IMlog
Guerrilla marketing all'olandese
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 1 Ottobre 2008 

expedia1_small.JPG expedia2_small.JPGL'altro giorno andando in stazione centrale ad Amsterdam ho notato che molte bici avevano qualcosa in comune.
Nello specifico tutte avevano i carterifrangenti arancioni e una cartolina appesa al manubrio.

Come si vede nelle immagini (clicca per ingrandire) questa e' un'iniziativa di Expedia.nl.

Quale migliore modo di entrare in testa agli olandesi che essere visibili su una delle cose che usano di piu'?
In Italia e' la TV, in Olanda la bicicletta :)

What's next?
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 20 Agosto 2008 
iPhone 3G: costa la meta' o quello prima costava il doppio?
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 11 Giugno 2008 
iphone.png
Che Apple abbia puntato molto sul prezzo per quanto riguarda il nuovo iPhone e' sicuramente un fatto molto significativo dal punto di vista del marketing. Evidentemente hanno deciso, per una volta, che i prodotti con la mela debbano essere accessibili anche a chi non ha o non vuole spendere cifre astronomiche.

Pero' "Twice as fast. Half the price" mi pare un'arma a doppio taglio.
Cioe' se dopo 1 anno mi riprensenti un prodotto migliorato, con nuove funzioni e allo stesso prezzo ha senso. Significa che sei riuscito a migliorare il tuo prodotto senza far salire i costi.
Ma se dimezzi il prezzo la mia percezione e' che prima mi hai fatto pagare troppo!

Detto questo la prossima volta che vado negli USA un iPhone me lo prendo di sicuro :)

Tate-Tube e raccolta database
Autore: Elisabetta.Oldrini | Categoria: Marketing | Data: Sabato, 17 Maggio 2008 

Alla Tate Modern di Londra, vicino al guardaroba, ci sono due schermi tondi e rosa "cicca" con videocamera integrata che permettono ai visitatori di mandare un videomessaggio gratuito agli amici. Idea semplice e geniale per raccogliere un database di utenti in maniera veloce ed economica. Ovviamente il tutto già predisposto per l'integrazione con i vari facebook, myspace ecc.

Vista la gratuità io ed una mia amica ne abbiamo mandati un paio a testa. Idea molto intelligente nell'era di YouTube e degli MMS!

Easyjet: simpathy marketing?
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 7 Maggio 2008 

easyjet.PNGPer forza di cose sono costretto a viaggiare molto spesso (circa 2 volte al mese) con Easyjet.

Di solito non ascolto i discrosi di benvenuto ne' di commiato che il personale legge al microfono, ma ultimamente ho notato qualcosa di "strano".
La penultima volta che ho viaggiato un "simpatico" steward ha concluso con un paio di frasi "simpatiche", tipo:
"Potete lasciare oggetti che non volete portare con voi, come giornali riviste, carte di credito o portafogli"
"Fuori troverete dei cani antidroga, quindi se dovete liberarvi di qualcosa lasciatelo pure direttamente sull'aereo"
(il volo era Milano-Amsterdam...)

Ho pensato ad un burlone a fine turno che voleva farsi 2 risate.
Pero' domenica un altro burlone conclude il volo con:
"Da parte del comandante Remo La Barca, del vice comandante Guido La Vespa e del pilota automatico vi auguriamo un buon soggiorno ad Amsterdam"

Ora, puo' essere che sia stato cosi' fortunello da beccare due artisti della risata in due voli consecutivi, ma potrebbe anche essere che Easyjet abbia dato istruzioni al personale di bordo di provare a fare i simpatici e rallegrare i passeggeri.
Nel secondo caso a mio parere non e' una cattiva idea, pero' magari si puo' lavorare sulla qualita' delle battute :)

Il mondo finanziario in cerca di nuovi clienti...
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 4 Aprile 2008 

simpson_credit.PNGGuardando questa interessante iniziativa di MTV per coinvolgere i giovani e spiegare loro la politica senza usare il politichese, mi sono imbattuto in un'iniziativa molto meno interessante: le carte di credito dei Simpson.

Capisco che gli istituti di credito debbano trovare nuova audience, essendosi in gran parte sputtanati con gli adulti, ma perche' qualcuno dovrebbe scegliere una carta di credito solo perche' c'e' la faccia dei Simpson sopra?

Il target e' chiaro, ma la tecnica mi sembra molto vicina alla circonvenzione d'incapace...

Cercando casa a Milano...
Autore: Antonella.Cadeddu | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 5 Dicembre 2007 

...ho trovato questo servizio, Comodus, per la offerta e ricerca immobiliare tra privati, che mi ha fatto riflettere su come il mercato immobiliare può trarre enormi benefici dalle nuove applicazioni web.
Ho pensato ad un inglese in cerca di un po' di tepore italiano che vuole acquistare una casa di campagna in Italia. Può avere accesso ad informazioni complete, immagini e mappe e fare una prima scelta prima di venire in visita in Italia.
E poi ho pensato a me, che per fortuna non ho dovuto passare giornate in giro per le vie di milano a segnare numeri di telefono...

comodus.jpg

Per questo penso innanzitutto che il nome, Comodus, sia azzeccato. Qui maggiori informazioni su come funziona il servizio: in pratica il proprietario paga (una percentuale sulla transazione?) la realizzazione della "brochure" virtuale della sua casa, corredata di foto, descrizione, planimetrie e mappa della zona e visita virtuale. C'è la possibilità di ricercare gli immobili secondo le proprie esigenze (es. single o famiglia? centro storico o periferia?) o tramite la ricerca classica per zone e, cosa molto gradita, confrontare immobili diversi. Difetto? Per ora il servizio è attivo solo a Milano. In più non mi sembra ci siano ancora tantissime offerte. Mi chiedo se la barriera all'ingresso per i proprietari sia troppo alta...

SKYPE: CRM non profilato
Autore: Elisabetta.Oldrini | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 2 Novembre 2007 

skype_logo_small.jpgCi sono rimasta un po' male quando oggi, dopo aver trovato una email apparentemente personalizzata ("Ciao Elisabetta...") da parte di Skype, che mi invitava a scaricare la nuova versione del software, mi sono trovata in una pagina che parlava solamente della nuova versione per Windows...
Nella pagina, Skype mi dice "Attenzione stai usando una vecchia versione, scarica subito la nuova versione...", ma io uso un MAC e non trovo nessun riferimento a nuove versioni per chi usa il mio sistema operativo.
Ora sono un po' meno affezionata al brand.

Non è chiamandolo per nome che si fidelizza il cliente!

Google va offline contro Microsoft?
Autore: Simone.Lovati | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 13 Giugno 2007 

In queste ultime settimane si è discusso ampiamente dell'acquisto da parte di Google di Feedburner e di DoubleClick. Si è parlato di metriche e di metodologie per interpretare le statistiche web e di quanto sia strategico avere una posizione di "potere" nella gestione delle stesse. Nova24 la scorsa settimana ci ha dedicato una doppia pagina.

Googlegates
(Thanks for image to: siliconvalleywatcher.com)


Mi sembra invece passata in secondo piano una grande notizia da parte di Google: l'uscita di Google Gears, un'applicazione javascript multipiattaforma in grado di far funzionare le applicazioni web anche offline.

Ora, Google, per definizione online, sta spingendo non solo sulla massima fruibilità dei contenuti web anche in versione mobile (ha una divisione SW che lavora solo su questo), ma, per la prima volta, va offline, permettendo a chiunque di usufruire di applicazioni online anche a computer scollegato dalla rete.

Ho provato Gears con Google Reader e funziona piuttosto bene. Scarica gli aggiornamenti dei miei RSS Feed quando sono online, permettendomi così di leggermeli con calma anche quando il mio Mac non è connesso, usando la stessa applicazione (Google Reader) via browser!

La tecnologia è open-source e presto verrà estesa ad altri prodotti di casa Google permettendo a chiunque di interagire con servizi Web come la posta elettronica, i calendari online o i lettori di news anche in assenza di connessione.

Con Google Gears si cancella l'ultima differenza tra i software applicativi tradizionali - che vengono istallati sui computer - e i servizi applicativi online, che hanno le stesse funzionalità, ma che finora avevano bisogno di una connessione al web per poter funzionare.

Mentre Microsoft, leader nel SW su PC, sta facendo di tutto per migliorare i suoi servizi su web, Google procede nella direzione inversa, leader nei servizi online, comincia ad estendere il suo business fuori dal web.

Se e quando Google Gears verrà esteso a Google Documents, Microsoft si troverebbe di fatto ad avere un competitor aggressivo sulla sua maggior revenue pool: Office. Con lo svantaggio che Documents è gratuito e permette la condivisione con altri utenti online.

Resta da capire se Google intenderà sviluppare maggiormente gli applicativi di Documents, che a tutt'oggi hanno ancora un bel "divide" rispetto alle features di Office e se Microsoft riuscirà a sfruttare la tecnologia web rinnovando il suo modo di affrontare il mercato.

Ma una cosa è certa Google ha un business model potente e Microsoft attualmente non sembra dimostrare la stessa vivacità.

Italiani solo chiacchiere e distintivo
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 8 Giugno 2007 
SES 2007: motori di ricerca in primo piano il 29 e 30 maggio
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 10 Maggio 2007 

ses_milano_2007.jpgDopo l'esordio del 2006 torna anche quest'anno in Italia il Search Engine Strategies.

Organizzato e curato da Chris Sherman e Mauro Lupi si terrà il 29 e il 30 maggio presso il Marriot Hotel.

Credo e spero che grazie all'esperienza dell'anno scorso ed alla crescita del mercato il SES sia un evento imperdibile per gli addetti ai lavori ma ancora di più spero che siano moltissime le aziende. Ritrovarsi tra agenzie per parlare e confrontarsi è sicuramente utile ma quello che fa crescere gli investimenti e la fiducia nel mezzo è il rapporto con i clienti.

Nel programma di quest'anno segnalo RSS, Blogs & Search Marketing, Scrivere per i motori di ricerca e Auditing Paid Listings & Click Fraud Issues.

Ci si può iscrivere qui, ma sul sito TSW, Premier Plus Sponsor dell'evento, trovi uno sconto del 20%, così come da AdMaiora [.pdf], AdVance, Sems, WebRanking e un sacco di altri.

Doretta, la ricercatrice quasi perfetta... ma solo con Explorer!
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 23 Febbraio 2007 

doretta82Doretta, la ricercatrice quasi perfetta, è un'iniziativa di Microsoft per spingere i prodotti Live, in particolare Messenger e Search.
Già il test fatto da Paolo mi aveva fatto sorridere, ma volevo comunque provare.

Purtroppo oggi ho appurato una cosa che mi ha fatto immediatamente desistere: la si può vedere in questo screenshot...

Brand online, sicuri di ri-conoscerli?
Autore: | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 7 Febbraio 2007 

Sono anni che ci dicono che gli utenti, su Internet, non leggono. A giudicare dal successo dei blog non si direbbe, ma è certo che il discorso cambia quando si parla di brand...
Dal punto esclamativo di Yahoo! al sorriso di Amazon, passando dalla quadricromia di eBay e Google, il web ha prodotto marchi che oramai fanno parte del nostro quotidiano e che ci sembrano quanto di più familiare si possa immaginare. Ma siamo proprio sicuri di saperli riconoscere?
Metettevi alla prova su Guessthelogo, qualche sorpresa potrebbe attendervi ;-)

Brand online, sicuri di ri-conoscerli?
Autore: Laura.Cocorempas | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 7 Febbraio 2007 

Sono anni che ci dicono che gli utenti, su Internet, non leggono. A giudicare dal successo dei blog non si direbbe, ma è certo che il discorso cambia quando si parla di brand...
Dal punto esclamativo di Yahoo! al sorriso di Amazon, passando dalla quadricromia di eBay e Google, il web ha prodotto marchi che oramai fanno parte del nostro quotidiano e che ci sembrano quanto di più familiare si possa immaginare. Ma siamo proprio sicuri di saperli riconoscere?
Metettevi alla prova su Guessthelogo, qualche sorpresa potrebbe attendervi ;-)

Meglio un Brand solo, esteso, o più Brand per ogni classe di prodotto: qualche indicazione per non seguire solo l’intuito
Autore: Simone.Lovati | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 18 Gennaio 2007 

Questo è un problema tipico nel marketing strategico per i grandi gruppi del lusso e proprio questo mese sull’edizione in italiano dell’Harward Business Review se ne parla confrontando le performance di chi ha scelto la strada del mono-brand (Giorgio Armani ad es.) e di chi ha scelto di creare un gruppo con una moltitudine di Brand (come il Gruppo Gucci ad es.).

Il dilemma però non si pone solo per i grandi gruppi, non è un problema solo del mondo del Lusso e la frase del buon Darwin citata in quell’articolo può tranquillamente essere applicata a tutti i tipi di impresa: «non sono le specie più forti che sopravvivono, e nemmeno le più intelligenti, ma quelle più pronte al cambiamento».

Quale delle due strategie di brand vi permette maggior possibilità di adattarvi al cambiamento, quale vi da la possibilità di governare i trend del mercato, prima che questi governino voi?

Proviamo a fare qualche confronto.

Avere più brand a disposizione vi permette di sfruttare meglio la segmentazione del mercato, non sempre un brand unico è in grado di adattarsi a più segmenti di mercato senza contraddirsi.
Se il vostro obiettivo è conquistare segmenti attrattivi per voi, ma apparentemente antitetici, una logica di portfolio su più brand, vi garantisce un miglior adattamento alle caratteristiche del segmento senza compromettere il vostro posizionamento sugli altri.

Ma più brand significano anche campagne di comunicazione per ogni brand, management e investimenti dedicati per ognuno e quindi di fatto una perdita di alcune economie di scala nel branding e nella gestione dell’impresa.
Di contro vi permette ad es. di mantenere un posizionamento solido sul vostro mercato tradizionale e consolidato con il vostro brand classico e di attaccare mercati nuovi e più rischiosi con altri brand senza compromettere il primo. Insomma un pò come per la gestione degli investimenti finanziari, la logica di portafoglio vi permette di calibrare il rischio affiancando prodotti più rischiosi ad altri più sicuri.

Negli ultimi 7 anni di consulenza mi è capitato di incontrare parecchie imprese mono-brand, ma anche moltissime multi-brand, non credo si possa dire se una o l’altra condizione sia più favorevole, come dicevo prima, dipende molto dalla strategia dell’impresa e dai suoi obiettivi. Gli effetti di strategie di branding simili non possono in ogni caso essere valutati a breve e medio periodo, ma vanno osservati sul lungo periodo.

La maggior parte delle volte in cui mi sono trovato davanti ad un impresa con più di un brand, era a causa di una serie di acquisizioni passate e non per una strategia di crescita organica multibrand.
Di contro per le imprese mono-brand ho sempre osservato una maggior propensione alla brand estension per conquistare nuovi mercati o per lanciare nuove classi di prodotto più che all’ipotesi di creare brand nuovi. Quasi sempre per la paura dei costi e per una naturale frizione nell’abbandonare il proprio brand classico.

Il mio consiglio è sempre stato quello di analizzare nel dettaglio vantaggi e svantaggi delle due strategie, perchè molto spesso ciò che a breve può sembrare costoso a lungo risulta più efficace e più economico.

Ricordo un’impresa di servizi leader nel settore delle pmi; aveva creato un prodotto nuovo, innovativo, per entrare in un settore estremamente attrattivo per essa, il mercato bancario.
Aveva le carte in regola per farlo, ma il management non voleva in alcun modo discostarsi dal brand tradizionale e dal suo family feeling, cercammo di dimostrargli che un nuovo brand avrebbe garantito una maggior possibilità di successo e proposi esempi di ogni tipo, anche in altri settori di pubblico dominio (da Microsoft con XBOX, al gruppo VW con Audi...).
Alla fine decisero di lavorare con il brand classico.
Dopo qualche anno, l’AD mi confessò che era stato un errore. Oggi per quel prodotto esiste un nuovo brand.

Rival Marketing e la sindrome di 'GMOOT'
Autore: Gianluca.Arnesano | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 10 Gennaio 2007 

Rival Marketing - oltre ad essere il semplice anagramma di Viral Marketing - rappresenta ultimamente una strategia molto diffusa, specialmente nel campo dei media innovativi.
Essa nasce dalla sindrome di "GMOOT", che sta per Give Me One Of These e si riferisce alla sempre maggiore volontà delle aziende e dei "marketing department" di lanciare una "innovativa" iniziativa di comunicazione per il semplice fatto che qualche competitor stia sperimentando un nuovo media o nuovo tool.
Ed è quello che accade oggi nel campo dei media alternativi, virali o non convenzionali che dir si voglia.

Viral video, advergames, mash-ups, corporate blogs, azioni di guerrilla e street marketing vengon fuori come funghi più per la necessità di esserci - un po' come banalmente nascevano i websites nei primi anni di internet - che per la necessità di provare a sperimentare il funzionamento di nuovi media.
Ma questa fase costituisce probabilmente un passaggio obbligato prima di comprendere che è più opportuno realizzare una iniziativa di marketing innovativo principalmente per comprendere le potenzialità del mezzo, le metriche disponibili, la reazione del proprio target e la adeguatezza della propria agenzia o del proprio ufficio marketing.

Ecco perchè ad esempio alcune operazioni lasciano il segno ed altre... no

Il colmo per Apple: c'è chi comincia a "pensare differente"
Autore: Simone.Lovati | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 4 Ottobre 2006 

gobelins_apple.jpgNe parlavo in un seminario a Giugno sulle strategie marketing di successo. Tutti parlano della strategia Apple degli ultimi anni in maniera entusiasta.
Ed è vero, è stata sicuramente azzeccata. Io stesso sono innamorato del mio PowerBook, del mio iPod...etc.

Ma ora ha due limiti, uno leggero, l'altro pesante:

1.(il più leggero) E' Jobs-centrica, ossia dipende fortemente dalla figura di Steve Jobs e sono sicuro che se mai dovesse lasciare sarebbero guai

2.(il più pesante) E' troppo di successo per come è stata pensata!
Mi spiego, per Apple è fondamentale mantenere i propri clienti un'elite.
Chi compra Mac, vuole "pensare differente".

Il claim di Apple è sempre stato "Think Different".
Da Chi? Se tutti avessero un Mac o un iPod...

E gli effetti di questo vizio, già si vedono c'è chi comincia a "pensare differente", c'è qualcuno che non vuole uniformarsi, c'è qualcuno a cui il predominio apple comincia a stare stretto.

Il futuro di Apple dipende proprio da questo. Saper "evolvere" nel nuovo contesto, saper conservare il suo posizionamento. E per farlo serve una cosa semplice, serve la competizione.

E' per questo che voglio stimolarvi con una provocazione: e se il futuro di Apple dipendesse dal successo di Windows? Se quest'ultimo restasse ancora il S.O. di massa, Apple terrebbe fede alla sua missione e rimarrebbe un successo!

Pimp my Ipod
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 19 Settembre 2006 

oneill_ipod.JPGDa IMLigg.

Oramai l'Ipod è diventato uno strumento di marketing anche per le altre aziende.
O'Neill per esempio, ha creato un sito grazie al quale si possono ricevere gratuitamente delle skin personalizzate per l'Ipod e per il cellulare.

Basta scegliere il modello e poi scegliere tra le 12 skin a disposizione, ovviamente brandizzate O'Neill.

