamo conosciuto una crescita continua e meno repentina che in altri paesi, ma già oggi va detto che l'ecommerce è un fenomeno consolidato anche qui da noi.

FR: Di fatto siamo il fanalino di coda, anche come utilizzo di Internet. In Italia si naviga mediamente 8 ore al mese. Siamo gli ultimi fra tutti i paesi sviluppati. Mi hai parlato prima di un mercato pubblicitario immaturo. La pubblicità è lo specchio dell'economia. La pubblicità in Internet è di poco superiore a quella nei cinema. Non pensi che ci sia troppo ottimismo di facciata?
PV: Guarda, l'Italia è innegabilmente un grande mercato. Il numero di utenti Internet è tra i più alti in Europa e siamo ai primissimi posti anche per penetrazione della banda larga. Le aziende avrebbero quindi molti buoni motivi per investire di più.

FR: Quali sono gli ostacoli più grandi che impediscono a molte società di avvicinarsi al mondo della pubblicità online?
PV: I cattivi consiglieri. Tutti quegli operatori che ancora sostengono che Internet è come la televisione o la carta stampata. Sono la maggioranza purtroppo e sentendo loro passa veramente la voglia di investire in pubblicità online. Evito di fare i nomi, ma credo che siamo capiti...

FR: Ci sono tante società che non vogliono promuovere un prodotto ma solo pubblicizzare il proprio marchio. Non pensi che l’interazione a tutti i costi possa essere un grande limite che non fa decollare la pubblicità? Inoltre anche con la carta stampata e la tv si possono tracciare le vendite. Prima hai parlato di un mercato immaturo relativamente al coupon elettronico. Come sicuramente sai, la Fininvest cominciò a vendere in pay per performance (anche se al tempo non si chiamava così). Ora non si sognerebbero di farlo. Non ti sembra che sia il pay per action stesso un segnale di immaturità del mercato?
PV: Mah, in realtà secondo me il PPA è la formula più adatta ad Internet che, in primis, non è un mezzo strettamente pubblicitario. Se tu mi dici invece che Internet è come la TV o la carta stampata io inserzionista continuerò ad investire i miei soldi su TV e carta stampata. Di solito si sceglie la via più semplice, non quella più difficile. Internet peraltro non avrà mai lo stesso potenziale comunicazionale della televisione e risulta troppo frammentato e complesso da gestire. Solo puntando sulla specificità del mezzo si può crescere e noi, nel nostro piccolo, ne siamo la prova.

FR: Quali sono invece le esigenze delle agenzie e dei centri media con cui lavorate?
PV: Sempre più la consulenza. Oramai è chiaro a tutti che per rendere efficace una campagna basata su performance, tecnologia e network non bastano. Noi abbiamo 5 anni di esperienza maturati in quasi tutti i segmenti di mercato. Questo è un patrimonio unico che le agenzie e i centri media non possono acquisire da altre fonti.

FR: Che tu sappia, ci sono società che analizzano gli effetti delle proprie campagne in internet con indagini di mercato oltre che con l’utilizzo dei sistemi di tracking da voi offerti?
PV: Non so rispondere, ma immagino di si.

FR: Perché un webmaster dovrebbe scegliere TradeDoubler, quando può guadagnare con AdSense?
PV: Molti lavorano con entrambi. Io credo che la nostra soluzione presenti dei vantaggi piuttosto chiari: la qualità dei clienti e la prospettiva di lungo periodo, la ricchezza di formati a disposizione, il supporto che ricevono dai nostri consulenti nell'individuare le soluzioni più efficaci, la mancanza di vincoli di esclusiva.