L'idea mi sembra davvero ottima: utilizzare l'Ipod come veicolo promozionale.
All'iniziativa, sviluppata a livello internazionale da Icemedia, ha ampia visibilità anche sul sito istituzionale www.oneilleurope.com

Apple - pessima assistenza
Autore: Elisabetta.Oldrini | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 11 Settembre 2006 

Vinta dall'estetica e da un moto anti-pc ho pensato di acquistare un macbook per la mia agenzia. Dopo aver chiesto pareri a conoscenti "esperti" (tra cui un "macchista" sfegatato..) ho acquistato il prodotto, dal quale al momento dipende il mio lavoro.
Dopo pochi mesi di utilizzo (durante i quali ho aumentato la RAM perchè quella in dotazione è davvero pochina) mi trovo che il computer si spegne improvvisamente anche dopo pochi minuti di accensione.

Il che accade sia quando va a batteria sia con l'alimentatore!!! Del problema trovo subito riscontro nei blog e siti sui Mac decido di chiamare l'assistenza per farmelo sostituire e comincia la trafila a pagamento.

Passo dai numeri verdi, che però mi passano il numero 199, poi mi dicono che mi devono dare il numero del centro più vicino di assistenza che però scopro essere a 20 chilometri dal capoluogo di provinca in cui abito. Chiamo questo centro e siccome non sono loro cliente mi dicono di chiamare un 899!!!! Quindi prima ancora di sapere come loro risolveranno il mio problema, su un prodotto Apple quasi nuovo, dovrei pagare delle chiamate con numeri premium?? Stiamo scherzando?

Ora sono costretta a farmi un backup totale del computer e a recarmi a 20 Km sperando di trovare il tecnico (che per principio non ho chiamato dato che lo avrei trovato solo al 899).

Sarà tanto carino questo Mac, ma la mia brand perception è crollata!

Web 2.0 contro l'Impero del Male :)
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 26 Luglio 2006 

Firefox DayMa il web 2.0 esiste davvero o è solo un'illusione? Chi legge questo blog sa che io propendo per la prima ipotesi!
Il commento di Gianluca al post precedente mi dà ulteriore fiducia.

Mozilla è forse l'incarnazione più completa del web 2.0, per diverse ragioni: prima fra tutte quella di aver "sfidato" l'impero del male (si fa per scherzare eh!).

Con l'iniziativa World Firefox Day conferma di voler impostare il rapporto con i propri utenti in maniera diversa dal vecchio stile azienda/cliente:

"You chose Firefox for a reason.

You made an informed decision about the way you want to use the Web. You’ve become part of the movement on which Firefox relies – a community that is restoring balance to the Web.

Starting on July 15, the day that the Mozilla Foundation was created, we ask that you tell just one person who doesn't use Firefox why you think they should, why you do."

E' semplicemente P-E-R-F-E-T-T-O!

Lo so, forse io mi esalto un po' troppo, però credo che quasi tutte le aziende avrebbero da imparare da questo modo di comunicare.

Già con Firefoxflicks avevano rivoluzionato la pubblicità e dato una lezione di "brand building", e adesso contunuano su questa strada.

Al di là della netta superiorità dal punto di vista tecnologico e da quello dell'usabilità, la gente utilizzerà sempre di più Firefox invece di IE perchè si sente più coinvolta e più partecipe.
Tutto questo, ovviamente, IMHO ;-)

Web 2.0 contro l'Impero del Male :)
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 26 Luglio 2006 

Firefox DayMa il web 2.0 esiste davvero o è solo un'illusione? Chi legge questo blog sa che io propendo per la prima ipotesi!
Il commento di Gianluca al post precedente mi dà ulteriore fiducia.

Mozilla è forse l'incarnazione più completa del web 2.0, per diverse ragioni: prima fra tutte quella di aver "sfidato" l'impero del male (si fa per scherzare eh!).

Con l'iniziativa World Firefox Day conferma di voler impostare il rapporto con i propri utenti in maniera diversa dal vecchio stile azienda/cliente:

"You chose Firefox for a reason.

You made an informed decision about the way you want to use the Web. You’ve become part of the movement on which Firefox relies – a community that is restoring balance to the Web.

Starting on July 15, the day that the Mozilla Foundation was created, we ask that you tell just one person who doesn't use Firefox why you think they should, why you do."

E' semplicemente P-E-R-F-E-T-T-O!

Lo so, forse io mi esalto un po' troppo, però credo che quasi tutte le aziende avrebbero da imparare da questo modo di comunicare.

Già con Firefoxflicks avevano rivoluzionato la pubblicità e dato una lezione di "brand building", e adesso contunuano su questa strada.

Al di là della netta superiorità dal punto di vista tecnologico e da quello dell'usabilità, la gente utilizzerà sempre di più Firefox invece di IE perchè si sente più coinvolta e più partecipe.
Tutto questo, ovviamente, IMHO ;-)

United Music Store: il web non cambia musica...
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 25 Luglio 2006 

United Music StorePensavo e speravo che cose come "Sito ottimizzato per ... " e simili fossero ormai il passato del web. Beh, mi sbagliavo!

Incuriosito da un articolo del DailyNet riguardo ad un nuovo servizio di streaming illimitato, vado sul sito www.unitedmusicstore.it.
A questo punto probabilmente alcuni di voi non noteranno nulla di strano. Chi di voi ha Firefox però si troverà di fronte a questa pagina.

"Spiacenti, ma non sei abilitato ad accedere a United Music Store."

Avrò fatto qualcosa di male? Ho scaricato troppi mp3 con Kazaa?
No, semplicemente non uso il browser "giusto".

Non solo: "questo sito non é compatibile con Mac. Gli utenti Mac non possono scaricare brani da questo negozio poiché i file musicali non sono compatibili con sistemi che non hanno Windows Media Player"

Per con Firefox il modo di utilizzarlo c'è. In 7 (!) semplici passi, installando un'estensione (il nome dell'estensione è riportato in maniera errata...) e riavvinado il PC.

Probabilmente ad OD2 non si strapperanno i capelli, ma di sicuro non recensirò il prodotto e non sarò mai un cliente.

Qualche notizia per OD2:
- Firefox si avvicina a grandi passi al 20% di quota di mercato tra i browser
- gli utenti Mac interessati al download di musica online sono una discreta cifra, considerando il numero di file scaricati da iTunes
- fornire un servizio che sia riservato solo a chi utilizza un determinato OS, browser o lettore multimedisale è molto ma molto poco 2.0 :)

PS: complimenti anche a Tiscali, Coca-Cola, MTV, MSN, Radio 105 e Mediaworld, che hanno deciso di non fornire il loro servizio a milioni di utenti.

Tui e i blog di viaggio
Autore: Elisabetta.Oldrini | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 18 Luglio 2006 

banner_chiaro_tui.gifDopo lastminute, anche TUI.it ha lanciato un'iniziativa di marketing online legata ai blog di viaggio.
Con un concorso "a premio" (e qui potevano sforzarsi un po': un solo premio e per una meta inflazionata come il Mar Rosso) TUI invita gli utenti che hanno un blog di viaggio a partecipare al concorso semplicemente aggiungendo nel loro blog un link al sito di TUI.

Premio a parte, l'operazione di marketing legata ai blog è ben studiata perché può sfruttare l'effetto viral, siamo in piena estate prima del picco di prenotazioni e di partenze, e un concorrente, ovvero Lastminute, ha appena lanciato vivilastminute per permettere agli utenti di crearsi il proprio blog di viaggio. E magari proprio in questi blog di viaggio gli utenti metteranno il link al concorso TUI!
Se il passaparola funziona bene tra i blogger di viaggio allora potrebbe essere un gran successo ad un costo minimo grazie all'indicizzazione dei blog sui motori di ricerca e alle politiche di cross linking tra i blog.

UPDATE - Lastminute sospende i blog di vivilastminute che inseriscono i banner o i link del concorso TUI. Dicendo che si tratta di una violazione dei termini di servizio. Ma nei termini non sono riuscita a trovare riferimento a questo tipo di "violazione".

UPDATE luglio 2007 - Per i Clienti TUI: vi chiediamo gentilmente di rivolgervi direttamente al Customer Service TUI. Grazie!


SPAM, o sconosciuto...
Autore: Enrico.Bianchessi | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 24 Maggio 2006 

SPAME-mail marketer carissimi, ecco per voi un simpatico indovinello, che non mancherà certo di stimolare l'ennesimo dibattito.

Allora, stamattina mi trovo in casella un bel messaggio pubblicitario che mi "segnala" un sito per scambiare, acquistare e mettere all'asta oggetti vari..
Alla fine del messagio il mittente scrive:

"NOTA: NO SPAM POLICY - DIRITTI SULLA PRIVACY E MITTENTE
Questa email non è continuativa - non è ha contenuto commerciale e non fa parte di newsletter.
Ti è stata mandata da XXXX XXXXXX con la seguente email: XXXXXX(at)gmail.com
se per errore hai ricevuto più di una email informativa puoi comunicarmi tale fatto in modo tempestivo.

Il tuo indirizzo email è stato trovato; attraverso un manuale copia-incolla da una pagina web dove era pubblicamente visibile la tua casella email e da te pubblicata per il contatto online.

Non riceverà altre comunicazioni da parte mia su questo indirizzo email.
XXXXXi.it manda una sola comunicazione informativa; ad un singolo indirizzo email.
Non voglio disturbare il regolare transito della tua corrispondenza via email.

Il contenuto di questa email non può essere considerato spam per le informazioni riportate sopra e in quanto non è finalizzato alla vendita, di prodotti o servizi. (perchè il servizio è completamente gratis) e nel pieno rispetto della legge Informativa per il trattamento dei dati personali legge 196/2003.
Non uso la tua email per ricontattarti o per qualunque altra cosa senza il tuo esplicito consenso.

Per richiedere informazioni aggiuntive è presente XXXXX.it un modulo per il contatto online. Ogni commento - suggerimento di codice - grafica o quantaltro sara ben accetto. Grazie da XXXXXXXX"

Allora? E' SPAM oppure no?

Voi non ci crederete, ma per me oltre a essere SPAM, mi prende pure per i fondelli ....

Commenti?

Business blogs for dummies
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 14 Aprile 2006 

Visto che i business blog stanno prendendo, lentamente, piede anche in Italia, forse a qualcuno fanno comodo alcuni consigli su come implementarli al meglio.
Bill Comcowich, CEO di CyberAlert, su MarketingProfs fornisce una guida (in realtà per ora c'è solo la prima parte) in 8 punti sul tema: "How to create a successful business blog".

1] Pick your subject
2] Define your mission
3] Identify your target audience
4] Survey the landscape
5] Recruit your bloggers
6] Refine your subject/mission and differentiate your blog
7] Recruit a champion
8] Pull the plug or start implementation

Nell'articolo ogni punto viene spiegato un po' meglio. Non è un'illuminazione divina ma secondo me è molto interessante, in attesa della seconda parte.
Sarebbe interessante verificare se e come i CEO blog italiani affrontano questi temi e sono sono "compliant".

Problemi di password per Skype
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 18 Gennaio 2006 

Crescere in fretta, crescere presto! Ma anche crescere bene dovrebbe avere la sua importanza, o no? Da qualche settimana molti utenti di Skype si stanno lamentando su blog e forum perchè non hanno più modo di accedere ai loro account. Cosa è successo?

Pare, come si evince da un commenti del responsabile sicurezza di Skype Kurt Sauer, che questo disservizio si sia originato da un upgrade della sicurezza (?) realizzato con l'obiettivo di unificare la gestione delle password di account e la gestione delle password del sito share.skype.com (quello per intenderci che permette gli acquisti di skype credit etc)

Il punto è che per fare un acquisto su share.skype.com bisogna registrarsi con un indirizzo email valido, mentre per la creazione di un account semplice questo non è necessario.

Questa diversità nei processi di registrazione ha creato il problema; di fatto l'upgrade delle password share.skype.com ha riguardato anche alcuni utenti che avevano solo il semplice account o che avevano utilizzato i free skype credit (ma senza inserire un'email nel proprio profilo).

Conseguenza? L'1% degli utenti (il dato è sempre di Kurt Sauer) si sono ritrovati sbattuti fuori, con password modificata arbitrariamente e senza alcuna possibilità di riaccedere al proprio account dato che la funzionalità di reinvio password chiede anche l'email di registrazione (che, lo ripeto, non è obbligatoria per la registrazione del solo account).

Alcuni utenti (i thread sono anche sui forum del sito di Skype) sono riusciti a recuperare la propria password, ma solo dopo diversi giorni di tentativi con il costumer service; altri, come il sottoscritto, ancora no. La risposta, standard, che arriva da Skype è "siamo spiacenti, ma potete sempre creare un nuovo account".... irritante vero?

Insomma, una gran brutta figura per Skype, uno scivolone che, forse, non ha ricevuto l'attenzione che avrebbe meritato solo perchè il Voip PctoPC è ancora materia per carbonari. Ma provate ad immaginare se un disagio simile, con non ore, ma settimane di down fosse capitato alle aziende utenti di una qualsiasi telco italiana ...

La realtà è (purtroppo/perfortuna) che Skype, GTalk, etc sono giochi e trastulli per amanti del genere, ma se questi sono i livelli di servizio, il vero business ci metterà anni ad arrivare.

Finalmente è arrivata: la concorrenza!
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 13 Dicembre 2005 

Dopo un primo periodo dedicato al 100% al branding finalmente anche nel settore dei "numeri utili" la liberalizzazione sta iniziando a dare risultati positivi anche dal punto di vista dei clienti.
892892 ha inaugurato la tariffa fissa, la cosa più ovvia per questo tipo di servizi, ma che è stata tenuta in frigo fino ad ora per monetizzare al massimo il periodo iniziale di lancio. Attualmente la tariffa è di 1.8 €, ma credo e spero che le altre decine di competitor abbassino il prezzo almeno fino ad 1 €.
1254 invece ha inventato una formula più artificiosa: paghi la prima chiamata e poi hai le chiamate gratis per tutta la settimana successiva. A livello pubblicitario la trovata è carina, sebbene poco utile a livello pratico: il servizio non viene utilizzato con una frequenza elevata.

In ogni caso mi sembra positivo il fatto che la concorrenza stia finalmente portando all'abbassamento dei costi per l'utente finale, come avrebbe dovuto fare fin dall'inizio e come dovrebbe fare in maniera più sensibile anche in altri settori (tipo ADSL).

Btw la pubblicità dell'892892 continua ad essere una delle più brutte della storia secondo me :)

BzzAgent: passaparola 'pungente'
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 24 Novembre 2005 

bzzagent.gifSu segnalazione di Marco Montemagno ho scoperto BzzAgent, un'interessante azienda che si occupa di creare "buzz" attorno ad un prodotto o un evento tramite una serie di agenti.

In pratica i "buzzer" hanno un proprio account tramite il quale vedono le campagne attive, scelgono la campagna più adatta e si candidano come BzzAgents. Una volta approvati ricevono un campione del prodotto, una serie di informazioni, una guida e le indicazioni di dove e come creare il "movimento".
Il funzionamento è spiegato molto bene sul sito, in questa pagina.

Il meccanismo è sicuramente interessante (tant'è che secondo B. lo usa anche la sinistra italiana...) e, a giudicare dai clienti, anche redditizio. Fossi un'azienda con un brand di un certo tipo però sarei un po' preoccupato del fatto che "gente" sconosciuta vada in giro a parlarne.
E' vero anche che il passaparola di per sè non è controllabile, quindi tanto vale dare comunque delle direttive di massima.

So che un importante operatore di telefonia sta per lanciare un'iniziativa simile.
Non appena sarà ufficiale magari ne parlerò in un nuovo post.

PS: hanno anche un blog

Baby Boomers: la 'nuova' frontiera del marketing
Autore: Jacopo.Gonzales | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 11 Ottobre 2005 

Quest'anno circa metà dei Baby Boomers avrà 50 anni e più ("Baby Boomers" vengono comunemente definiti i nati tra il 1946 e il 1964, periodo in cui al boom economico seguì un aumento esponenziale delle nascite).
Secondo previsioni questi "senior" spenderanno 2 mila miliardi di dollari all'anno in beni di consumo e servizi.
Di questi sono stati, sin dalla nascita, il forte motore economico rimanendo uno dei più vasti ed importanti gruppi demografici d’America.

I Boomer hanno sempre ottenuto qualunque cosa volessero, senza però stabilire particolari standard o abitudini d'acquisto immutabili quando si parla di consumo.
Anzi sono sempre alla ricerca di prodotti migliori. Da sempre sperimentano prodotti e servizi e si divertono nel provare cose nuove.

Ma la vita adesso sta cambiando per loro che hanno raggiunto la soglia dei 50 anni ed oltre.

Fino ad oggi i marketer hanno seguito una di queste due strade:
1] li hanno ignorati del tutto come interessante fascia di mercato, focalizzando l’attenzione solo sugli appartenenti alla fascia d'età 18-49 anni
2] oppure li hanno targettizzati in modo improprio, ammassando tutti
gli over 50 nel segmento del "mature market", pregno di pubblicità inerente "adulti attivi" dai capelli grigi che conducono "vite attive".

Oggi i tempi sono cambiati e nessuna delle su citate strategie funzionerebbe più.

Non è più possibile ignorare i Boomer. Solo negli Stati Uniti sono circa 78
milioni, mentre in Italia la cifra si aggira intorno ai 15 milioni). C'é
semplicemente "troppo" denaro nelle loro mani per poter far finta di niente.
Inoltre l’approccio a livello di marketing non può essere lo stesso adottato per le generazioni di over 50 che li hanno preceduti, in quanto i baby boomer pensano, agiscono e sentono in modo del tutto diverso.

La vita è diversa a 50 anni. Almeno lo è stata per le generazioni precedenti. Per i boomer, comunque, la vita rimane un qualcosa che deve continuare ad offrire molte esperienze, e va vissuta non solo bene, ma meglio!

Le loro priorità quindi non sono necessariamente nuove, ma anche una rivisitazione di quelle esistenti rimesse a fuoco con l’esperienza di un 50enne.

Per i baby boomer il tempo è sicuramente trascorso, sono cresciuti, ma state tranquilli, loro non si comporteranno da "vecchi" nè tantomeno questo sarà il loro modo di percepire o vivere la vita. I Boomer mantengono ancora la stessa forma mentis che li ha contraddistinti sin dall’inizio: il sentirsi giovani.

Si vedono più giovani di 10-20 anni. Non pensano a loro come persone di una certa età che "pensano giovane", ma come persone giovani con qualche ruga e capello grigio. Cominceranno a vedersi vecchi quando avranno 70 anni.

Fino ad allora, la generazione ribattezzata dagli americani come "ME Generation" sarà indirizzata all'acquisto dal proprio modo di pensare e sentire, dopo tutto non c’e’ investimento migliore e più soddisfacente che quello fatto per sé stessi.
Per i marketer, l'implicazione principale è rappresentata dal fatto che i baby boomers vogliono apparire e sentirsi giovani, in salute, vitali e sexy.
L'unica loro meta è il vivere il più a lungo possibile, nel modo migliore possibile, provando con tenacia ed anzi raddoppiando gli sforzi nei confronti di tutti gli eventuali ostacoli. I boomer vogliono dimostrare che l'età non è sinonimo di debolezza e con il loro stile di vita elevato ci stanno riuscendo.

La maggior parte dei Boomer possiede una casa di proprietà, ha estinto o sta per estinguere il mutuo relativo alla prima casa, di conseguenza hanno risorse sufficienti per ristrutturarla, ingrandirla o comprarne una nuova.
Una previsione dell’American Demographics sottolinea come i baby boomer americani acquisteranno un milione di abitazioni ad uso di seconda casa entro il 2010. Questo significa che questa fascia socio-demografica rappresenterà una grossa fetta nel segmento dei big spender nel corso dei prossimi anni.

Inoltre da sempre i baby boomer hanno dedicato molto tempo a sé stessi (tanto da poter essere considerata come una loro peculiarità) e certo quest’abitudine è ben lontana dal cambiamento, tanto che sono alla continua ricerca di tutto ciò che è empiricamente sinonimo del godersi la vita e di riduzione dello stress, come cene in ristoranti di classe, viaggi costosi, tecnologia, automobili etc…

In fin dei conti hanno soldi da spendere e li vogliono spendere ragione in
più per non ignorare questo target!

Il Jackal Marketing su Katrina
Autore: Federico.Riva | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 22 Settembre 2005 

Alcuni si sono scandalizzati per un personaggio bizzarro che pare voglia vendere una bibita chiamata 'Katrina', con la seguente tagline: "Get Blown Away". .
Sicuramente questo tipo di "Jackal Marketing" non è molto professionale e per un motivo ben preciso; rischia di essere troppo 'diretto' per funzionare davvero.
Posto che non credo che la bibita sarà mai effettivamente prodotta, penso che lo sciacallagio sia parte integrante del marketing; soltanto, normalmente viene fatto in maniera più sottile.

Blog ROI: come capire se un blog può aiutarvi a fare business
Autore: Simone.Lovati | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 21 Settembre 2005 

Negli ultimi mesi responsabili marketing e consulenti si interrogano su come i blog possono generare ritorni in termini di business. Ma ha senso parlare di blog ROI? Come capire se un blog può essere d’aiuto?

Come spesso accade quando si parla di marketing, si genera una gran confusione sugli obiettivi e sulla reale portata delle proprie attività, si è spinti a “mitizzare” uno strumento o una tattica ritenuta di moda, per poi decretarne il “precoce insuccesso” a qualche mese di distanza.

Perciò capiamoci prima su cosa i blog non sono:
i blog non sono “magici”
i blog non sono una strategia
i blog non sono “la soluzione”
i blog non sono per tutti

I blog sono semplicemente uno “strumento di marketing”, per alcuni aspetti nuovo, per altri un po’ meno. Sono un’ulteriore tattica a vostra disposizione.
Perciò, come sempre, è lecito chiedersi quando e come possa essere adatta ai vostri obiettivi e al vostro target.

Di seguito trovate una checklist da seguire per non cadere in errore e capire quando e come un blog può aiutarvi a fare business:

1. Quali sono vantaggi e svantaggi per voi?

Dovete cercare di essere realistici. Non è obbligatorio aprire un blog!
Hanno il vantaggio di essere personali, diretti e aggiornabili in qualsiasi momento, ma “vivono” di contenuti interessanti, o siete in grado di fornirne e avete le idee chiare sugli effetti o rischiate di rimanere delusi.

Giorni fa mi è stato chiesto:
“Che differenza c’è con un sito web e la tipica area news?”…
… “Qual’è la vera innovazione di questi benedetti blog?”

Ci ho pensato un po’ poi ho risposto:
La vera innovazione dei blog è che mettono al centro le persone!

Al di là della tecnologia, dei termini tecnici e delle mode, il punto è proprio questo, un blog per un’azienda significa dar voce alle proprie persone.
Un blog significa andare oltre il “muro” del brand e valorizzare il capitale umano nella propria strategia di marketing.
“Per voi questo è un vantaggio o no?” Questa è la prima domanda che dovete porvi. Non esiste una risposta corretta a priori!

2. Qual è il target? Quali sono gli obiettivi?

Un blog è sicuramente da considerare una tattica a lungo termine, non è uno strumento di “prospect generation” a breve o una “selling machine”.
E’ uno strumento di comunicazione. Se il target che volete raggiungere non è solito utilizzare Internet o non siete in grado di stimolare una discussione che lo coinvolga, allora forse il blog non è lo strumento più adatto.
Quando analizzate il target però non pensate solo ai vostri potenziali clienti, non per forza il blog deve essere diretto solo a loro!
Pensate piuttosto agli influencers, pensate a chi può scrivere o parlare di voi.
Come vi dicevo prima, dovete integrare il blog in una strategia più ampia. Solo così potrete misurarne l’impatto e capirne il contributo.


3. Come posso sviluppare il blog?

Prima di iniziare è fondamentale capire su quali contenuti concentrare il blog, sui prodotti? …sulle tecniche di utilizzo?... sulle esigenze che risolvono?...ci sono moltissime possibilità, dovete scegliere quella più adatta ai vostri obiettivi, alla strategia che avete pensato. Ricordate sempre che i post efficaci non sono quelli che attirano il maggior numero di persone possibili, ma quelli che coinvolgono veramente il vostro target stimolandolo a parlare di voi e con voi.
Ma non solo, dovete pensare a come produrre questi contenuti, chi far parlare e come gestire commenti positivi e negativi.
Un blog, come vi dicevo, è una tattica a lungo periodo, dovete perciò pensare ad una gestione sostenibile nel tempo.


4. Come misuro i risultati?

Per concludere dovete pensare ad una metrica con cui misurare i risultati dei vostri sforzi.
Ma ha senso parlare di Blog ROI? Il titolo di quest’articolo è volutamente provocatorio, non può aver senso parlare di ritorni sull’investimento (ROI) del solo blog in senso stretto, il blog è un “mezzo”, non è un business, non è il “fine”.
Condivido le osservazioni proposte su questo concetto inTo blog or not to blog ?” di Enrico.
Ma attenzione, questo non significa che un Blog non possa concorrere all’ottenimento dei risultati o peggio che il suo contributo non sia in alcun modo misurabile.

L’obiettivo di tutte le imprese è il profitto. Come capire l’influenza di un blog sul profitto? Dovete per prima cosa identificare le fasi del percorso che porta i vostri clienti ad acquistare da voi, il blog influenza una o più di queste fasi. Pensate a questo percorso come ad un imbuto (“funnel”) a più strati, il blog e le altre attività di marketing si occupano di far passare un potenziale cliente da uno strato al successivo, è così che contribuiscono all’obiettivo finale: la vendita. La metodologia che ne deriva viene spesso identificata come “Sale Funnel”.

Il concetto di base è molto semplice: in ingresso al “funnel” c’è il mercato potenziale, in uscita le vendite concluse, in mezzo il duro lavoro del marketing e delle vendite!

Google, da squalo a sushi?
Autore: Gianluca.Diegoli | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 8 Settembre 2005 

Interessante la teoria "darwiniana" di Laura Ries nel contestare l'apparente strategia (per il momento di successo, per la verità) di Google di occuparsi di qualsiasi cosa, dal VOIP al WIFI, dai blog alla mail, dai sistemi operativi all'ecommerce.

But today, rich and powerful Google is going backwards on the food chain. Google was once a small nimble fish that became an killer whale, and now looks more like an octopus. Google has its tentacles in way too many divergent businesses.

The problem is that the octopus model for running a business is all wrong. Building a strong base and then stretching out your tentacles in all directions gets your brand in trouble. It confuses the consumer as to what your brand stands for. It confuses the company as it what it stands for. It confuses management as to who the enemy is. It confuses R&D as to what direction to go. It confuses the advertising agency as to what the message is. It confuses the public relations agency as to what the buzz is.

Google starebbe ripetendo l'errore di Microsoft, l'ultimo grande octopus: occuparsi di tutto, dai tablet all'xbox, senza risultare profittevole in nessuna di queste attività collaterali. E alla fine l'octopus diventa sushi nelle fauci del prossimo small killer nimble fish.

Google sushi anyone?

Gmail. A pensare male si fa peccato...ma...
Autore: Federico.Riva | Categoria: Marketing | Data: Sabato, 3 Settembre 2005 

Penso che valga la pena farne un post ad hoc, per questa notizia che - mea culpa - non conoscevo, anche se è strettamente correlata a quanto diceamo due post fa. Cmq il fatto è questo: Google Gmail, come quasi tutti sanno, è 'a invito', come per Orkut e tanti altri prodotti not-google, per avere un account Gmail devi essere invitato da qualcuno che già ce l'ha. E fin qui tutto bene, anche se la cosa potrebbe essere criticabile. Ma le cose adesso finalmente cambiano! Dopo più di un anno di 'beta' (as usual) Google annuncia adesso che sarà possibile iscriversi a Gmail senza essere invitati! Basterà...fornire il proprio numero di cellulare. Il motivo? Solo così Google sa che a iscriversi è stata 'a real person'.

"Sign up for Gmail"
8/24/2005 05:44:00 PM

Posted by Keith Coleman, Gmail Product Manager

It's pretty exciting to see those words on the Gmail homepage. For the last 16 months, a lot of people have been asking us how they can sign up for Gmail, and today we're happy to be able to say, "Just go to gmail.com." From there, you can get an invitation code sent to your mobile phone, and with this code, you can create a Gmail account. Once you have Gmail, you can try out our brand new IM and voice service, Google Talk.

Why use mobile phones? It's a way to help us verify that an account is being created by a real person, and that one person isn't creating thousands of accounts. We want to keep our system as spam-free as possible, and making sure accounts are used by real people is one way to do that.

We're also working on some new mobile features that will make your Google account more useful and secure, such as SMS alerts and password recovery. When you sign up using your mobile phone, you can choose to save your number with your account so you can use these features as soon as they become available.

Right now, sign-ups only work with U.S. mobile phone numbers, but we're eager to support others. With Gmail now available in 29 languages (and counting), we're already working hard to bring you "注册 Gmail 邮箱," "Зарегистрироваться в системе Gmail," "Abra sua conta no Gmail" and many more.

A parte il giudizio di 'not real person' per chi non possiede un telefono cellulare (francamente pazzesco), mi sembra evidente che questo sistema nulla ha a che fare con l'evitare lo spam (che cosa c'entra?), ma con il correlare gmail-google talk e numero di cellulare alla medesima persona (che cosa vuoi di più dalla vita?).

Questa novità non sarà 'evil', ma non mi sembra molto 'fair'...Certo potete dire che uno può non aprirsi Gmail e usare un altro provider. Vero, ma fino a un certo punto; prevedendo l'enorme diffusione di GoogleTalk, ci sarà un momento in cui tutti più o meno saranno 'indotti' a utilizzarlo; un po' quello che è avvenuto con il 'passaggio' da icq a msn messenger. Tutti gli 'amici' con cui parlavo in ICQ (tranne qualche 'incorruttibile') adesso vogliono parlare solo con msn. Quando accadrà questo anche per GoogleTalk (che magari permetterà di telefonare pc2phone gratuitamente) allora accadrà che sarà obbligatorio iscriversi a Gmail (altra anomalia di questo messenger/futuro Voip) e quindi sarà necessario dare il proprio numero di cellulare.

Tutto bene. Ma non ditemi che serve per vedere se sono una persona...reale.
Purtroppo il 99% delle persone se la berrà così.


A proposito di permission marketing
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 1 Settembre 2005 

Oramai la parola permission marketing o se vi piace di più marketing collaborativo è entrato nel vocabolario di chi fa marketing digitale.

Spero che oramai la maggior parte dei frequentatori di IMlog siano convinti che un marketing intrusivo, imposto non funziona.

Ho avuto modo di scrivere in passato che la privacy debba a mio parere essere considerata un asset e non un vincolo, ecco perché ritengo che il meccanismo del doppio opt in sia veramente il minimo, da una parte per salvaguardare gli utenti e dall'altra per ottenere leads utili nel proprio database.

Ricordiamoci che chi si iscrive ad una qualsiasi lista ci da un permesso che può:

  1. essere sospeso
  2. essere revocato
  3. avere una validità temporale limitata
  4. essere spostato ad altre aree di interesse

L'utente deve a mio parere, avere la possibilità in ogni momento di modificare le sue preferenze e potere decidere se non ricevere più messaggi, aumentare o diminuirne la fruizione o modificare i contenuti che desidera ricevere.

Ovviamente i messaggi devono essere strettamente attinenti al permesso ricevuto, ciò significa che se un utente ha acconsentito a ricevere informazioni commerciali relative alle promozioni di prodotti di abbigliamento, non è possibile inviare senza la sua autorizzazione informazioni di natura diversa.

Per questa ragione ritengo che un marketer che si rispetti non debba fermarsi al doppio opt in, ma spingersi ancora più in profondità. In questo caso le domande da porsi devono essere quattro e non solo una relativamente al permesso.

Desidera l'utente ricevere messaggi da parte nostra? (opt in)
In quale momento possono essere inviati i messaggi? (opt when)
Con quale frequenza e modalità possono essere inviati i messaggi? (opt how)
Attraverso quali mezzi e dove possono essere inviati i messaggi? (opt where

In questo modo se costruiamo una comunicazione integrata che non utilizza solo la posta elettronica, ma anche il cellulare, diamo un vero servizio ai nostri clienti attuali e potenziali.

Che ne pensate?

Lancio di un nuovo prodotto: come evitare gli 'errori capitali'
Autore: Simone.Lovati | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 24 Agosto 2005 

Migliaia di nuovi prodotti vengono lanciati sul mercato mondiale ogni anno. Migliaia di essi non si trasformano in successo in gran parte per un’errata strategia di marketing. Perché? Migliaia di errori?

No! In genere un errore solo: non rispettare i fondamentali del marketing, ossia quel processo che sta alla base di ogni strategia vincente: segmentazione del mercato > studio del target > definizione del posizionamento ideale.

Di seguito trovate una sintesi degli errori più comuni che mi è capitato di riscontrare durante gli ultimi cinque anni di consulenza. Per ogni errore ho cercato di proporre un consiglio che vi possa aiutare ad evitare di cadere in inganno in futuro e a trasformare ogni nuovo prodotto in un successo.

Il Marketing e la Ricerca e Sviluppo (o L’ufficio tecnico) non lavorano insieme
Molti marketing manager lavorano con un marketing mix che si riduce ad una P sola: la Promozione.
In molte imprese italiane il marketing si occupa solamente di pubblicità, branding, fiere ed eventi aziendali. Ora, non dico che queste attività non siano fondamentali, ma lavorare solo con esse risulta riduttivo in quanto il prodotto (o il servizio) da lanciare già esiste!

Per migliorare la propria efficacia i marketing manager devono "risalire" il processo decisionale, devono collaborare con il reparto ricerca e sviluppo o con l’ufficio tecnico per segmentare il mercato, identificare il miglior target e costruire con esso un prodotto (o un servizio) che realmente risponda alle sue esigenze.

Il Marketing non si concentra abbastanza sul target
Il marketing non conosce veramente il target da colpire, le sue esigenze, le sue abitudini.

Facciamo un esempio:
Supponiamo che dobbiate invitare dei prospects alla presentazione di un nuovo prodotto e abbiate una buona lista di nominativi che vi hanno dato il permesso di inviare offerte commerciali via email.
Siete sicuri che i nominativi che avete siano realmente interessati a quel prodotto?
Nelle imprese che seguono questo ‘vizioso’ processo i nominativi vengono selezionati per caratteristiche demografiche (età, sesso…), nel B2C, o per fondamentali economici (SIC, ATECO, fatturato, numero addetti), nel B2B. Poi viene inviata loro una o più email di invito.
Ma siamo sicuri che l’email sia di interesse per queste persone? ... Funziona?
Se vi è capitato di ricevere email da società che conoscete e buttarle al volo nel cestino, la risposta la conoscete già!

Ormai le persone sono saturate di impegni, di riunioni e di email. Non si può più pensare di inviare email generiche nella speranza che siano d’appeal per il destinatario.
Bisogna conoscere bene le esigenze dei destinatari, non solo le loro caratteristiche. Bisogna inviare email personali e specifiche sulle esigenze del destinatario, solo così si può pensare di aver successo.

Il Marketing chiude gli occhi e sceglie la strada più sicura
Molti marketing manager preferiscono non rischiare, "vanno sul classico" per non essere poi incolpati di futuri insuccessi. “Nessuno potrà mai dire nulla se per lanciare un prodotto pianifico sulla rivista di settore y su cui pianifichiamo ogni anno” oppure “Nessuno potrà lamentarsi se continuiamo a partecipare alla Fiera x, che facciamo ogni anno”. Ora nulla in contrario con il la rivista y e la fiera x, ma non sempre sono la scelta migliore. Molti sanno di sprecare budget su tattiche consuetudinarie e assolutamente poco efficaci, ma non vogliono assumersi il rischio del cambiamento!

Quante volte mi è capitato di sentire "…lo so, lo so che non è tanto efficace, ma piace all’A.D., quindi si fa!".

L’A.D. vuole risultati, vuole profitti. Ma non è sempre chiaro quali risultati vuole dal marketing. In più di solito il marketing è visto come un costo, perciò è la prima risorsa da tagliare in tempi di crisi.
Quindi molti pensano sia meglio non contraddirlo e "chiudere gli occhi".

Per risolvere il problema per prima cosa dovete da subito chiarire i risultati attendibili da ogni nuova iniziativa di marketing.
Se volete “far passare” nuove iniziative dovete cominciare a calcolare e monitorare il ROI delle vostre attività di marketing. Dimostrarne il valore in termini di profitti, confrontare vecchie e nuove tattiche su tali basi e presentare le vostre fondate decisioni all’A.D.

Il Marketing inizia a pianificare il lancio quando il prodotto è già disponibile
Alcune aziende hanno il vizio di pianificare il lancio di un nuovo prodotto all’ultimo momento!
Ma il piano va studiato nel dettaglio, non si può pensare di iniziare a lavorare quando il prodotto è già in vendita o lo sarà da lì a pochi giorni.

Bisogna convincere il management che tale pianificazione va studiata a partire da quando si decide di entrare in produzione, non quando si è pronti a vendere!

Il Marketing e le vendite non si parlano
La maggior parte dei marketing manager non seguono e non conoscono il ciclo di vendita dei propri prodotti. Credono che il loro ruolo finisca con la generazione dei prospects. In tali casi sembra che Marketing e vendite abbiano obiettivi e metriche diverse. Il Marketing vuole più visitatori sul sito, più iscritti alla newsletter…etc. Le vendite più chiusure.

Il Marketing e le vendite devono sincronizzare di più i loro sforzi.
L’obiettivo è lo stesso per entrambe: la crescita del business sui clienti attuali e sui nuovi!

Il ciclo di vendita deve essere monitorato dal marketing. Il ROI delle tattiche di marketing va monitorato durante il lancio di un nuovo prodotto.

Bisogna capire perché alcuni prospect non vengono conquistati o sembrano avere un processo d’acquisto molto lento. Per migliorare il marketing e aumentare continuativamente la propria efficacia.

Podmarketing?
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 20 Luglio 2005 

ipod_ad.gifOrmai fa figo far cominciare tutte le parole per pod, quindi ero molto contento di aver pensato alla parola podmarketing, salvo poi scoprire che era già stata utilizzata da tale Frank Salerno il 1 luglio...

Che sia originale o meno questa parola a mio modo di vedere ha senso eccome! L'iPod è attualmente l'epicentro di una tempesta mediatica, on e off-line, di rara intensità: è il must have del momento, accomuna smanettoni e newbies, non ha più a che fare solo con la musica, non è più solo uno status symbol, ci sono centinaia di libri dedicati. Il termine "lettore Mp3" non si usa più: ipod è come scottex, kleenex, post-it.


Il podcasting esiste da pochi mesi ed è già sulla bocca di tutti, così come il conseguente podvertising. Ma l'ipodmania sta dilagando anche e forse soprattutto in ambienti che poco o nulla hanno a che fare con la tecnologia, e sta acquisendo visibilità sui media tradizionali in un modo e con una forza difficilmente vista in precendenza per apparechi tecnologici, se escludiamo ovviamente il cellulare.