FR: Perché però secondo te ci sono società che pagano 40 centesimi in CPC su Overture e con TD pagano un CPC fattuale di 1 o 2 centesimi. Come spieghi questo delta?
PV: Lo spiego col fatto che il grosso delle revenue viene poi dalle commissioni sul venduto o sul lead. Noi peraltro non accettiamo più che il cliente paghi un CPC così esiguo. Certo offrire 40 centesimi a tutti avrebbe poco senso e sarebbe insostenibile per l’inserzionista. Quello che avviene di solito quando si adotta il CPC è che comunque si remunerano di più gli affiliati ad alto potenziale e si concentra quindi lì il grosso dell’investimento.

FR: Il traffico dei motori di ricerca converte decine di volte di più di quello di un sito che ospita le vostre creatività e i vostri link?
PV: Non è così. Non è l'esperienza dei nostri clienti. In molti casi può essere semmai vero il contrario. Affiliazione e motori sono peraltro due strumenti molto diversi. E’ facile che uno dei due sia più efficace per uno specifico cliente.

FR: Come vedi il futuro dell'e-commerce in Italia?
PV: Crescerà ancora e cambierà le abitudini di vita di un sempre maggior numero di persone. La speranza è che possa anche aiutare a rimettere in moto l'economia nel suo complesso e a far riemergere con forza lo spirito imprenditoriale, tipico del nostro paese.
Direi che questo è un fenomeno più tipico di mercati maturi, dove tra l'altro l'interazione on/off line assume una valenza realmente strategica. Oggi l'Italia non può ancora considerarsi un mercato maturo in questo senso.

FR: Pensi che ci possano essere delle politiche ad hoc per che possano essere adottate per incentivare la diffusione/utilizzo di Internet in Italia? Oppure bisogna 'lasciare fare all'economia'senza intervenire?
PV: Già si è fatto molto per promuovere l'utilizzo di Internet. Si deve ora puntare sui contenuti, puntando a rafforzare l’offerta. Oggi chiunque può accedere al mezzo a costi ridotti, se però poi non ha un ventaglio di offerta all'altezza il ciclo virtuoso si interrompe.

Quattro chiacchiere sui motori di ricerca con Mauro Lupi
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Interviste | Data: Lunedì, 23 Febbraio 2004 

Come si sta evolvendo il mercato dei motori di ricerca? Quali le nuove funzionalità e le nuove opportunità di business? Fare pubblicità utilizzando i motori di ricerca è un investimento ragionevole per una piccola o media impresa italiana?
Per approfondire questi argomenti e provare a dare qualche risposta, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Mauro Lupi, uno dei maggiori esperti italiani del settore oltre che presidente di AdMaiora Spa, società specializzata nei servizi di visibilità sui motori di ricerca.

Allora Mauro; Google annuncia di aver raggiunto la ragguardevole quota di 6 miliardi di pagine indicizzate, Yahoo! dichiara, dopo le acquisizioni del 2003 di voler sviluppare una propria Search Technology e Microsoft, dopo aver fallito la scalata a Google, sta puntando tutto sulle funzionalità di ricerca integrate nel nuovo sistema operativo ...

… ma dove sta andando il mercato dei motori di ricerca?

Il business dei motori di ricerca si sviluppa attorno ad un dato di fatto, e cioè quello del crescente utilizzo di questa funzione da parte degli utente della Rete. Sembra una cosa ovvia, ma la necessità di orientarsi sul web attraverso degli strumenti sempre più versatili sarà uno dei temi che caratterizzeranno il futuro della Rete. Infatti, da una parte cresce il numero di documenti online, dall'altro gli stessi motori di ricerca cercano di catalogare un numero crescente di informazioni, in virtù del fatto che raggiungono attualmente solo una piccola parte di quello che c'è su internet.

L'ampliamento delle informazioni disponibili e la continua crescita degli utenti online, garantirà ai motori di ricerca un numero sempre più elevato di ricerche e, di conseguenza, la disponibilità di potenziali spazi pubblicitari (il cosiddetto inventory).