E' per questo che si può a pieno titolo parlare di podmarketing: tutto ciò che ruota attorno a questo oggetto fa discutere e riscuote interesse, e le iniziative sono le più varie e disparate.
Io, per non saper nè leggere nè scrivere, ho acquistato il dominio www.podmarketing.it ;-)

Il vero competitor di Google? L'Rss!
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 20 Luglio 2005 

Mi risveglio dal torpore estivo per segnalare (via Micropersuasion) l'analisi di Kavin Hale sull'importanza dell'Rss e sulle ripercussioni che il suo sviluppo può avere anche per il futuro di Google.

L'articolo mi sembra davvero illuminante nell'inquadrare il tema della rilevanza delle informazioni e dei suoi attributi (velocità di aggiornamento, flessibilità degli strumenti d'accesso etc)

Cito un breve passo: "I think what they (Google ndr) are afraid of is the rise of applications that seem to be tracking importance and trends better than search. In the race to find what deserves face-time, services like del.icio.us, Technorati and Digg.com in combination with the rapid adoption of web apps like bloglines, newsgator, feedster and kinja are making Google’s search seem very, very slow. And it’s all being accomplished with RSS technology."

Buona lettura!

Logos for sale
Autore: Enrico.Bianchessi | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 18 Luglio 2005 

Una breve "provocazione" (proviene dal buon Seth Godin) circa il reale significato del logo. Pixellogo è un sito dova si trovano centinaia di loghi per ogni tipologia di business, pronti all'uso, a partire da poche centinaia di dollari. Ho navigato un po' tra le varie categorie e devo dire di averne visti alcuni veramente interessanti. Ma non è questo il punto.
Il nostro Seth si domanda, giustamente, se valga la pena di investire tempo e danaro ( a volte se ne investe davvero parecchio ) per creare un logo che dovrà stamparsi indelebilmente nelle menti di tutti quelli che lo vedranno. Il logo non è di per se' un valore, se non DOPO che l'esperienza di consumo gli associa valore e reputazione. Da pensarci. Il post di Godin

Il marketing italiano dei servizi
Autore: M. Bancora | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 28 Giugno 2005 

tube.jpgSarà questo caldo che mi rende insofferente, ma ci sono esperienze di acquisto per cui uno rimane con lo sguardo perso nel vuoto e col pensiero rivolto alle persone che gestiscono il marketing dei servizi di certe aziende. Esperienze per cui se uno chiede di prenotare un parcheggio all'aeroporto di Malpensa, gli viene richiesto un fax e quando chiede se è possibile ricevere il modulo per mail, si sente rispondere che questa possibilità non esiste. La stessa sensazione uno la prova quando visita il sito dell'ATM di Milano, dopo aver interagito per mesi con il servizio della Metropolitana di Londra.

892 Fastweb; tanta cartomanzia, poca trasparenza
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 17 Giugno 2005 

fastweb.jpgQuello dei micropagamenti online è IL problema per molte piccole realtà che cercano strumenti flessibili e affidabili per far pagare, ad esempio, i propri contenuti online.

Nel nostro paese, non potendo contare su una larga diffusione della carta di credito, molti piccoli e medi editori si sono orientati ad utilizzare i numeri a tariffazione speciale del tipo 899 e, negli ultimi tempi, 892 (in teoria riservato a servizi di carattere "sociale-informativo").

Il punto è che, come tutti sappiamo, in questo settore i servizi più redditizzi (anche per gli operatori di telefonia) sono quelli legati al mondo "incontri" ed alla "cartomanzia"; si tratta di servizi spesso poco chiari e trasparenti, ma che, per la loro natura, tendono ad avere (purtroppo) un largo bacino di utenti "interessati".

Proprio in merito a queste numerazioni, nelle ultime settimane, ho scoperto, sulla mia pelle, un fatto curioso (e preoccupante) che vado a raccontare; di fatto le numerazioni che si possono acquistare del tipo 892 sono due, a 6 e a 9 cifre.

Chiaramente le numerazioni a 6 cifre hanno un costo annuo importante (intorno ai 26.000 euro) contro un costo quasi simbolico per le numerazioni a 9 cifre; nella mia ingenuità pensavo che il costo delle numerazini a 6 cifre fosse giustificato dal fatto di poter in pratica disporre di una numerazione esclusiva (per 999 numeri)

In realtà non è così; Fastweb infatti può vendere ad un cliente un numero 892.xxx e poi RIvendere lo stesso numero 999 volte per tutte le estensioni possibili creando però evidentemente notevoli disagi per chi acquista il numero a 9 cifre.

Nel mio caso, ad esempio da quando abbiamo attivato questo servizio riceviamo quotidianamente decine di email e telefonate di proteste da parte di clienti che cercano di raggiungere il nostro servizio editoriale (9 cifre) e che invece vengono reindirizzati ad un servizio di cartomanzia (che ha acquistato il numero radice a 6 cifre) creando un notevole danno d'immagine.

Dopo innumerevoli richieste di chiarimenti a Fastweb, tutte più o meno delicatamente rimbalzate (assistenza clienti? naaa), abbiamo scoperto che questo inconveniente può capitare perchè, ad esempio, chi compone il numero è troppo lento nella digitazione (?!) oppure perchè, chiamando da cellulare, l'operatore mobile passa i toni di chiamata troppo lentamente.

Ora non so come si regolano gli altri operatori, ma di fronte ad un disservizio simile (legale o meno, non discuto) viene da chiedersi quanto veramente Fastweb e gli altri siano interessati a far crescere il mercato e quanto invece non siano semplicemente interessati a mungere il più possibile la "nuova" numerazione per poi, alle prime denunce, battere rapidamente la ritirata in attesa di tirar fuori un nuovo numero riservato a servizi di "sociale-informativo".

Non chiamatelo posizionamento, please
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 16 Giugno 2005 

David Aaker, Jack Trout e Al Ries, sono forse tra i principali studiosi del brand come asset strategico per qualsiasi organizzazione.

Il libro "Positioning", di Jack Trout e Al Ries, pubblicato per la prima volta nel 1979, è uno dei capisaldi della letteratura di marketing.

Al Ries ha sempre detto che il posizionamento è nella testa dei consumatori, ma esso è attualmente la risultante di un processo che parte da una precisa strategia aziendale.

Nick Wreden, brand futurist, come ama definirsi ed autore del best seller Fusion Branding, ritiene che il concetto di posizionamento top down sia superato e che oggi si debba parlare di wikificazione del brand come processo collettivo dinamico di creazione di senso.

Il concetto in linea generale è assolutamente interessante e condivisible, anche se non è stato ancora ben spiegato. La strategia di Wreden è chiara, creare un po' di curiosità, su un libro che sta per uscire.

Una cosa ci appare invece molto chiara. Blogs, wiki, rss, non devono essere intesi solo in termini tecnologici, ma soprattutto come abilitatori di nuove dinamiche relazionali tra un brand ed i suoi pubblici, i cui risvolti cominciamo ad intuire solo ora. Siamo infatti solo all'inizio di una profonda trasformazione culturale, in cui al centro ci sarà un'economia sempre più basata sugli intangibles, unica risorsa per poter competere con una Cina sempre più agguerrita sotto il profilo commerciale.

Gli strumenti per comunicare e per ascoltare non ci mancano, ora abbiamo un disperato bisogno di sviluppare nuovi modelli di marketing e di comunicazione che ci consentano creare e arricchire la notra proposizione di offerta e di significato di un nuovo valore per i clienti attuali e potenziali e per la società nel suo complesso.

Flying Marketing
Autore: Enrico.Bianchessi | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 8 Giugno 2005 

I viaggiatori di un volo Alaska Airline diretti a Washington, hanno potuto sperimentare l'ultima trovata delle linee aeree per "fare cassa".

Nel periodo in cui i suddetti viaggiatori erano in attesa dell'atterraggio (30 minuti rigorosamente seduti e con cinture allacciate, in ossequio ai severi standard di sicurezza americani) gli altoparlanti in cabina passeggeri hanno diffuso la voce di uno steward che li incoraggiava a sottoscrivere una carta di credito della Bank of America, mentre i suoi colleghi giravano tra i viaggiatori (impossibilitati a fuggire...) con i contratti pronti da firmare.

In caso di successo l'equipaggio tutto viene premiato in sonanti dollaroni. Pare che il fenomeno sia in crescita e le compagnie aeree siano entusiaste di poter vendere questi "spazi" promozionali in tempi finanziariamente così difficili.

I commenti naturalmente sono i più diversi.

C'è chi raccomanda di comprarsi un bel paio di cuffie fono-isolanti, chi accetta la cosa dicendo che se è il "prezzo" da pagare per un volo a basso costo, ben venga.

Personalmente, voglio la cuffia.

Il cliente ha sempre ragione, ma a che prezzo?
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 9 Maggio 2005 

Qualche mese fa parlavamo di Wall*Mart, del suo successo e della capacità di competere in mercati diversi con una mission chiara e lineare: vendere a meno.

Nei commenti a quel post, giustamente, qualcuno sollevò obiezioni in merito al trattamento riservato dalla compagnia ai dipendenti citando le cause in corso e le mobilitazioni dei piccoli commercianti contro l'apertura di nuovi mega-store.

Nelle ultime settimane le proteste dei dipendenti RyanAir contro la nuova politica aziendale di contenimento dei costi mi sembra ripropongano la questione; in pratica ai dipendenti è stato chiesto di NON ricaricare il proprio cellulare utilizzando la rete elettrica aziendale permettendo così, moltiplicando il risparmio della singola ricarica per la somma dei dipendenti in un anno, di abbassare ulteriormente i prezzi dei biglietti.

La domanda allora è: fino a che punto è giusto e corretto "spremere" il costo "umano" per portare un vantaggio al cliente finale?

E' chiaro che non sto parlando di "sfruttamento" del lavoro, ma di quella sottile linea d'ombra che permette, restando nella legalità, di limitare i costi generali che migliorano la qualità di vita dei dipendenti in azienda.

Quando il rischio del malcontento del personale diventa più importante della conquista di un punto percentuale nelle vendite?

Il mercato dei classified (USA) in calo del 20% nel 2007
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 3 Maggio 2005 

il logo della NaaE' quanto hanno dichiarato due analisti McKinsey (Luis Ubinas e Jochen Heck) nel corso di un intervento alla conferenza annuale della Newspaper Association of America.

L'effetto internet, di fatto, si sta traducendo in una corsa al ribasso di prezzi pubblicitari; le tariffe una volta applicate dai giornali cartacei e giustificate da un lato dai costi di distribuzione/carta e dall'altro dalla assenza di alternative, non hanno più ragione di esistere con l'avvento ed il proliferare delle offerte di servizi sostitutivi via web.

Non si tratta quindi di un travaso di ricavi da cartaceo a web: l'efficenza delle aziende nate su web permette però a queste una politica di prezzi (a parità di risultati) che è fuori mercato per i player tradizionali.

A fare la differenza in questo campo, a mio modo di vedere, sarà proprio la capacità di strutturarsi in modo economico ed efficente; tenendo presente che i prezzi pubblicitari non torneranno a salire nei prossimi anni, diventa infatti cruciale riuscire a contenere i costi di gestione.

La componente tecnologica giocherà un ruolo fondamentale, ma solo in ottica di semplificazione dei processi; non credo che servizi come le Yellow Pages di Amazon o le mappe locali di Yahoo! possano rappresentare valore aggiunto in questa competizione.

Sono invece i servizi di "automazione" nella gestione delle inserzioni (penso ad Adwords) che vanno presi a modello perchè il calo dei ricavi è comunque inevitabile e quello che una volta era considerato l'eldorado dell'editoria, non tornerà più.

Fashion Marketing
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Marketing | Data: Domenica, 17 Aprile 2005 

Le persone con le quali ho sviluppato contatti professionali negli ultimi anni sanno che uno dei miei principali ambiti di interesse sono le nuove tecnologie della comunicazione applicate al marketing (o anche viceversa). Si passa quindi per internet, il mobile, la tv digitale interattiva e così via.
In questi giorni, complice il fatto che lavoro in prossimità di via Tortona - luogo dove, in quella che è stata chiamata Zona Tortona, si sviluppano buona parte degli eventi del Fuori Salone '05 - e complice un mio "antico" (ma sempre vivo) interesse per il design, ho elaborato alcune riflessioni su un tema per me inusuale, il Fashion Marketing, o meglio: del marketing applicato ai prodotti dello stile e del design (made in Italy o meno che siano).

Durante una lezione del master in marketing che ho appena conseguito, dedicata al Fashion Marketing, un docente ha chiesto a noi studenti cos'è per noi un prodotto "fashion" o di design; stimolato dalla domanda ho pensato, e proposto al docente, una risposta piuttosto criptica: un prodotto dotato di valore percettivo preponderante rispetto al valore dato dalla sua funzione. Con questa mia "uscita" intendevo puntare l'attenzione sugli aspetti immateriali/percettivi dei prodotti la cui essenza si basa fondamentalmente sullo stile e sul design.
E' oltremodo vero che ciò non vale più solo per i prodotti "fashion"; tutti i prodotti, anche quelli comuni, sono ormai investiti da un valore percettivo, ovvero da una sovrastruttura slegata dalla funzione del prodotto stesso e più legata invece ai valori delle sfere emotiva e sociale.

Come ogni professionista del marketing sa, una delle componenti (dette leve) del marketing è il prezzo di sell-out, quello a cui il prodotto viene proposto al cliente finale. Il prezzo di sell-out, la cui entità si riflette sulla redditività del prodotto (quindi sul conto economico di prodotto), è stabilito sulla base di diversi fattori, uno dei quali è il livello di deterrenza all'acquisto. Il dilemma, nel caso di prodotti caatterizzati, come prima detto, da un alto valore percettivo è: quanto la componente immateriale di un prodotto, legata alla sfera emotiva, è monetizzabile (trasferibile nel prezzo di sell-out) senza fare da deterrente all'acquisto.

Personalmente, in quanto particolarmente affascinato dal design, ma senza esserne vittima, spesso (sempre?) faccio fatica a giustificare il prezzo di sell-out che alcuni prodotti di design hanno, basato solamente sul plus valore percettivo di questi. Ciò mi accade soprattutto di fronte a prodotti che, pur di grandi nomi (stilisti o designer) spesso e volentieri non presentano particolari innovazioni o stili distintivi che ne giustificano il prezzo (a volte si tratta davvero di normali jeans, o normali occhiali, con un logo/nome famoso stampato sopra).
Il principio che anima il marketing è quello di creare vantaggio competitivo, ovvero prodotti non facilmente copiabili; sembra che ciò non valga per alcuni designer e stilisti (in verità soprattutto questi ultimi). Si preferisce investire in comunicazione per ammantare il prodotto di un valore percettivo (e di un vantaggio competitivo) alquanto labile, spesso non supportato da reali qualità del prodotto, il quale risulta di fatto facilmente "clonabile". Ciò peraltro sembra creare un circolo vizioso che costringe a continuare ad investire in comunicazione per cucire sul prodotto nuovi valori percettivi non basati su qualità reali.
Si crea così un paradosso: quello di dover investire somme ingenti in comunicazione per costruire valori percettivi che giustifichino un certo (alto) prezzo. Non posso fare a meno di chiedermi...e se questi soldi, non dico tutti ma almeno il 50%, venissero investiti su innovazioni di design e di materiali?

Insomma...mi viene da dire che il design è una cosa seria, dove si parla di sperimentazione su occasioni d'uso, funzioni e materiali innovativi...dove la creazione di un prodotto dovrebbe seguire ad un'analisi dei problemi esistenti (un pò come nel marketing); ma sembra che tutto ciò, spesso, non interessi. Ciò che si insegna nelle scuole di design, viene disatteso nell'impresa di moda o di design.
L'approccio più corretto viene portato avanti unicamente da singoli...e visionari, che sono riusciti a costruirsi un nome e quindi possono permettersi di fare certe cose. D'altronde le possibilità per un giovane designer di ragionare fuori dagli schemi impostati, con investimenti milionari (in euro), dai grandi nomi, in particolare della moda, non sono molte.

Esistono anche piccole realtà che ci provano, andando a pescare nella sfera dell'immaginario e della sensibilità sociale le idee per sviluppare prodotti di "design intelligente". Cito a titolo di esempio, sottolineando che nulla mi lega a loro (quindi non li segnalo per fare pubblicità), il lavoro di Notcom: il loro lavoro usa come bacino la sensibilità sociale che si sviluppa all'interno di movimenti come Criticalmass. Il loro prodotto ha la caratteristica di assorbire le spinte provenienti da istanze esterne al mondo del design e dell'impresa: il metodo è quello di pescare all'esterno del proprio ambito per non diventare inutilmente auto-referenziali. La logica è, si potrebbe dire, bottom-up anziché top-down.

I cookie stanno morendo...evviva i SOs!
Autore: Federico.Riva | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 1 Aprile 2005 

La 'cookie crisis', come ormai è definita in U.s.a nei forum più importanti, ha ormai raggiunto la fase in cui da una situazione di 'panico' (o di arrabbiatura, per chi non voleva divulgare questi dati...) si è passati alle possibili soluzioni.

Ricordiamo che qualche giorno fa, la JupiterResearch pubblicava dei dati dai quali emerge che circa la metà degli utenti internet elimina i cookie (o li fa eliminare automaticamente dai software anti-spyware etc) mensilmente; c'è anche un 12% degli utenti che li cancella (o li fa cancellare) quotidianamente.

Il dato mi sembra rilevante per molti aspetti, ma quello che più mi rende felice è che adesso gli editori hanno in mano delle armi in più per potersi opporre all'ordalia del Pay per action che imperversa purtroppo sempre di più, segno di un mercato ancora totalmente immaturo e dove chi dispone dell'audience ma non di un brand consolidato è quasi costretto a 'vendere' i propri spazi in revenue sharing.

Sono sempre stato contrario al revenue sharing per diversi motivi; il più importante è che secondo me annulla la dimensione imprenditoriale e 'di rischio' dell'acquisto di pubblicità. il principio secondo il quale 'pago se va bene' è profondamente unfair e si basa esclusivamente sulla posizione di forza che i buyer hanno nei confronti di chi vende pubblicità in Internet; nessuno si sogna di fare un discorso del genere a publoitalia o anche a una televisione locale (e tanto meno a chi produce volantini a risma...).

Il principio è fondamentalmente sbagliato (e direi sballato) perché tutto il rischio è dalla parte dell'editore e nessun rischio soffre invece chi acquista. L'editrore inoltre si accolla tutte le possibii carenze dell'acquirente. Il prezzi sono troppo alti? ne soffre l'editore...Il sito non è usabile? Ne soffre l'editore. Il marchio è talemente noto che una grande percentuale si è già iscritta ai suoi servizi? Ne soffre l'editore...Questo per quanto concerne il discorso 'di merito'.

Poi c'è anche un discorso di 'metodo'; come tracciare gli acquisti? a chi attribuire la commissione s sono più di uno i siti che hanno fatto conoscere un prodotto o un servizio via internet? CJ e TradeDoubler hanno due politiche diverse e opposte in questo caso, ma entrambe (come altre decine di società) utilizzano i cookie come sistema (apparentemente infallibile) di tracking.

La ricerca della Jupiter ha dimostrato che il sistema non è affatto infallibile e che quindi la società che acquista pubblicità in revenue sharing corrisponde all'editore solo una percentuale delle vendite che sono state effettivamente effettuate per suo 'merito'...Io sono sempre stato favorevole al coupon elettronico; se acquisti insrendo un semplice codice numerico, ti sarà riconosciuto uno sconto o un'agevolazione; per quanto il vantaggio o il risparmio sia minimo, solo pochissimi vi rinunceranno e le vendite saranno tracciate molto più efficacemente.
Ho appena letto un articolo di clickz ; adesso sembra che la soluzione all'inaffidabilità dei cookie stia in un prodotto di Macromedia; si tratta dei SOs (Local Shared Objects) che possono essere 'inseriti' nella macchina di un utente internet semplicemente attraverso un Javascript introdotto nella pagina web.

Il principio è lo stesso dei cookie 'classici'; il vantaggio è che questi SOs sono ancora per lo più sconosciuti e quindi non sono oggetto di cancellazione automatica o manuale. Quanto ci metteranno le società che intermediano il revenue sharing ad applicare questa nuva tecnologia? Aspetteranno che gli utenti conoscano molto bene questi cookie di nuova generazione cosicché perdano anch'essi di efficacia?

By the way, il sistema di tracking attraverso cookie è utilizzato anche da tutte quelle società che acquistano pubblicità in modalità PPC; il CPC è - purtroppo - spesso calcolato in base ai MWR (most wanted responses) che riescono a generare...Quale sarà l'effetto di questa inefficienza dei cookie su un mercato (quello italiano) in cui i CPC sono mostruosamente più bassi delle medie statunitensi?

Flickr (alla fine) acquistato da Yahoo!
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 21 Marzo 2005 

flickr_logo.gifDopo settimane di "contesa" è arrivato l'annuncio ufficiale; Flickr, l'innovativa piattaforma per la condivisione online di immagini, è stata comprata da Yahoo! e la notizia si sta rapidamente diffondendo in rete.

La mossa di Yahoo! sembra mirata al completamento dell'offerta dopo il lancio la scorsa settimana della loro piattaforma blog (Y!360) e di sicuro, vista la qualità di Flickr, la scelta può rivelarsi estremamente interessante. Ai primi dubbi e timori degli utenti in merito alle conseguenze dell'accordo ha già risposto Caterina Fake, direttamente dal corporate blog di Flickr; nulla cambierà ed anzi, sia gli utenti pro, sia gli utenti free, avranno più spazio e servizi aggiuntivi.

Tuttavia, non tutti gli utenti sembrano contenti di questo cambiamento; dal mio punto di vista, punto di vista interessato visto che sono un utente pro, la curiosità maggiore sta nel capire in che modo l'offerta verrà rimodulata.

Posso essere disponibile a pagare un servizio 40$ verso una piccola azienda che sta crescendo e con questa cifra io stesso "investo" per il miglioramento del prodotto, ma per 40$ pagati a Yahoo! mi aspetto davvero tappeti rossi e champagne! :)

Staremo a vedere!

Anche i blog hanno (l')influenza
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 18 Marzo 2005 

Interessante analisi del fondatore di Tecnorati, David Sifry , sulla crescita di valore dei blog come fonte informativa rispetto ai siti dei media tradizionali.

La valutazione, basata sul numero di link ricevuti dal particolare sito, conferma nelle prime posizioni i mainstream media sites come New York Times, Washington Post e CNN, ma presenta in posizione di tutto rispetto anche alcuni blog come Boing Boing o Gizmondo che addirittura supera in rilevanza un sito "concorrente" in termini di target come Mtv.com.

L'articolo (ed i grafici) merita decisamente il click; mi incuriosisce l'idea di quali potrebbero essere i risultati di una simile analisi per il mercato italiano dei media.

Che valore hanno i blog nel belpaese?

Ps. come mai tra i miei blog preferiti la maggior parte di quelli USA sono "collaborativi" mentre la maggior parte di quelli in lingua italiana sono blog "personali"?

Fidelity, fidaty e fedeltà
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Marketing | Data: Domenica, 27 Febbraio 2005 

Vi ricordate un mio vecchio post in cui mi interrogavo sul ruolo di un blog di marketing? Sembra che questo interrogativo da me posto abbia suscitato un certo dibattito visto che recentemente diverse persone che ho incontrato mi hanno espresso la loro opinione in merito. Ho riscontrato grande convergenza di pareri. Molti mi hanno detto e scritto che il ruolo di un blog di marketing dovrebbe essere quello di diffondere la cultura del marketing e soprattutto di permettere a tutti di esprimere opinioni indipendenti non condizionate da alcun interesse.
Tra gli argomenti molto caldi e di grande interesse, uno sembra prevalere: quello della fidelizzazione e delle strategie di loyalty. A tale riguardo ho già avuto modo di scrivere. In seguito alla pubblicazione del mio articolo e della sua ripubblicazione sul portale del marketing, ho ricevuto moltissimi messaggi da parte di colleghi che mi hanno espresso la loro difficoltà a spiegare ai loro diversi interlocutori che la fedeltà, non è un software o un programma di incentivi tramite premi, ma che questi sono solo diversi strumenti. Mi sento quindi in dovere di insistere segnalando un articolo ancora più duro del mio pubblicato da Fast Company sui loyalty program, progettati troppo spesso come scorciatoia e raramente inseriti in un preciso piano volto a costruire valore per i clienti. Così scrivono gli autori dell'articolo riportando una metafora di Spence Hapoieno, CEO di Out of Chaos: "A loyalty card," says Spence, "is a piece of plastic. Most loyalty programs are plastic. They do nothing more than replace traditional paper coupons with electronic coupons. Why would that generate loyalty?"

Mi sono spesso interrogato e non ho ancora trovato una risposta. Perché è cosi difficile diffondere una cultura del servizio in Italia ancora più che in altri Paesi?

Gli rss per il marketing
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 22 Febbraio 2005 

enterprise_charts.gifOrmai da tempo si parla della possibilità di utilizzare l'analisi dei blog come strumento conoscitivo in grado di delineare le caratteristiche di un particolare mercato; negli ultimi tempi l'offerta per questa particolare tipologia di servizi si è ulteriormente articolata portando a centrare l'attenzione sui feed rss.

E' il caso di CostumScoop, azienda USA che si occupa di Business Intelligence e che ha recentemente rilasciato un tool in grado di integrare informazioni provenienti da motori di ricerca, blog ed altri sistemi di "editoria personale" proprio attraverso l'rss e così facendo permette ai suoi clienti aziendali di personalizzare le query in modo semplice ed intuitivo.

Il risultato di questa analisi è un vero e proprio "radar" conoscitivo in grado di indicizzare le 21.000 fonti online disponibili in pochi secondi; è facile intuire quale rilevanza può avere uno strumento simile in fase di decision making o analisi di posizionamento nel mercato.

Il prodotto è "un filo" costoso (1.499$ al mese), ma è possibile avere una preview di due settimane gratuita oltre ad una serie di prodotti di più basso profilo a prezzi più ragionevoli.

E in Italia, siamo pronti ad ascoltare i mercati?

Quale futuro per il direct marketing in Italia?
Autore: Maurizio Goetz | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 10 Febbraio 2005 

Tutti voi come possessori di un telefono cellulare oppure come titolari di una linea telefonica avrete ricevuto in questi giorni una lettera da parte del vostro gestore circa la pubblicazione dei vostri dati sugli elenchi telefonici. Infatti il Garante della Privacy in data 15 luglio 2004 ha emesso un provvedimento che aveva come oggetto, tra le altre cose, la regolamentazione della pubblicazione dei dati sui nuovi elenchi telefonici, preannunciano l’invio di un modulo al quale i destinatari dovevano rispondere entro il 15 gennaio 2005 con la volontà oppure il diniego circa la pubblicizzazione dei propri dati.

In particolare la domanda numero 5 sta suscitando molte polemiche

VUOLE RICEVERE PUBBLICITA' ?

Lei ha il diritto di dire SI o NO all'invio di pubblicità,promozioni,offerte commerciali ecc. all'indirizzo o al telefono che compaiono sull'elenco telefonico. Se lei dirà NO i nuovi elenchi non potranno essere utilizzati per inoltrare posta al suo domicilio oppure per permettere a chiunque di chiamarla per telefono per fini promozionali,pubblicitari o commerciali , ricerche di mercato, sondaggi, ecc.

Stiamo oggi assistendo ad una spaccatura; da una parte le associazioni dei consumatori plaudono a questa iniziativa, mentre dall’altra, le diverse associazioni di marketing diretto protestano, ritenendo questa iniziativa lesiva del comparto e che potrebbe de facto se non “far scomparire”, ma senz’altro ridimensionare un settore molto importante nell’economia del Paese.

Personalmente ritengo che privacy e direct marketing possano convivere nelle strategie permission based, su cui gli operatori del marketing sui mezzi digitali hanno sviluppato buone competenze. Non è la privacy che uccide il direct marketing, ma lo spam, ma questo, ripeto è un pensiero del tutto personale.

Non possiamo certo sapere come andrà finire questa vicenda, certo è che si profila una spaccatura nel nostro Paese tra chi è favorevole e chi è contrario a questo provvedimento. Restate all’ascolto,
ne sentirete delle belle.

Elettrodomestici connessi e standard di comunicazione.
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 24 Gennaio 2005 

La tendenza ormai consolidata di inserire all'interno dei propri elettrodomestici componenti informatiche (hardware e software) sembra preludere a quella che potrebbe diventare una svolta: la convergenza degli elettrodomestici (in senso esteso, quindi "bruni" e "bianchi"...comprendendo tra questi anche il personal computer).

D'altronde componenti in grado di "domotizzare" (licenza verbale che sta per rendere un qualcosa pronto per la domotica) antifurti, caldaie, cancelli elettrici. sistemi di irrigazione e altro, esistono già.

Metto il link di un prodotto a caso, per far capire di che si tratta: qui.
Questo tipo di prodotti permette in sostanza di comandare a distanza, con un SMS od una telefonata, alcune funzionalità della propria abitazione.

Gli antifurti, anche quelli più "basic", sono configurabili da pc (tramite collegamento seriale) e comandabili a distanza (sempre via GSM/SMS).
Apro una parentesi, nessuno ha pensato all'utilizzo del videofonino per connettersi alle ai sistemi di videosorveglianza, onde poter vedere ciò che le telecamere di sicurezza vedono? Pare che questo utilizzo della videotelefonia non sia ancora stato pensato, eppure è un servizio vero (forse meglio offrire servizi inutili e oltretutto malfunzionanti). Chiusa parentesi.

Alcuni esempi di inserimento della domotica nell'elettrodomestico riguardano Candy, con il sistema SAHA (Smart Appliances Home Automation) e Merloni, con la tecnologia Wr@p (Web Ready Appliances Protocol). La promessa di Candy e Merloni è innanzitutto quella di fare dialogare gli elettrodomestici tra loro, oltre a permettere alle persone di controllarli e comandarli a distanza, via telefono ma anche via Internet.

L'elettrodomestico acquisisce quindi una componente software importante, che nell'ambito della promessa di "dialogo tra macchine" diventa ancora più importante...soprattutto dal punto di vista della compatibilità tra prodotti di marche differenti.

Questo discorso, sicuramente tecnico (e nel quale ho quindi qualche difficoltà ad addentrarmi) ha però profonde implicazioni di marketing.
I sistemi chiusi talvolta vengono utilizzati di proposito dalle aziende, per costituire barriere all'ingresso di altri concorrenti, ma talvolta questi possono rivelarsi controproducenti, minando le vendite e intaccando la percezione positiva della marca presso i consumatori. Complicano la vita del marketing, insomma.

L'ideale sarebbe che i diversi produttori sviluppassero non sistemi proprietari, ma si accordassero per sviluppare uno standard di comunicazione condiviso, magari coinvolgendo anche le aziende che, anche se non producono elettrodomestici, da tempo si stanno impegnando nello sviluppo di quella che, all'inizio, ho chiamato convergenza degli elettrodomestici. Faccio due nomi per spiegare cosa intendo: BTicino e Microsoft. Quest'ultima in particolare, che con Windows Media Center si pone l'obiettivo di creare un centro di comando della propria abitazione, quindi perché non pensare che questo possa dialogare non solo con pc, tv e consolle ma con qualsiasi elettrodomestico di casa?

Ai produttori la palla.

p.s. fa comunque piacere notare che le imprese italiane sono particolarmente attive nell'ambito domotica. Delle aziende citate nell'articolo solo una non è italiana (Microsoft).

Mini è meglio!
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 13 Gennaio 2005 

googlemini.gif .. e dopo il Mac Mini, di cui ha parlato Max, ecco che arriva annunciato sul blog corporate, Google Mini, server entry-level ($4.995) per gestire le ricerche in aziende di piccole e medie dimensioni; si tratta di una macchina in grado di realizzare ricerche fino ad un massimo di 50.000 documenti con 220 diversi formati di file.

Prima di questa release l'offerta Enterprise Solutions di Google era "limitata" verso l'alto con macchine da 30.000 dollari capaci di grandi performance, ma evidentemente poco appetibili per una larga fetta di mercato; interessante vedere come Google abbia previsto per la soluzione Mini anche l'acquisto online direttamente dal Google Store (per le altre Enterprise Solutions è necessario compilare un form di richiesta contatto)

Ad ogni modo, è curioso notare come due brand, per certi versi così "distanti" abbiano scelto, per motivi diversi, di lanciare in questo particolare momento un prodotto "mini" di nome e di fatto.

E' la rivincita del "no frills"!

Clicca il pomodoro ... e ti arriva la zucchina!
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 10 Gennaio 2005 

pomodoro.gifCredo di rappresentare un utente ideale per il servizio di "Esselunga a Casa"; negli ultimi tempi, dopo l'arrivo del primo figlio, ho sempre meno tempo per carrelli, file e code nei parcheggi.

Purtroppo l'entusiasmo per il servizio è però scemato già dopo il primo ordine online; alla consegna il ragazzo (molto gentile) mi informa infatti che alcuni prodotti presenti nel mio ordine non erano disponibili.

Bon, ingoio il rospo e ci riprovo, ma la seconda volta mi va anche peggio; il ragazzo che consegna (sempre gentile) non mi dice nulla, ma una volta aperte le buste scopro che alcuni prodotti, normalmente ordinati, non erano effettivamente disponibili e sono stati quindi "sostituiti" da altri prodotti simili (ma con prezzo diverso).

A questo punto una piccola riflessione; ignorando per un attimo il fatto che il sito dell'Esselunga è quanto di meno usabile si possa immaginare (per eliminare un prodotto dal carrello bisogna "reinserirlo" nel carrello stesso, ma a quantità zero ..per dirne una) quali enormi difficoltà possono aver costretto i responsabili del progetto "Clicca il pomodoro" a non integrare il processo di acquisto online con la gestione del loro inventario?

Con un simile "collegamento" sarebbero riusciti a fornire un servizio davvero utile e completo in grado di dare quel valore aggiunto per giustificare i quasi 8 euro di costo della consegna.

Perchè non spingersi ancora oltre? Perchè non prevedere la possibilità, iscrivendosi, di segnalare se si appartiene a "categorie" di utenti particolari, come celiaci, diabetici o altro e selezionare l'offerta di prodotti in funzione proprio di queste esigenze particolari?

E andando al nocciolo, perchè non smetterla di fare solo pubblicità (fantastica, bellissima e tutto il bene che se ne può dire) ed iniziare a fare marketing?

Un'altra occasione persa per Esselunga e e se non è possibile avere un servizio che valga i miei 8 euro allora me ne torno alla Coop (in attesa che il Lidl sotto casa apra i battenti).

Caro vecchio telefono...
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 31 Dicembre 2004 

Se il telefono ti allunga la vita, come diceva un famoso spot, allora come mai non siamo bicentenari?

Nonostante il diffondersi di nuove forme di comunicazione istantanea (e-mail, instant messaging, ma anche il buon vecchio sms da 160 caratteri), sembra che la classica telefonata non soffra affatto, anzi si telefona di più perché per farlo non è più indispensabile il doppino di rame; questo ovviamente già da diverso tempo, a partire dall'introduzione delle reti prima DECT poi GSM. Oggi con il VoIP (Voice over IP) utilizzabile sia su connessione tradizionali a banda larga (ADSL e simili), sia su reti Wi-Fi (Wlan, protocollo 802.11).

Chiedo perdono per l'inizio frivolo ed il successivo abuso di sigle tecniche...ma come mai qualcuno sta cercando nuove tecnologie per fare vecchie cose?

Lo scenario

Credo che tutto abbia avuto inizio qualche anno fa, con la trasformazione del servizio "telefonia" da commodity (prodotto quasi del tutto indifferenziato) offerto in regime di monopolio, a servizio liberalizzato.
Il tutto ha anche a che fare con le "mezze liberalizzazioni", le quali hanno lasciato in mano all'ex-monopolista di turno la rete ex-pubblica, mettendo automaticamente tutti gli altri aspiranti competitors in una posizione di svantaggio e di dipendenza dall'operatore incumbent.

Come può quindi un'aspirante operatore di telecomunicazioni trovare segmenti di mercato nei quali operare, cercando di scavalcare il problema del vantaggio detenuto dall'ex-monopolista?
Semplice (più o meno): utilizzando nuove reti di trasmissione digitale, spesso nate per altri scopi (tipo il Wi-Fi o la rete per la tv digitale terrestre), per offrire il proprio servizio di telecomunicazioni.

Problemi? Ce ne sono, e sono prima di tutto normativi.

Lo Stato ha l'abitudine di muoversi in ritardo quando si tratta di regolamentare l'impiego delle nuove tecnologie. Nel caso del Wi-Fi, ad esempio, il legislatore italiano è arrivato in ritardo e purtroppo senza fare la miglior normativa possibile. Ma per fortuna...almeno è arrivato e ora le aziende possono fare qualcosa con "'sto benedetto" Wireless Fidelity.

Naturalmente anche la posizione dominante degli altri operatori di telecomunicazioni, come l'ex-monopolista oppure gli specialisti in telefonia mobile, costituisce una minaccia per via del potere finanziario e contrattuale di cui dispongono, il quale permetterebbe loro di entrare in un nuovo segmento di mercato tentando di schiacciare (o al limite acquisire, o entrambe le cose) i nuovi operatori, spesso anche dimensionalmente molto più piccoli di loro.


Una possibilità?

Una possibilità, (l'unica?), è quella di servire segmenti specifici di mercato con servizi specifici. Naturalmente sto pensando prevalentemente ad un segmento "business".
Oggi esiste già la possibilità di telefonare tramite Internet, per esempio utilizzando Skype. Nelle aree coperte dal segnale Wi-Fi (aeroporti, hotel) è già possibile telefonare appoggiandosi ad una rete diversa da quella GSM, utilizzando il proprio notebook o pocket pc.

Qual è il problema?

Nel caso di Skype ad esempio, se si chiama un altro utente di Skype la chiamata è gratuita (si paga solo il costo del servizio Wi-Fi, il quale va in tasca all'operatore che gestisce l'hot-spot al quale si è collegati), ma se si deve chiamare un numero qualsiasi si finisce per pagare due volte: prima il servizio per accedere alla rete Wi-Fi e poi la telefonata vera e propria eseguita tramite SkypeOut (questo il nome del servizio, che utilizza la formula ricaricabile/prepagata).

Ma non è detta l'ultima parola; è infatti possibile, tramite terminali come il Motorola CN620 od un telefono cellulare/pocket pc dotato di scheda Wi-Fi (come il palmare Qtek 9090), agganciarsi alla rete Wi-Fi come se fosse una rete GSM ed effettuare la propria telefonata, pagando solo quest'ultima. Questo è possibile grazie ad un particolare upgrade alla rete Wi-Fi, il quale permette all'utente di farsi riconoscere dalla rete ed effettuare telefonate verso qualsiasi numero fisso o mobile.