La dimostrata efficacia del keyword advertising e la personalizzazione della funzione di ricerca, caratterizzeranno questo mercato. Gli investitori pubblicitari continueranno a puntare su questo "canale" (più che raddoppiato nel 2003 rispetto all'anno precedente), potendo contare peraltro su funzioni diversificate.


Proprio questa crescita di interesse degli inserzionisti è alla base della famigerata Search Engines War di cui tanto si parla in questi ultimi mesi. A tuo modo di vedere sarà il marketing o la tecnologia a determinare vincenti e perdenti in questa competizione?

L'aspetto tecnologico sarà necessario per continuare a sviluppare motori di ricerca sempre più efficaci, veloci e in grado di scovare anche negli angoli del web. Il punto è che, pur se le tecniche di information retrieval sono studiate da decenni, ci si trova oggi a poter gestire la più grande mole di informazioni mai messe assieme nella storia dell'uomo. La complessità quindi è grande e tende a complicarsi vista l'esigenza di dover catalogare, oltre ai numerosi formati di memorizzazione, anche elementi grafici, audio, video, ecc.

Al marketing è affidato il compito di trovare modelli di business che permettano di sostenere l'ingente investimento tecnico e scientifico che sta alla base di un moderno motore di ricerca, in un mercato che tende a concentrare le aziende di spicco, ma che ormai ha anche sancito la necessità di integrare la visibilità sui motori di ricerca nel marketing mix online.



Gli esperti oltreoceano concordano nell'individuare il Local Search Advertising come il prossimo (e più promettente) settore di sviluppo di questo mercato; di cosa si tratta?

In effetti alcuni studi sembrano testimoniare che almeno il 30% di tutte le ricerche online si riferiscono a contenuti "locali", ossia riguardano richieste di siti o altri file con uno specifico riferimento geografico. E questo tipo di necessità è stata sempre uno dei cavalli di battaglia della pubblicità, sia attraverso le pagine gialle che mediante i cosiddetti classified. Anche i motori di ricerca stanno quindi cercando di soddisfare queste ricerche ed iniziano già a produrre qualche funzione di selezione "locale" attraverso il codice postale, purtroppo ancora riferito solo agli Stati Uniti.

Non c'è dubbio che il Local Search sarà una funzione molto appetibile dal punto di vista pubblicitario, soprattutto perché allargherà il potenziale bacino degli inserzionisti, interessando anche realtà geograficamente circoscritte. Il problema sarà quello della distribuzione di tali servizi, dato che solo una rete diretta che opera sul territorio potrà compiutamente svolgere un'adeguata azione commerciale; almeno fino a quando la penetrazione delle connessioni internet non arriverà a “risposta” tali da poter immaginare una distribuzione in modalità self provisioning attraverso il web.



Parlando di tecnologia a medio termine; quali saranno le nuove funzionalità e quali le nuove opportunità di business per i Search engines?

Credo che gli attuali servizi di keyword advertising offriranno nuove e sofisticate opportunità di selezione e di controllo, soprattutto per quanto riguarda l'analisi degli investimenti in funzione dei risultati concreti ottenuti: registrazioni, moduli compilati, vendite effettuate. Ed anche se questi tool sono ancora rudimentali e limitati ad un singolo motore di ricerca, permetteranno di far scoprire a molte aziende la possibilità di analizzare gli investimenti pubblicitari con una consapevolezza mai vista prima su nessun altro media. Finalmente, come auspico da tempo, le aziende potranno accendere la telecamera sui visitatori del loro sito che fino ad oggi è rimasta spenta.

Parallelamente, le tecnologie di ricerca verranno applicate in modo crescente al "contextual advertising", gestendo la pubblicazione automatica di annunci pubblicitari testuali in funzione dei contenuti di ogni singola pagina web. La tecnologia attuale è ancora immatura ed i risultati per gli advertiser non sono brillanti, ma il potenziale di crescita è enorme, con la possibilità di coprire un inventory migliaia di volte più grande rispetto a quello della specifica funzione del "search". Sergey Brin di Google addirittura sostiene, in modo forse un po' troppo enfatico, che il contextual advertising salverà il mondo dei contenuti online offrendo loro una fonte di ricavi difficilmente generabile altrimenti.