Problemi?
Il terminale Motorola CN620 costa 100 € circa, funziona sia come cellulare GSM sia come terminale mobile su reti Wlan, il Qtek 9090 invece è un palmare completo e ricco di funzioni, si aggancia sia alle reti GSM sia, con scheda aggiuntiva alle reti Wi-FI, ma è piuttosto costoso (circa 780 €).
Il problema è quindi che bisogna dare ai clienti un terminale apposito, a meno che non dispongano già del costoso palmare Qtek 9090 od altro modello dotato di scheda Wi-Fi. Credo che la formula più auspicabile per fornire questo terminale sia il comodato d'uso, gratuito od a basso costo (come ad esempio i 19 € di H3g), ma comunque ci potrebbero essere delle resistenze da parte dei professionisti nel cambiare cellulare o da parte delle aziende nel rinnovare il parco cellulari fornito ai propri dipendenti.

Insomma, le possibilità per un business del genere passano atraverso due fattori:

1- la maggior capillarizzazione degli hot-spot sul territorio. Penso che se io dovessi cambiare cellulare per poterlo usare su rete Wi-Fi solo nella hall dell'albergo ed in aeroporto, semplicemente continuerei ad utilizzare il mio GSM.
2- l'offerta di vantaggi specifici ai clienti, tali da abbattere le resistenze ad adottare un nuovo terminale in sostituzione del proprio GSM; offrire vantaggi specifici e di valore per il cliente, è possibile solo analizzando le sue abitudini.

Uno di questi vantaggi specifici, per rimanere a livello di prezzo, è la possibilità di effettuare chiamate gratuite, o con tariffa "calmierata", tra dipendenti di una stessa azienda; naturalmente andrebbe verificata la sostenibilità economica. Magari si scopre che il maggior introito per la compagnia telefonica deriva dalle chiamate che i lavoratori fuori sede fanno verso i proprio colleghi in sede.
Per quelle aziende (in genere grandi) che hanno una rete Wlan interna, un modo per ridurre le resistenze al rinnovo del parco cellulari può essere quello di proporre un terminale unico, utilizzabile dai dipendenti sia in sede sia fuori sede, naturalmente con un numero di telefono unico. Considerando che i terminali come il Motorola CN620 offrono anche funzioni di segreteria telefonica centrale (ovvero accesso alla segreteria telefonica aziendale), di trasmissione dati e di accesso alla rete privata aziendale (Virtual Private Network - VPN), avere un terminale unico può offrire la possibilità di accedere da ogni luogo ad una serie di applicazioni altrimenti accessibili solo in azienda (ad es. per citare le più basilari, sincronizzazione remota dell'agenda appuntamenti di Outlook, dei tasks, ecc...).

Ci sono anche possibilità, a mio parere, di lavorare "pacchettizzando" l'offerta insieme a servizi collaterali. Il viaggiatore d'affari, oltre a telefonare, cosa fa? Va in taxi, mangia al ristorante, pernotta in hotel, viaggia in aereo, compra il regalino alla moglie (o all'amante), la sera guarda la pay-tv o va in Internet, e così via.

E' tutto evidentemente ancora "aperto", e per questo stimolante. E' altrettanto evidente che non si tratta solo di utilizzare tecnologie nuove per consentire azioni già oggi possibili su tecnologie già esistenti (telefonata su linea fissa Vs telefonata su rete GSM Vs telefonata su reti Wi-Fi), ma di individuare con abilità...e magari anche con un pò di creatività, il modo di utilizzare alcune tecnologie per inventare nuovi mercati.

In Italia, tanto per fare nomi, il servizio VoIP su reti Wi-Fi viene offerto da NoCable.

Mela in movimento
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 27 Ottobre 2004 

Non si può certo dire che la Apple non si stia dando da fare nel settore che in questo momento la vede maggiormente protagonista: la musica in formato digitale.

Due le recenti novità:

  • innanzitutto l'apertura anche per il mercato italiano dell'iTunes Music Store. Come reagiranno gli apple users italiani? Questa volta voglio aspettare a dire la mia, dopo che per un paio di volte sono stato smentito dalle notizie uscite dopo l'apertura del negozio in USA e in UK (milioni di brani venduti in un picosecondo...).

  • poi la customizzazione dell'iPod: iniziano gli U2, con un iPod nero e rosso con incisi gli autografi dei componenti della band e l'ultimo album già incluso in bundle, ma c'è da scommettere che sarà il primo di una lunga serie.
ipdo.jpg

In questo momento non c'è che dire, la Apple è la regina di questo mercato ed è l'unica a proporre iniziative interessanti e innovative. Ma gli altri dove sono???

PS2 come l'iPod?
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 23 Settembre 2004 

nuova_ps2.jpgLa nuova PS2, che uscirà a novembre, avrà una particolarità interessante: non avrà nessuna novità o miglioramento a livello tecnologico nè di funzionalità. Ok, detta così non si capisce: la novità riguarderà esclusivamente il design!

La nuova PS2 infatti sarà più piccola del 65% (come si vede nella foto) e peserà solo 900 grammi. Lo scopo dichiarato del CEO di Sony, Ken Kutaragi, è di farla diventare un vero e proprio status symbol. In altre parole Sony vorrebbe ricalcare il successo ottenuto dall'iPod, il lettore Mp3 della Apple che ormai è un must in America ed anche in Europa: fare jogging o girare per strada con le ormai mitiche cuffiette bianche significa essere cool.

Per una console appare più difficile eguagliarne la modalità di utilizzo (comunque è già pronta la PPS: Portable PlayStation), ma certamente uno status symbol lo è già. Ma soprattutto domina il mercato senza quasi sentire la concorrenza di Xbox e Gamecube. Forse a breve verrà considerata come un immancabile oggetto di design per le case dei bobos di tutto il mondo, oltre che un accessorio necessario per le camerette dei bambini...

Cosa dicono di te i tuoi clienti? Chiedilo al Blog!
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 9 Settembre 2004 

Iniziano a proliferare online le offerte, di nuove e vecchie compagnie, che promettono a clienti desiderosi di conoscere meglio il proprio mercato uno strumento innovativo ed estremamente efficace: l'analisi dei Blog.

E' il caso ad esempio di Blabble; il principale obiettivo di questa nuova realtà, come dichiara il fondatore Matt Rice, è dare supporto alle ricerche di mercato dei propri clienti fornendo informazioni cruciali come "quante persone parlano del particolare prodotto/servizio oggi?" o ancora "quali parole sono usate maggiormente quando queste persone descrivono particolari prodotti o servizi?"

Per far questo la compagnia di Rice ha sviluppato un processo di analisi dei testi dei singoli post in grado poi di riaggregare queste informazioni sulla base di specifiche richieste; in definitiva dunque il punto finale è capire se esiste interesse ad esempio intorno ad un particolare evento e se questo interesse è di carattere positivo o negativo.

Ma Blabble non è chiaramente l'unico esempio di analisi sui blog funzionale ad una ricerca di mercato; altro caso di prodotto che segue le medesime caratteristiche è infatti BlogPulse sviluppato da Intelliseek, azienda impegnata proprio nell'area del marketing intelligence.

Lo scorso 8 settembre, BlogPulse ha lanciato una nuova iniziativa denominata Campaign Radar 2004 con l'intento di tracciare ed analizzare i personaggi più rilevanti, i temi ed i commenti all'interno di Blog in qualche modo collegati alla campagna per le elezioni presidenziali degli USA del prossimo novembre.

Cresce dunque il valore percepito per quel mercato di conversazioni definito dalle chiacchiere dei bloggers e proprio partendo dalla presa di coscienza delle potenzialità del mezzo un giovane laureato della London Business School, Umair Haque, ha pensato bene di proporsi come intermediario tra inserzionisti e bloggers per proporre a questi ultimi di redigere dei post, in forma di advertorial, che fossero centrati su un tema o su di un prodotto segnalato dall'inserzionista.

Sto parlando di BlogVersations che nella sua home page si presenta come "a new way to market". In pratica si tratta semplicemente di un tentativo di rendere commerciali le tesi dell'ormai "storico" ClueTrain Manifesto; i mercati sono conversazioni ed oggi queste conversazioni avvengono sui Blog.

Audiweb: commento sui dati di luglio 2004
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 27 Agosto 2004 

Anche questo mese vi inoltro il commento di Alessandra Gaudino, Senior Analyst di Nielsen//NetRatings, sui dati Audiweb rilevati a luglio 2004; buona lettura!

La fruizione di Internet

A luglio gli italiani non abbandonano la consuetudine al Web, consultando Internet soprattutto dall’ufficio. Sono stati più di 16 milioni gli individui che hanno compiuto almeno una connessione sul Web da casa o da ufficio.
Da casa i navigatori riducono il tempo trascorso sui siti di circa 40 minuti (6 ore e 22 minuti in media per utente a luglio, il 9% in meno rispetto a giugno). Si è navigato meno soprattutto di martedì e mercoledì e alla domenica.
Intensa la fruizione della rete dall’ufficio. Le pagine Web consultate dal posto di lavoro rappresentano il 32% di tutte le pagine Web viste nel mese. Erano il 25% a giugno.

Aree di maggiore interesse

Rispetto al mese di giugno, i settori più frequentati a luglio sono quello della Finanza online, con Fineco e Banca Intesa che registrano i maggiori incrementi di reach (Fineco con 590 mila visitatori unici e una penetrazione sulla popolazione Internet del 3%, Banca Intesa con 473 mila utenti unici e 2,6% di reach).
E quello dell’e-Commerce. Qui trainanti sono sia i siti di aste – eBay (che con oltre 3,1 milioni di visitatori unici nel mese consegue una penetrazione sul totale dell’utenza Internet del 17%, +8% rispetto a giugno) e Secondamano (343 mila visitatori unici a luglio ed un incremento di reach del 49% rispetto a giugno) - sia le directory, le guide allo shopping, che nel mese sono frequentate da più di 3,6 milioni di individui, quasi un navigatore su cinque.
Molto attivo è ovviamente il comparto dei viaggi online che vive il suo picco stagionale. Quando si parla di viaggi online si intende una realtà composita. Si comprendono infatti i siti di mappe (oltre 2,3 milioni di navigatori a luglio, un incremento di reach del 22% rispetto a giugno), i siti delle linee aeree (quasi 1,8 milioni di individui, +20% di reach da giugno) – con un ruolo crescente delle compagnie low cost -. L’estate è particolarmente proficua per i siti di crociere e trasporto marittimo (556 mila visitatori), mentre la biglietteria ferroviaria consolida un successo che beneficia solo marginalmente della stagionalità (oltre 2,3 milioni di utenti unici nel mese). Quasi 4 milioni di navigatori hanno poi frequentato le agenzie virtuali alla ricerca di offerte di viaggi dell’ultimo minuto. “Il settore del travel online è sicuramente molto congeniale alle dinamiche del mezzo Internet, consentendo un approccio disintermediato, flessibile e possibilmente economicamente più vantaggioso nell’organizzazione del proprio viaggio.” commenta Alessandra Gaudino, Senior Analyst Nielsen//NetRatings. “I viaggi e la biglietteria online rappresentano in questo momento in Italia i driver più importanti per favorire lo sviluppo dell’eCommerce nel nostro Paese”.

New entries

A luglio sono da segnalare due nuovi soci che aderiscono all’indagine panel Audiweb by Nielsen//NetRatings: Seat Pagine Gialle che con le sue guide online - Pagine Gialle, Pagine Bianche, Tutto Città - si colloca da tempo tra i primi 10 gruppi sul Web italiano (a luglio oltre 2,5 milioni di visitatori sui siti del gruppo, con un 9% di incremento di reach rispetto a giugno) e Secondamano che trasferisce con successo sulla rete l’esperienza di essere stato il primo giornale di annunci gratuiti in Europa.

Googles NT?
Autore: M. Bancora | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 26 Agosto 2004 

In molti si stavano chiedendo che diavolo ci potesse fare con tutti i soldi raccolti con la quotazione in borsa. Migliorare il proprio negozio di gadget? Forse hanno pensato ci fosse qulacosa di meglio da creare, come per esempio un browser Google.

A pensarci bene, ma neanche tanto, questa storia l'abbiamo già vissuta qualche anno fa con una diversa sequenza di eventi. Dal sistema operativo si è passati al browser, al servizio di mail, al portale e al motore di ricerca. Certo l'altro attore ha una immagine un po' meno cool e fresca, e forse Google non sfornerà la versione 2015 del proprio sistema operativo, ma non ci metterei la mano sul fuoco.

Real competition
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 19 Agosto 2004 

realmusicstore.jpgReal Networks ha comunicato che per 3 settimane dimezzerà il costo dei brani scaricabili dal proprio music store: 49 cent per una canzone e 4,99 $ per l'intero album.

E' chiaro il significato della mossa: insidiare iTunes e intaccare il quasi monopolio dello store di Steve Jobs (quasi il 70% di quota di mercato). Ma basteranno 3 settimane per insidiare il leader? Considerando per di più che il successo della Apple in questo campo è dovuto anche e soprattutto all'iPod, divenuto un vero e proprio status symbol e gadget "mai più senza" negli USA e piano piano anche da noi sembra difficile che questo basti a convincere gli utenti a cambiare fornitore.
Sicuramente il prezzo basso attirerà utenti, ma come verrà gestito il ritorno ai 99 cent? Come la prenderanno gli utenti? Resteranno fedeli o approfitteranno dell'offerta e basta?

La Real ha però un'arma che potrebbe rivelarsi vincente: tramite il RealPlayer Music Store e grazie alla nuova tecnologia Harmony infatti sarà possibile scaricare i file sia in formato Real, che Mp3 che AAC, ovvero lo stesso formato dei file scaricabili dallo store della Apple, anche se alcune fonti dicono che nonostante questo la musica non sarà riproducibile su iPod.

Il prezzo che Real pratica è un prezzo sottocosto, il che significa da un lato che non potrà essere mantenuto a lungo o ripetuto tanto facilmente, ma dall'altro che l'azienda punta decisamente su questo campo e non ha paura di affrontare la lotta con Golia/Apple.
Ma anche gli altri competitor non stanno a guardare: Sony, Yahoo e MS stanno sviluppando hardware e software per entrare nella lotta, e con tutta probabilità lo faranno senza risparmiare energie, investimenti e promozione.

La concorrenza fa bene al mercato e va a vantaggio degli utenti: staremo a vedere!

Dove finisce il marketing e inzia il customer care
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 18 Agosto 2004 

Una cosa che mi è successa ieri da utente mi ha portato a riflettere sulle intersezioni tra il marketing e il customer care, in particolare ovviamente per le realtà operanti sul web.
Ovvero: fin dove può spingersi il marketing senza intaccare il servizio al cliente?

Sono cliente più che soddisfatto di una nota banca online da anni. Per motivi che non sto a spiegarvi devo chiudere uno dei due conti. Logicamente dove vado a cercare le info necessarie? Sul sito, che peraltro presenta un chiaro e usabilissimo "help center". Cerco per svariati minuti, e non è proprio la prima volta che visito un sito web in cerca di informazione nè che ho a che fare con FAQ e simili, ma non trovo nulla al riguardo. NULLA.
Cercando "Chiusura conto" tramite il motore di ricerca interno mi viene suggerito di inviare una richiesta al servizio clienti via email o di chiamare il numero verde. Ma stiamo scherzando?

Marketing, mi dice un amico. Effettivamente facilitare l'ingresso e disincentivare l'uscita è una regola nota (però mi incavolo quando nei negozi ci sono le scale mobili per scendere e non quelle per risalire...). Ma siamo sicuri che non dare le informazioni necessarie sia una strategia vincente e soprattutto che possa fungere da deterrente?
Io sinceramente credo di no e confesso di essere molto deluso da questo aspetto della banca di cui mi servo. A voler essere pignoli anzi dare informazioni anche sulla chiusura del conto può essere un elemento che tranquillizza l'utente e potenziale cliente e lo spinge a "provare".

Io sono sempre e comunque per l'informazione corretta e completa, anche perchè la corporate image dell'azienda viene messa in gioco anche e soprattutto su questi aspetti, a maggior ragione per una web company.
Alla fine poi il servizio clienti mi ha chiamato entro 24 ore per comunicarmi i dettagli necessari, ma a mio avviso è una telefonata sprecata: bastava una FAQ di 3 righe sul sito e tutto sarebbe stato risolto.

Audiweb: commento sui dati di giugno 2004
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 22 Luglio 2004 

Vi inoltro il commento di Alessandra Gaudino, Senior Analyst di Nielsen//NetRatings, sui dati Audiweb rilevati a giugno 2004; buona lettura!


La fruizione di Internet a giugno 2004

In linea con i trend stagionali, l’arrivo dell’estate attenua l’assiduità dei navigatori italiani sul Web. A giugno 2004 assistiamo ad una leggera flessione della presenza sul Web (15,5 milioni di utenti contro i 16,2 di maggio) e del tempo dedicato alla rete (8 ore e 32 minuti per utente medio, un quarto d’ora in meno rispetto a maggio). Stabile invece è l’utenza che utilizza le cosiddette Internet applications (instant messenging, downloading, streaming) con un tempo medio dedicato a queste attività da ciascun navigatore di quasi tre ore (addirittura in crescita rispetto a maggio).

Il consumo del Web è prevedibilmente meno intenso durante il fine settimana: durante il sabato e la domenica a giugno si registra una flessione degli internauti collegati pari a 5 punti percentuali rispetto a maggio. Decrementi analoghi anche nella fascia oraria dalle 18 alle 22, tradizionalmente preferita dai navigatori italiani.


Il trend dell’ultimo anno

Un confronto con i dati di giugno 2003 ci permette di analizzare i percorsi di sviluppo del Web al di là del fisiologico fenomeno di stagionalità.
In realtà, malgrado il bel tempo estivo distragga da Internet, il tempo dedicato all’online continua ad aumentare: da giugno 2003 a giugno 2004 l’utente naviga in media mezz’ora in più (+7%) e in media effettua nel mese una sessione di collegamento in più (17 sessioni a giugno 2004).
Rispetto ad un anno fa gli italiani hanno intensificato la frequentazione di alcune categorie di siti: l’e-Commerce (+15.6%), i viaggi (+10.9%), i siti più femminili, legati alla salute, alle donne ma anche agli incontri digitali (+32.7%).
La presenza femminile in rete registra infatti un leggero incremento: le donne online rappresentavano il 32.7% del pubblico Internet a giugno 2003, sono il 34% un anno dopo. Una graduale ma progressiva familiarizzazione al Web.
Da segnalare anche una progressiva familiarizzazione con i servizi di e-Banking: i siti delle banche registrano un incremento di utilizzatori pari all’8% rispetto a giugno 2003 e di tempo ad essi dedicato in media del 29%. Segno che richiedere l’estratto conto online e fare un bonifico sono in misura crescente attività che fanno parte della quotidianità di tanti.


Il trend degli ultimi due mesi

La navigazione di giugno 2004 presenta un paio di specificità rispetto a quella di maggio. Un incremento di visitatori sull’area e-Commerce (+2.4%). Area che vede leader incontrastato eBay, con oltre 2,8 milioni di visitatori unici nel mese. “eBay è una delle belle case histories della rete non solo italiana ma globale: la capacità di costruire un business di successo a partire dall’abitudine molto privata del collezionismo o delle cosiddette “yard sales”, le vendite informali di tutto ciò che ci è rimasto in cantina.” commenta Alessandra Gaudino, Senior Analyst Nielsen//NetRatings. “Nell’ultimo anno in Italia eBay è cresciuto del 75% in termini di visitatori unici, consolidandosi tra i primi 10 brand più visti ogni mese nel nostro Paese”.
Rispetto a maggio, giugno annovera un incremento di traffico sui viaggi (+5.1%). Si apre la stagione più calda per questo comparto che in questo mese è stato visitato da oltre 5,6 milioni di navigatori, il 28% dei quali tra i 25 ed i 34 anni con buona capacità di spesa (una concentrazione significativa di questo target in quest’area rispetto alla rete).
L’e-government manifesta segni di estrema vivacità a giugno: i siti della Pubblica Amministrazione sono stati visitati da più di 7 milioni di utenti unici (+3.3% rispetto a maggio) che hanno controllato sui siti ministeriali i risultati delle elezioni e le liste di mobilità per i docenti oppure hanno scaricato il modello unico dal sito dell’Agenzia delle Entrate (quasi 700 mila visitatori unici nel mese, +27% rispetto a maggio).