Alcuni motori di ricerca, come ad esempio il gruppo Yahoo!/Overture, potrà contare sui servizi di "inclusion", tipicamente orientati alle società specializzate, che garantiscono l'inserimento nell'archivio ma non la posizione. Proprio in questi giorni, la compiuta aggregazione delle tre piattaforme più note che utilizzano l'inclusion (Inktomi, Altavista e Fast, tutte di proprietà di Yahoo!) dovrebbe sfornare una rinnovata gamma di servizi, mentre Yahoo! stesso si appresta a lanciare uno specifico programma di inclusion.

Rimane poi da vedere cosa combinerà Microsoft, da cui ci si aspetta un nuovo prodotto di search entro il 2004. Forse non sarà un'applicazione web ma un tool integrato in windows o nel browser ma indubbiamente, qualsiasi mossa compia Microsoft, andrà a caratterizzare l'intero settore.

Sono infine convinto che in ogni momento potrebbe nascere qualche nuovo Google. Il mondo delle ricerche ha ancora tanto bisogno di idee innovative per orientare i navigatori online nel mare crescente di informazioni, per cui vedremo senz'altro venire alla luce altre idee geniali o che più semplicemente incontreranno il favore degli utenti; i quali, come abbiamo visto proprio nel caso di Google, nel giro di due o tre anni sono capaci portare un sito web ad essere il più popolare marchio al mondo.



Secondo te perché una PMI italiana dovrebbe investire oggi in questo settore?

Per una serie di buone e concrete ragioni. Indubbiamente la visibilità dei motori di ricerca è un obiettivo che ha una bassa soglia di ingresso in termini economici, senz'altro più bassa di molte altre attività pubblicitarie off-line. Ed anche se la competizione crescente tende a far aumentare i costi di ingresso, i modelli di prezzo aiutano a calibrare gli investimenti in funzione di obiettivi specifici e misurabili.

Inoltre, per chi opera in settori economici di nicchia e per le aziende che sviluppano rapporti b2b, i motori di ricerca rappresentano il miglior strumento per raggiungere solo gli utenti potenzialmente interessati, con una dispersone dell'investimento praticamente nulla.

In ogni caso, il dato di fatto è che la ricerca è la funzione più utilizzata sul web e che la metà di tutte le richieste sono di tipo business: la scelta che ogni azienda dovrebbe fare, è quella di farsi trovare dai loro potenziali utenti o lasciare che trovino i propri competitor.



Si può fare una valutazione sul costo medio di una campagna efficace suoi motori di ricerca per una PMI italiana?

Naturalmente la diversità degli obiettivi di ogni progetto web rende difficile fornire dati validi per tutti. In linea generale è necessario innanzitutto sviluppare la visibilità nei risultati standard dei motori di ricerca (quella che chiamiamo attività di posizionamento), perché è un'azione che dura nel tempo ed è quella che genera più visite. In parallelo può essere opportuna un'azione prettamente pubblicitaria (keyword advertising) i cui risultati sono funzionali al budget e che permette di realizzare velocemente campagne di visibilità molto efficaci.

Indicativamente un budget annuo dovrebbe essere almeno di 5.000 Euro per una attività di visibilità in una o due nazioni. Credo però opportuno valutare i costi in funzione degli obiettivi del sito, cercando di capire quanto vale e quanto "produce" un visitatore del sito e, di conseguenza, realizzare un progetto che punti sviluppare del traffico qualificato con un ritorno sull'investimento ottimale.

Ci capita spesso di analizzare i risultati di un progetto di visibilità sui motori di ricerca e di scoprire che a fronte di un determinato costo sostenuto per ogni visita, i risultati in termini di vendite o di contatti generati sono più elevati di decine di volte. In questo caso, virtualmente il budget diventa illimitato, con l'accortezza però di saper valutare con attenzione i risultati prodotti dal progetto web nel suo complesso.

Ringrazio sinceramente Mauro per la sua disponibilità e per chi volesse entrare direttamente in contatto con il suo lavoro, oltre al sito di AdMaiora, vi invito a visitare anche il suo Blog personale (http://admaiora.blogs.com/maurolupi/) ricco di spunti e segnalazioni interessanti.

Un caffè con Splinder
Autore: M. Bancora | Categoria: Interviste | Data: Giovedì, 5 Febbraio 2004 

Come primo articolo per questa nuova avventura mi pare doveroso parlare di blog. Una moda? Forse. Un nuovo modo di comunicare? Anche. Sicuramente un fenomeno che in Italia ha avuto una forte accelerazione grazie a Splinder. Una realtà che ha contribuito a diffondere la cultura blog. I numeri parlano chiaro: più di 40.000 blog aperti. Per chi utilizza Splinder, lo strumento blog è già diventato tale: una interfaccia semplice, intuitiva, che permette anche all'utente meno evoluto di aprire il proprio blog in cinque minuti. Gratis.

Abbiamo avuto la possibilità di parlare con Howard Liptzin, uno dei collaboratori che hanno dato vita a questa iniziativa, responsabile del progetto mòtime e direttore internazionale new business development di Tipic. Con Howard abbiamo chiacchierato di fronte a una tazza di caffè fumante e al suo simpaticissimo cane Sirius che è riuscito a destare la curiosità della barista.


Come non iniziare questa chiacchierata dal nome di Splinder? Perché lo avete chiamato così?
Perché dà il senso della rapidità e pulizia, è un nome simpatico e facile da ricordare. Per un business sulla Rete, poi, eravamo obbligati a pensare al suo dominio, e qualche anno fa quando abbiamo pensato alla creazione del servizio, nessuno aveva ancora registrato il nome Splinder.
Le storie delle start-up company si sprecano ormai. Cantine, negozi sporchi, chiacchierate al bar (…), anche voi immagino avrete la vostra storia da raccontare.
Nulla di speciale Max. Splinder è stata una iniziativa studiata a tavolino. È il frutto di una idea di alcune persone, fra cui Marco Palombi, con background molto variegato, unitesi intorno al progetto di creare una piattaforma di nuova concezione che mettesse assieme il Publishing immediato via WEB e l'Instant Messaging.
Mi pare di capire che la vostra filosofia sia quella della crescita controllata. Una struttura snella in grado di crescere per rispondere alle richieste della comunità e del business.
Attualmente al progetto lavorano una decina di persone, non tutte a tempo pieno. C'è chi si occupa di fornire supporto alla comunità, chi definisce e sviluppa le nuove tecnologie, chi sta mettendo a punto nuovi servizi e accordi che permetteranno di monetizzare lo sforzo che abbiamo profuso per creare una comunità ampia e fedele.
Come già detto, il successo di Splinder è evidente, siete diventati la blog-community italiana per eccellenza. Siete riusciti a rendere il blog uno strumento 'popolare' anche in Italia. L'interfaccia per creare un blog è semplice, intuitiva e… in italiano.
È vero, siamo cresciuti tanto e continuiamo a farlo molto rapidamente. Stiamo introducendo nuovi servizi, l'ultimo dei quali è stato un sistema di messaging per ricevere alert in tempo reale dai blog a cui si e' iscritti e fare parlare gli utenti tra loro. Inoltre abbiamo attivato una collaborazione con Wind, portando i blog sul loro sistema I-Mode.
Con questa prima iniziativa avete inaugurato i sistemi per monetizzare la comunità di persone che siete riusciti a raccogliere intorno al vostro strumento di publishing.
La collaborazione con Wind prevede una percentuale per Splinder per ogni registrazione al nostro servizio. L'utente con il servizio I-Mode può gestire il proprio blog intervenendo da qualsiasi punto del pianeta si trovi a patto che vi sia un servizio compatibile disponibile.
L'inizio mi pare abbastanza arduo. Non credo Wind abbia ancora rilasciato numeri circa il numero degli abbonati al servizio, ma posso suporre che la crescita degli abbonati al servizio non sia rapida. Quali altri revenue stream (mi auguro nessuno mi linci per questa licenza :-)) avete in programma di lanciare?
Stiamo lavorando ad una piattaforma di servizi premium; i servizi di base attuali sono e resteranno gratis per tutti gli utenti.
Servizi premium alla Blogger Pro o professionali come Typepad. A tal proposito gli utenti hanno chiesto ad alta voce alcuni strumenti presenti su altre piattaforme, ma che ancora mancano su Splinder, uno su tutti il feed RSS. Che cosa rispondete?
Fino ad qualche giorno fa Blogger non offriva i feed nella versione basic e solo pochi giorni fa ha deciso di adottare il formato ATOM per i suoi feed (non utilizzando il formato RSS), anche nella versione Basic; nessuno si e' mai sognato di criticare Blogger per quella scelta. Anche noi stiamo pensando di offrire i feed e stiamo valutando il miglior modo per farlo.