Smettiamola di parlare di Google
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 9 Luglio 2004 

Da mesi sembra che non esista altro sul web; come due anni fa non si parlava se non di eBay (diamine, fa profitti online?!?), così oggi sembra che il santo graal sia stato definitivamente rintracciato dalle parti di Mountain View.

Intendiamoci, è fuor di dubbio sia il valore del prodotto sia il valore dell'azienda; quello che i ragazzi californiani sono riusciti a fare in questi pochi anni è notevole, in special modo se si tiene presente che Google ha visto la luce quando dalla borsa americana iniziava a giungere l'eco dei primi tonfi delle dot.com

Ma prendiamo la situazione del mercato italiano; Google lancia il suo servizio news? Bene, pochi mesi dopo arriva (col fiatone) Libero che lancia il suo WebNews, praticamente identico come look & feel. E ancora, Google lancia la sua Gmail? E tutti a rincorrere (Yahoo!, Libero con la Jumbo Mail, Lycos, ma a pagamento, etc..) offrendo più spazio, più servizi e via così.

Quello che i competitor di Google sembrano ancora non aver compreso però è che questa frenesia di seguire il migliore non solo è poco sensata, ma è anche controproducente; continuando ad "inseguire" le innovazioni di Google, i vari Libero, Yahoo! & C. infatti non fanno che confermare agli occhi anche dei loro utenti la superiorità del motore californiano.

Inoltre, qualche anno fa questa stessa frenesia portò tutti alla rincorsa del modello "portale"; abbiamo già dimenticato le banconote bruciate durante quella rincorsa? Ed i cadaveri lasciati sul terreno durante la "febbre dell'oro" di fine anni '90?

Se davvero qualcuno oggi volesse sfidare Google dovrebbe fare qualcosa di davvero inaspettato, incredibilemente nuovo e, soprattutto, utile. Esiste lo spazio per un prodotto simile nell'internet di oggi? La domanda giusta però forse è un'altra: quanti pochi mesi fa avrebbero investito due lire per il lancio di un servizio di webmail, con un giga di spazio gratuito?

L'idea giusta è là fuori; per trovarla basta una buona conoscenza del mercato e un po' di incoscienza, ma per favore ... smettiamola di parlare di Google!

Un retailer non puro (seconda parte)
Autore: M. Bancora | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 1 Luglio 2004 

logo.gifSul sito di Argos è ovviamente possibile consultare l’elenco dei punti vendita con le informazioni necessarie per raggiungerli, ottenere informazioni circa possibili finanziamenti, verificare i costi delle spedizioni, insomma tutte le informazioni di base che si dovrebbero trovare su un sito istituzionale di un retailer.

Risulta molto ben fatta la parte riguardante le transazioni online. La navigazione è intuitiva, risulta semplicissimo raggiungere la scheda dei prodotti attraverso il listino. Le categorie sono molto ben costruite, ed è possibile navigare sia per caratteristica peculiare della categoria, sia per la marca del prodotto inserito nella categoria. Le schede dei prodotti non sono molto approfondite, sono praticamente la replica di ciò che il cliente trova nel catalogo.

Ciò che più mi ha sorpreso però, è il processo di acquisto. Non solo è possibile ordinare online il prodotto e riceverlo presso il proprio domicilio, ma si può anche bloccare il prodotto presso il punto vendita per un paio di giorni. In questo modo il cliente non rischia di recarsi inutilmente presso il negozio, scoprendo che il prodotto non è disponibile. Insomma l’utente ha la visibilità della disponibilità di tutti i magazzini dei punti vendita di Argos e se il prodotto non è disponibile, viene informato circa i tempi del suo reintegro o della probabile data di consegna.

È evidente che il processo così strutturato renda l’acquisto estremamente convenient. In un modo o nell’altro il cliente non rischia spedizioni di acquisto inutili, trova il miglior prezzo disponibile sul mercato e se lo desidera può attendere l’arrivo del prodotto a casa. Ma non è tutto. Nel caso in cui un prodotto risulti difettoso, cosa che mi è capitata con il mio ultimo acquisto, il cliente ha la facoltà riportare il prodotto presso uno qualsiasi dei punti vendita di Argos per ricevere un prodotto sostitutivo o il denaro corrispondente al valore del prodotto. Di nuovo, estrema comodità del servizio: se acquisto nel week end un prodotto in centro, posso comunque riportarlo in un altro punto vendita nel corso della settimana.

Un retailer non puro (prima parte)
Autore: M. Bancora | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 28 Giugno 2004 

logo.gifMi sono trasferito a Londra da qualche settimana, credo che ormai sia una cosa nota per chi legge IMlog, non a caso i miei ultimi post hanno come riferimento il mercato inglese. Nel fine settimana ho compiuto il mio ennesimo trasloco, con i soliti problemi del caso e che vi risparmio. Ciò che non vi risparmio è invece la mia ennesima esperienza di acquisto da Argos, dove mi sono recato per acquistare alcuni accessori per la nuova casa.

Argos è un modello di azienda che in Italia non esiste. Si tratta di un retailer che distribuisce attraverso catalogo, come una volta facevano Vestro e Postalmarket, con un assortimento ben più ampio e profondo. Sto parlando di migliaia di referenze, che vanno dall’abbigliamento agli accessori per la cucina, dai mobili per il giardino alle biciclette. Si può comprare praticamente di tutto.

La vendita per corrispondenza non è l’unico modo per fare shopping da Argos. Chi vuole acquistare un prodotto senza dover aspettare la consegna, può recarsi presso uno dei punti di vendita sparsi sul territorio presso cui acquistare il 15% dei prodotti a catalogo. Non tutti i prodotti, solo quelli con un peso volumetrico contenuto. Gli articoli più voluminosi sono consegnati solo al domicilio dell’acquirente. Il perchè è banale: i negozi di Argos si trovano in luoghi ad alta pedonabilità. Luoghi dove un magazzino troppo grande non sarebbe sostenibile economicamente per una retail che cerca di differenziarsi dagli altri con i prezzi più bassi del mercato. Solo qualche mese fa è stata lanciata una nuova catena di negozi che arrivano ad avere fino al 30% dei prodotti a listino.

Nessuna concessione all’estetica del negozio. Entrando nel punto vendita, si notano solo alcuni banconi su cui sono fissati dei cataloghi con le pagine plastificate. Una volta individuato il prodotto sul catalogo il cliente non deve far altro che inserire il codice del prodotto nel display agganciato al bancone per verificarne la disponibilità, compilare il modulo con il codice e andare alla cassa. Una volta pagato il conto, il prodotto acquistato viene consegnato al banco delle consegne per il ritiro. Nessuna o poche possibilità per toccare con mano la merce, il processo sarebbe di nuovo troppo dispendioso.

Un processo semplice, comodo e veloce, che non lascia nulla agli amanti del browsing puro. Per questi viene loro in soccorso il sito di Argos: semplice, intuitivo, ben strutturato e facilmente utilizzabile.

(Fine prima parte)

1Gb di innovazione
Autore: Giorgio.Baresi | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 22 Giugno 2004 

Google si conferma ogni giorno una delle aziende più innovative nel panorama high-tech mondiale. Uno dei suoi ultimi prodotti, GMail, col suo Gb di casella ha rivoluzionato il mercato delle e-mail gratuite ancor prima del suo lancio ufficiale (il servizio è ancora in fase beta) creando una sorta di gioco al rialzo tra i vari ISP. Si tratta di un'astuta mossa di marketing in un momento che precede la quotazione in borsa della società di Mountain View o qualcosa di più? Io penso che si tratti di qualcosa di più, ecco il perché.

"1Gb" come potente strumento di marketing
Quando si parla di tecnologia a persone che di tecnologia capiscono poco o nulla i numeri tornano sempre utili. Si pensi per un momento ad i processori: Intel e AMD vendono a milioni di persone delle scatolette che nessuno sa bene a cosa servano. Ecco quindi che han pensato bene di associare la frequenza di lavoro del processore alla potenza del computer. Ci sono riusciti talmente bene che oramai sono in pochi a sapere che il procesore non è tutto, ma che servono anche una buona scheda madre, una buona memoria ram e altro ancora per avere dei tempi di calcolo rapidi.

Lo stesso vale per la posta elettronica. La maggior parte delle persone si disinteressa dell'interfaccia utente o della velocità di risposta dei server ma vuole semplicemente una mail attraverso cui gestire la propria posta elettronica. Poco importa se si tratta di Hotmail, Yahoo!, Lycos o GMail: la cosa importante è che funzioni. Ecco dunque che potendo scegliere tra una casella di posta da 2Mb, una da 6Mb, una da 15Mb ed una da 1Gb, si sceglierà quella con la capacità maggiore, tanto è tutto gratis.

"1Gb" è più di semplice marketing
Il primo computer che mi è stato regalato, siamo nel 1997, aveva un disco fisso di 2,5Gb. A quei tempi si trattava di una memoria di tutto rispetto (la media, se non ricordo male era sugli 800Mb-1Gb) e le domande del tipo "cosa te ne fai di tutto quello spazio?" non sono affatto mancate. Allora il computer veniva usato per salvare pochi documenti di lavoro per cui 2,5Gb sembravano un'enormità. Oggi è cambiato il modo con cui viene utilizzato il computer: sul disco fisso vengono memorizzati film, musica, immagini e 2,5Gb non sono sufficienti neanche per installare il sistema operativo. Lo stesso sta accadendo con la posta elettronica: uno dei primi commenti che ho sentito riguardo a GMail è stato proprio "cosa te ne fai di 1Gb di casella?". Per rispondere a questa domanda facciamo un passo indietro. Fino ad oggi la e-mail è stata utilizzata in modo limitato per due motivi:

La tipologia di connessione troppo lenta;
La capacità limitata delle caselle di posta elettronica.
La diffusione sempre più capillare della banda larga sta lentamente risolvendo il primo problema, tanto che per i possessori di una connessione ADSL condividere file di qualche Mb è del tutto normale. A questo punto avere una casella di posta elettronica della capacità di qualche Mb che impedisce di inviare/ricevere allegati di dimensioni non superiori a qualche centinaio di Kb può essere una seria limitazione. Mi sembra evidente che Google (e a tutti quei servizi, come Yahoo! Mail che l'hanno seguita a ruota) voglia cambiare il modo con cui viene utilizzata la posta elettronica trasformandola da semplice mezzo per la ricezione/invio di messaggi di testo in vero e proprio mezzo di comunicazione multimediale attraverso cui condividere non solo testo, ma anche filmati, musica ed immagini. Ecco che allora 1Gb di spazio non sembrerà più così tanto.

La nuova frontiera? L'Europa.
Autore: M. Bancora | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 15 Giugno 2004 

Un'analisi di due giornalisti del Financial Times sulle dichiarazioni di alcune aziende americane che si aspettano fatturati in crescita soprattutto fuori dal proprio mercato interno.

È ora che i competitor di queste big company americane si preoccupino? Sì ma quali competitor?

Insomma eBay, Yahoo, Amazon, Google si preparano a conquistare il mercato globale. Si scontreranno contro pochi concorrenti esterni e forse in questi anni hanno anche imparato a differenziare un minimo l'offerta nei diversi mercati. Potrebbe essere altrettanto vero che la domanda interna sia ormai prossima al suo limite fisiologico.

Buona lettura.

The biggest US internet companies enjoy huge economies of scale and in some cases overseas revenues are expected soon to overtake domestic sales.

By CHRIS NUTTALL and RICHARD WATERS  
10 June 2004
Financial Times

Richard Waters and Chris Nuttall ask whether this is more than merely dotcom bluster. Broadband pushes the buttons. Executives at eBay, the internet auction site, have taken to displaying a provocative chart when they speak at public events. It shows a Dollars 1,900bn global market of goods that do not fit well into the traditional retail system, because the items are secondhand, represent the end of a product line or are in scarce supply.

"In a sense, we think that entire market could be available on eBay," says Bill Dobb, head of the US company's international operations.

A similar outsized ambition is brewing at Yahoo, the internet portal company. "We're a global network, we have a great brand globally," Terry Semel, the former Hollywood mogul who has presided over a resurgence of the dotcom pioneer, told analysts last month. Yahoo's strategy "is about taking a bigger share globally", he said.

Yahoo now measures itself against the worldwide online advertising market. It says it accounts for about 15 per cent of the market - and aims to raise that share.

Is another bout of American dotcom hubris in the works? If so, any internet bust would play out on a much bigger international stage than the 2000 collapse that brought an end to the first burst of growth of dotcom companies.

There are good reasons, though, to think that this latest flourish of US dotcom ambition will prove more resilient.

That should ring alarm bells at rivals around the world, whether they are fledgling e-commerce companies or traditional retailers, which are turning increasingly to the internet.

For one thing, the claims of companies such as Yahoo and eBay are more than mere bluster. Recent experience bears out some of the grandiose promises of the late 1990s about the global potential of selling to consumers over the internet.

At eBay and Amazon, the US online retailer, international revenues are on track to eclipse domestic sales soon and the international businesses of all the leading US internet companies are booming (see chart). eBay already claims to be the biggest e-commerce site - measured by the value of goods sold - in a dozen countries, from the UK and Germany to Argentina and South Korea.

US companies now stand on the verge of the next big online market, and one that is poised to become global even faster. Google and Yahoo - with Microsoft in hot pursuit - dominate the internet search business. Google distributes its search results in 97 languages, often through partnerships with local internet companies, and gets more than half its traffic from outside the US.


The contextual advertising, which is displayed alongside the results of internet searches, is in some ways closer to e-commerce than it is to traditional branded advertising. By charging only when users click on the advertisements, the search companies are really selling business leads. It is not a big step for the search companies from this "per click" pricing to sharing in the actual transactions that result.

Barry Diller, chief executive of InterActive and one of the US's most successful entrepreneurs, has assembled a conglomerate with a big foothold in the biggest e-commerce market of all - online travel.

According to Forrester, the research group, selling travel packages and tickets to events will remain among the biggest online businesses for some time. Given Mr Diller's appetite for acquisitions and avowed intent to have an international presence, it is no surprise that the imminent purchase of foreign travel sites is rumoured almost daily.

Behind all of these international ambitions lies a belief that the internet is a scale business. If retailing has been a local affair, selling over the internet turns the old rules on their head. Because they do not need to open bricks-and-mortar stores, e-commerce companies do not face the high costs that come with expansion for ordinary retailers. Instead, much of the investment in a centrally run e-commerce company is fixed.

For Amazon, that has been a central part of its business model: it uses its scale to drive down prices and offers free shipping on its five non-US sites just as it does at home. In its more developed categories, such as books, Amazon already buys globally.

The ability to invest heavily in the technology platform on which businesses such as Amazon are founded is another benefit of scale.

"One of the great myths of the 1990s was that there are no barriers to entry in e-commerce," says Robin Terrell, head of Amazon's UK operations. "But actually building scale is incredibly complex and hard."

The internet search business could turn out to be the ultimate scale business on the internet. Yahoo, for instance, now has 500 engineers working on its search engine. Apart from Google and Microsoft, that is the sort of effort that few others could match.

"The (search) technology is very extensible across languages," says John Marcom, head of Yahoo's international operations. "This definitely is one area where scale is an advantage. Without a big distribution network, it's difficult to invest and expand."

The advertising business that has grown up alongside the search engines could also turn into a common international market. "The value of a click has not at all evolved into a global standard," says Mr Marcom. "But there is no reason to think it won't in the end." eBay and Amazon are competing to use their technology platforms to attract local retailers to their sites. Nearly a quarter of the sales on Amazon's websites is now conducted on behalf of these third-party sellers.

For pure e-commerce companies outside the US, the power of these increasingly global platforms is hard to match. Few have been able to reach the same scale in their own domestic markets or to succeed in building multinational businesses of their own. Those that do are quickly becoming acquisition targets for US companies. eBay has just purchased Germany's largest online classified advertising site for cars, and Yahoo this year snapped up Kelcoo, the French company that was on the way to building a Europe-wide service that allowed consumers to compare the prices of rival vendors.

If similar deals remain scarce, it is largely because of the lack of sizeable companies to buy. "There are very, very few that have broken through to an international scale, where it's worth us thinking about" making an acquisition, says Mr Marcom.

What, then, could go wrong? The ambitions of the US e-commerce multinationals are built on the belief that e-commerce in the rest of the world will unfold in the way it has in the US. "In the last year and a half, we took the business model we have in the US and really started to enforce it" elsewhere, says Jerry Yang, a Yahoo founder.

So far, according to the leading e-commerce companies, it has proved straightforward to export these business ideas. The spectacular overseas growth of companies such as Amazon and eBay suggests they are right.

Hellen Omwando, European e-commerce analyst for Forrester, says the US companies are right to think international e-commerce markets will develop in the same way as the US - but with a time lag of two or three years. "When it comes to e-commerce, there are really no fundamental differences in people's appetite online," she says.

While that may apply to the most straightforward online shopping or auction sites, this "same size fits all" approach does not apply to all aspects of e-commerce. Danny Rimer, a Silicon Valley venture capitalist who has moved to London to back European internet start-ups, says that expansionist US companies have often misjudged the European market.

"Rumsfeld economics doesn't work here," he says. "You can't use overwhelming firepower with a limited number of troops on the ground and no understanding of the locals or the culture and then expect you're going to win and be the market leader."

Mr Rimer's Index Ventures has backed original European internet ventures such as Betfair, the online betting exchange, and Voice over internet protocol (VoIP) service Skype, both of which have turned heads back in Silicon Valley.

It has also invested in Video Island, one of numerous online DVD rental companies that have appeared in the UK, copying Netflix of the US.

"With Video Island, we have tweaked the Netflix model so it is much more effective in a European context. We are leveraging European brands such as Tesco and Comet rather than using our own brand," Mr Rimer says.

"This is what US companies face abroad: educated entrepreneurs who have adapted (US ideas) to the local market in a more resourceful manner and with better-suited local partners."

There is also a question whether new e-commerce markets will continue to develop as they have in the past. The online auction business, for instance, has all the hallmarks of a winner-takes-all market. The largest marketplace enjoys the network effects of having the highest number of buyers, which in turn attracts the largest number of sellers. eBay has ridden that logic to a dominant position in many markets, though Yahoo won out in Japan, the world's second biggest internet economy.

Mr Marcom at Yahoo warns, though: "Just because it has evolved into a winner-takes-all market in developed countries doesn't mean it will in developing countries as well." China, where eBay and Yahoo are battling against local newcomers, could be a case in point.

Given the size of the country and its under-developed infrastructure, China could see a series of regional auction and other e-commerce markets coexist, says Mr Marcom. The US e-commerce companies have yet to show how adaptable their businesses can be.

Another danger is that the companies themselves will make mistakes. There is no guarantee that the US companies' management will have the focus and discipline to follow through on their business plans.