Inoltre, le polemiche che si sono sviluppate non tengono conto del fatto che chiunque voglia può avere il feed RSS sul suo blog su Splinder, utilizzando uno dei tanto servizi ausiliari, come già fanno alcuni; quindi Splinder non ha mai impedito di avere i feed RSS, come si voleva far credere; abbiamo pensato di privilegiare il sistema di Alert via Messenger (che presenta evidenti vantaggi di immediatezza), considerando i feed RSS come qualcosa di non facile spiegazione ed adozione.
È anche vero che così facendo state costruendo una comunità chiusa, immagino nel tentativo di mantenere attive sulla vostra piattaforma le persone che decidono di aprire un blog su Splinder. Iniziano solo ora le discussioni in merito a come proporre pubblicità attraverso i feed RSS, ma immagino che prima o poi ci arriveremo. Quando lancerete le prime iniziative di comunicazione a pagamento sulla comunità Splinder?
Si tratta di progetti in corso di definizione. Abbiamo intenzione di attivarli ma ad oggi siamo ancora nella fase di studio.
Quali saranno le prossime novità che gli utenti della comunità di Splinder si possono aspettare?
La versione PRO di Splinder e una serie di integrazioni sempre maggiori con la piattaforme di Instant Messaging, che e' la vera innovazione di Splinder (unica a livello mondiale).
Parliamo, ma solo rapidamente, di tecnologia. Alcuni utenti di Splinder si lamentano dei continui "down di sistema". Immagino che in un certo senso stiate lavorando a mantenere il servizio ad alto livello.
Non so quante volte abbiamo cambiato configurazione alla piattaforma tecnologica. Praticamente siamo sempre a rincorrere la crescita di Blog per offrire sempre un servizio facile e veloce.
Avete intenzione di espandervi all'estero?
Stiamo già lavorando con MoTime ad aprire il mondo dei blog in inglese. MoTime utilizza la stessa piattaforma di Splinder. Senza grossi sforzi siamo riusciti a raccogliere 10.000 blogger, in un mondo in cui i vari Blogger, TypePad e gli altri erano presenti da tempo. Per ora ci stiamo concentrando sul vasto numero di utenti che scrivono e leggono in inglese. Poi grazie all'esperienza maturata in questi mercati, cercheremo di proporre Splinder in altre lingue e sempre con la stessa piattaforma.
E' sempre un piacere scambiare quattro chiacchiere con Howard. Ma tra un sorso di caffè e qualche croccantino a Sirius si è fatto tardi: c'è una comunià di blogger da gestire.


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