Even eBay, which generally has a successful record in exporting well- honed operating plans, is not infallible. Its withdrawal from Japan, having failed to make inroads against Yahoo Japan, is a case in point. "We weren't as disciplined as we are now in rolling out our marketplace" in other countries, says Mr Dobb of eBay. He says eBay will re-enter Japan and will not make the mistake of "cutting and running" from a key market again.

The lure of fast-growing international markets and slowing growth at home may add to the risk of ill-judged expansion. The number of internet users in non-US markets is likely to grow by about 13 per cent a year over the next five years, twice the rate of US growth, according to Mr Semel of Yahoo.

"There is no question that, as US companies mature in their own market, they have to look for growth outside the US and one of the quickest and easiest markets to enter is Europe," says Mr Rimer. The pursuit of the seemingly quick and easy European expansion, though, has been the undoing of many US companies in the past.

Films, music, television, video games - the multimedia riches of the entertainment industry are all coming to the newer medium of broadband and testing the relationships between content developers and internet service providers.

Yahoo has been trying to persuade ISPs to separate their access and portal functions, and outsource the latter to Yahoo, arguing that ISPs need to subcontract more of the work and concentrate on what they are good at. Only BT in the UK and SBC in the US have bitten so far, but Terry Semel, Yahoo chairman, says: "We intend to do more."

"A lot of these companies are running 1999-style business models, with flashy content and shopping mall-type things," says John Marcom, head of Yahoo's international operations. What they really need, says Yahoo, are really good services in areas such as search, music videos and e-mail and instant messaging - the two most-used internet activities - all things that Yahoo thinks it can provide better than the ISPs.

The Yahoo argument may sway some big telecommunications companies that are not focusing on their internet arms and smaller ISPs that lack the resources to develop their own premium services. But established operators - challenging the likes of Yahoo and MSN - have already developed more sophisticated strategies for broadband that go beyond the advertising-dependent portal model.

Richard Ayers, UK portal director for Tiscali, the pan-European ISP, says: "Portals have mutated into having a much wider scope of relationship with the customer. Our strategy is that we have to provide things to do, not things to read. People want games to play, applications to use, messenger and community services - and the portal is at the hub of that online relationship."

Broadband is taking the relationship to another level. Video-on-demand, music download services and online gaming are a few of the premium services being developed. Screen Digest, a media research firm, predicts that European online entertainment spending will increase from Euros 24m (Pounds 16m, Dollars 29m) in 2003 to more than Euros 1.8bn in 2007.

The promise of a huge leap in revenues is setting the stage for a battle royal. Guy Bisson, Screen Digest's television and broadband analyst, says: "The key is finding a business model. At the moment, the parallels are with the cable and satellite industries where cable is basically a distribution platform that buys in content and satellite is both a distributor and a content creator."

Paul Lee of Deloitte Research believes there is another way to generate revenue separate from content and access: "When you buy a car, a lot of the high-margin stuff comes with the accessories. With internet access, it's the accessories - the add-ons such as anti-virus and spam-protection software - that are generating the high margins for ISPs."

The industry is still in an experimental stage, says one leading ISP financial analyst, with services such as music downloads and digital photo-processing showing promise, while others try and fail to gain traction. "(Germany's) T-Online has tried a service to make you quit smoking and an online diet management application, neither of which was that successful," he says.

Roger Lynch, chief executive of Video Networks of the UK, a 12-year-old video-on-demand company that has just been relaunched with a pay-TV package and a broadband internet access offering, says: "Prices and margins are coming down for access, so the focus is going to be increasingly on competing on the range of services offered over broadband."

Hard Internet Cafe'
Autore: M. Bancora | Categoria: Marketing | Data: Domenica, 6 Giugno 2004 

logoEIC.gifÈ di questi giorni la notizia che il fondatore di EasyJet ha dichiarato di voler smantellare la catena di Internet Café aperti in tutta Europa.

Stelios non più di tre anni fa, decise di aprire degli internet café in luoghi di grande passaggio, le cosiddette high street, di tutto il mondo: Oxford Street, Tottenhan court Road a Londra, Piazza Duomo a Milano, Piazza di Spagna a Roma, La Rambla a Barcellona e così via in altre importanti città europee.

Evidentemente la struttura dei costi non ha permesso all'azienda di raggiungere il pareggio. Alti costi fissi legati sia agli immobili sia alle macchine necessarie per consentire ai clienti di navigare velocemente, non sono stati coperti dai ricavi per l'uso del collegamento e di qualche servizio accessorio, pubblicità di terzi compresa. Ricavi che comunque dipendono dallo sfruttamento delle superfici e dall'orario di apertura di questi negozi del browsing.

Dal sito della catena, nonostante l'azienda cerchi di rettificare quanto scritto sui quotidiani, la notizia è sostanzialmente confermata: non più aperture in immobili di proprietà o affitti troppo elevati, ma affitto di luoghi ad elevata calpestabilità e condivisione dei costi fissi con altre catene: McDonald's, uffici postali, supermercati.

La perdita dell'intera operazione è intanto arrivata a 150 milioni di Euro, pari a circa 15.000 giorni di navigazione non consumati. Non male, eh?

Xelibri in via d'estinzione
Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 26 Maggio 2004 

L'annuncio di Siemens di voler abbandonare la produzione della linea fashion di cellulari, coglie poco di sorpresa; presentati con grande enfasi (e con notevole spesa pubblicitaria) poco più di un anno fa, i cellulari della serie Xelibri, nelle intenzioni della azienda tedesca, dovevano rappresentare più un accessorio di moda che non un concentrato di tecnologia, attirando l'interesse di un nuovo pubblico più attento all'immagine e meno alla sostanza delle funzionalità.

Dal punto di vista distributivo, per cercare di "incontrare" al meglio questo nuovo pubblico tutto da creare, si era puntato molto sulla presenza nei negozi di moda e di alta moda con un rinnovo della linea che avrebbe dovuto seguire il cambio delle collezioni.

Il mancato raggiungimento degli obiettivi che ha portato all'annuncio di oggi non sembra aver demoralizzato i vertici della Siemens che promettono di riprovarci ancora, anche se il resto del mercato va da un'altra parte; visionari o testardi?

Una considerazione su...quelle che si chiamavano Web Agency
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 11 Maggio 2004 

La mia percezione, nata dall'osservazione diretta e dalla conduzione di colloqui (per candidature professionali, ma anche colloqui informali) con i proprietari/direttori/quadri delle web agency (ora dette: società di consulenza per lo sviluppo dell'e-business e del posizionamento strategico delle aziende su Internet) sopravvissute dopo il biennio 2001-2002 (perché in Italia la chiusura delle realtà dot-com ha iniziato ad essere "seria" dal 2001, con qualche ritardo sugli USA), è che alcune di queste piccole società (sotto ai 50 dipendenti), non sfruttano la loro snellezza organizzativa per essere fortemente creative ed innovative, utilizzando strumenti e risorse per analizzare il mercato e conoscere i bisogni dei propri clienti potenziali.

Alcune, forse troppe, di queste realtà basano la loro attività unicamente sulla bravura dei project manager (che non guasta mai, intendiamoci), e sulla creatività di partenza (intesa come capacità di innovare) dei loro fondatori (nella maggior parte dei casi ingegneri informatici).
In altri termini, quello che ho potuto rilevare in alcune di queste società è la svalutazione per ogni tipo di figura professionale che abbia come propria mission quella di occuparsi di aspetti strategici sia per la società stessa, sia per lavorare alla consulenza strategica sui progetti di e-business sviluppati per le aziende-clienti; sembra quasi che un consulente strategico od un esperto di marketing sia percepito come un inutile "fuffarolo", del quale si può fare a meno (che può andar bene nel contesto di una barzelletta, molto meno se lo si pensa veramente). E questo tra l'altro si riflette anche sulla componente retributiva...non per essere veniale, ma per dovere di cronaca va detto anche questo.
Insomma, mi sembra di veder riproposta la "filosofia" di alcune PMI, che basano la loro nascita e lo sviluppo iniziale su un'intuizione felice, ma che non fanno nulla per far sì che le loro strategie stiano al passo coi tempi, minando così la loro stessa possibilità di esistere; mi dispiace veramente dover constatare che sono pochi i creatori di imprese tecnologiche innovative che sono in grado di affiancare all'approccio ingegneristico (che va benissimo) una capacità di visione strategica ed orientata al mercato...e per fortuna mi posso "vantare" (ma non so se egli fa altrettanto ;) ) di aver lavorato con uno di questi, che da tempo immemorabile si fa chiamare Gpoc.

Auguri mamma, questo Giga è per te!
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 10 Maggio 2004 

Non so quanto fosse da prendere sul serio, comunque l'iniziativa di Google per la festa della mamma mi è sembrata carina. Mia madre sicuramente avrebbe apprezzato una casella e-mail da 1 GB... :)

Clicca sull'immagine per ingrandirla

PIU' libri per tutti
Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Lunedì, 26 Aprile 2004 

carta_piu_55x80_68x68_80x68.jpgDa qualche settimana in tutte le librerie Feltrinelli e in tutti i negozi RicordiMediaStore si possono trovare ragazze in minigonna e cappellino blu che cercano di convincerti (ma non ci vuole molto) a sottoscrivere la nuova Carta Più.
Non è nulla di rivoluzionario certo, è solo l'ennesima carta fedeltà, come le altre mille che abbiamo per il supermercato o per la benzina, solo che questa è una carta per una cosa un po' diversa, i prodotti culturali: libri, CD e DVD.

Solo la Feltrinelli poteva permettersi di fare un'operazione del genere su un prodotto, il libro, tra i meno comprati in Italia. Il discorso è un po' diverso se si parla di CD, ma anche in questo campo le aziende che prosperano non sono certo numerose. A Bologna la Feltrinelli ha praticamente il monopolio, e credo che il discorso sia simile in molte città italiane.
La Carta Più è stata lanciata in grande stile, e i requisiti per il successo ci sono tutti:
- è gratis: con 30 euro di spesa o se hai meno di 26 anni, 2 euro negli altri casi
- dà diritto a sconti e promozioni riservate: permette di accumulare punti per ogni acquisto e di accedere ad offerte particolari
- è cedibile, e quindi utilizzabile da più persone
- è comoda da usare: basta far leggere il codice a barre alla cassa

Su questa base ritengo che percentuale di persone che ha sottoscritto la carta sia tendente al 100%, anche perchè si sa che in Italia i lettori sono pochissimi ma molto assidui e "voraci", e con il prezzo che hanno i libri in versione non economia uno sconto fa gola a tutti.
Il funzionamento è semplice: acquistando libri, cd e dvd si accumulano punti che poi possono essere utilizzati come sconti per ulteriori acquisti.
Gli scopi dell'operazione sono evidenti: fidelizzare la clientela, creare un database da utilizzare per future iniziative, l'upselling e l'aumento della frequenza di acquisto. Un ulteriore scopo esplicito è quello di conquistare la fascia di clienti più giovani: i minori di 26 anni non pagano la tessera, hanno 10 punti omaggio ed hanno sconti particolari.

E il web? Sul sito www.lafetrinelli.it, il sito delle librerie, lo spazio dedicato a questa iniziativa è consistente, ma sul sito istituzionale www.feltrinelli.it non se ne trova traccia. Primo errore: mancata coordinazione su tutti i media aziendali.
La sezione del sito LaFeltrinelli dedicata alla Carta Più non è particolarmente curato dal punto di vista grafico, addirittura per il regolamento riporta l'immagine del volantino e non la pagina in HTML. Però la buona volontà c'è, e dal sito è possibile effettuare diverse operazioni:
- richiedere la carta: anche se poi questa non viene spedita ma va ritirata presso una libreria Feltrinelli
- verificare i punti accumulati
- controllare la scadenza della carta, richiedere la password ecc.
- visionare le offerte dedicate

Io l'ho fatta e l'ho già usata diverse volte, ma non ho ancora raggiunto il livello di punti (minimo 30) per utilizzare gli sconti (massimo 100 euro). Credo e spero che il funzionamento sarà altrettanto facile in fase di sconto quanto lo è in fase di spesa.

Ecco come ti visualizzo un media plan
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 23 Aprile 2004 

Mi capita spesso di definire la vita quotidiana (la mia e quella altrui) come una mappa costituita da percorsi, fermate (nodi), ed intersezioni con le vite (i percorsi, le esperienze) degli altri. Questa visualizzazione è tanto più veritiera quando si tratta della nostra vita on-line; non a caso si parla spesso, nell'analisi del traffico Internet, di "navigation path" (mappe o percorsi di navigazione), e di pagine/siti più frequentati, nonché di profilazione dell'utente.

Innestando questo tipo di "visualizzazione" sul mio vissuto professionale, mi è parso evidente che l'attività di media planning non è altro che: la ricerca dei punti di intersezione tra la vita del proprio target e l'esposizione di un brand/prodotto. O meglio, così dovrebbe essere: mi sembra altrettanto evidente, infatti, che troppo spesso la creazione di un media plan è stata ridotta, dalla consuetudine, ad essere un'operazione contabile che ha come conseguenza, come testimoniano gli incessanti passaggi televisivi di alcuni brand (in particolare delle TLC), quella di portare ad affidarsi solo alla "quantità", trascurando del tutto la logica della pianificazione.

Quel che vorrei fare è provare a trasformare l'attività di media planning in una operazione prima di tutto concettuale, nella quale l'obiettivo deve rimanere il raggiungimento puntuale ed ottimizzato del proprio target: questo concetto cardine consiste nella creazione di una corrispondenza tra il network di esperienza (la vita), mappabile, del nostro target, e la presenza (altrettanto mappabile, e sovrapponibile alla mappa dell'esperienza del nostro target) di un'azienda (il suo brand, la sua comunicazione) nello spazio fisico e virtuale.
Ripensandoci mi rendo conto che questo concetto è facilmente estendibile ad ogni strategia di marketing e comunicazione, dalla pubblicità tradizionale a quella on-line, agli eventi, alla sponsorizzazione di concerti e manifestazioni sportive, al "location management" (decisioni in merito alla localizzazione del punto di vendita nello spazio urbano), ecc...

Al centro dei nostri pensieri (di professionisti di marketing) ci deve sempre essere il percorso quotidiano di esperienza del nostro target, che come detto in precedenza è mappabile, ovvero raffigurabile come un percorso metropolitano, con nodi e fermate, e composto da esperienze fatte in:

  • luoghi fisici: pubblici (ufficio, palestra, bar, pub, concerti), e privati (casa propria);

  • luoghi virtuali: pubblici - il web, i newsgroups, le communities "aperte" - e privati - le communities "chiuse", le chat, le mailing list;

  • Questo sistema di visualizzazione potrebbe anche diventare uno strumento per rappresentare ai nostri clienti (le aziende) l'efficacia e la necessità di effettuare determinate azioni di marketing, evidenziando gli spazi dove il nostro target svolge la sua esperienza quotidiana, e studiando se questi spazi non siano già sovraffollati (e quindi sconvenienti).
    In sostanza si tratta di uno strumento sia analitico, per la mappatura della comunicazione proposta dalla concorrenza, sia progettuale, per pianificare secondo una logica strategica, e non secondo semplici consuetudini contabili, gli spazi dove è necessario proporre la propria comunicazione.

    Non appena avrò la possibilità proverò a costruire una mappa di questo tipo, prendendo ad esempio un percorso di vita "standard", e provando a sovrapporvi i punti di contatto tra questa vita e la comunicazione di un particolare brand, scelto tra quelli che tendono ad investire su svariati media e canali comunicativi. Scopriremo così se quanto ho in mente è solo un'interessante (forse per alcuni nemmeno questo) esercizio di stile, ma troppo complicato per diventare uno strumento di lavoro.

    Check-list per il marketing virale
    Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: Marketing | Data: Venerdì, 16 Aprile 2004 

    La definizione che trovo più interessante per descrivere il "marketing virale" è quella di "messaggio che sopravvive al suo portatore, usando i contatti sociali per accrescere la sua diffusione". In altri termini il marketing virale può anche essere visto come l'ultima (in ordine di sperimentazione) forma di permission marketing, dove il mittente del messaggio è, per il destinatario, un "trusted contact", una persona di cui si ha fiducia.
    Analizzando alcune campagne, nate come virali o diventate tali in maniera spontanea, ho elaborato quelle che ritengo essere tre caratteristiche fondamentali di questo sistema di diffusione dei messaggi.

    Poco brand = Molto appeal

    Il marketing virale è particolarmente adatto a promuovere eventi ed operazioni nelle quali il brand è "collaterale" ma non indispensabile; detto in altri termini il marketing virale è adatto a diffondere "socialità" e momenti di esperienza condivisa, dove il brand è presente in maniera molto discreta. Il marketing virale quindi funziona quando c'è "poco brand", quando la natura promozionale di una marca/prodotto appare, a coloro che diffondono il "virus", in secondo piano. Oltretutto il problema della credibilità (tutti siamo più o meno consciamente, e ragionevolmente, portati a credere che un messaggio accompagnato da un brand sia di parte, e quindi poco credibile) è notevolmente ridimensionato, proprio perché il mittente del messaggio non è un brand ma una fonte indipendente.

    Not-interruptive

    Un messaggio pubblicitario interrompe l'attività del destinatario, ne devia l'attenzione, qualsiasi cosa egli stia facendo nel momento della ricezione; in una parola, il messaggio pubblicitario è un'interferenza nella nostra vita.
    Un messaggio virale invece non interferisce con le nostre vite, perché proviene da una fonte (amici, conoscenti) che sono parte stessa della nostra vita. Anche l'attenzione che una persona è disposta a dare nei confronti di un messaggio, è più alta se questo proviene da una fonte indipendente dal brand, fonte che è parte dei nostri contatti di fiducia.
    Come citato in precedenza, il messaggio virale si diffonde là dove le persone fanno esperienza, in senso esteso, di tipo sociale. Se pensiamo quindi alla vita degli individui come ad un insieme di esperienze svolte in luoghi pubblici (bar, ufficio, eventi, concerti, palestra, ecc...), ed in luoghi privati, è facile notare che la maggior parte della comunicazione investe il target quando sta svolgendo un'altra attività, costringendo ad interromperla momentaneamente, mentre il marketing virale è l'unica forma di delivery del messaggio che è naturalmente iscritta nell'interazione tra persone.


    Non misurabile

    I fanatici del marketing quantitativo non saranno contenti del fatto che il marketing virale è difficilmente misurabile; di sicuro, per coloro che si sono abituati, soprattutto nella comunicazione on-line, a poter visualizzare le esperienze dell'utente su Internet (analisi del traffico e Web-metrics, misurazione delle campagne), può essere frustrante non sapere dove il proprio messaggio si sta diffondendo. Nel contempo però si ha la garanzia che il nostro messaggio virale si diffonde all'interno di un target qualificato, e che la sua diffusione è un avvenimento spontaneo e dal costo nullo per l'azienda.

    Fineco: New Bank, Old Story?
    Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Mercoledì, 31 Marzo 2004 

    Il conto corrente Fineco, come più di recente il conto Arancio, rappresenta per tipologia di offerta, ma ancora di più per target di riferimento, uno tra i fenomeni più rappresentativi dell'Internet italiana.

    Con una comunicazione che raggiunge oggi la quasi totalità dei suoi correntisti, Fineco ha però deciso un netto cambio di strategia commerciale rispetto al passato.

    Difatti, a partire dal 1° giugno 2004, verrà introdotto un costo mensile di 5,95€ che, come riporta la comunicazione, secondo una logica "tutto compreso" darà diritto all'uso di tutti i servizi di banking online, prelievi Bancomat da tutti gli sportelli senza commissioni, carte VISA, Bancomat, Pagobancomat ed interessi attivi lordi fino all'1,75%.

    Non male come incremento costi; da 0,00€ a 5,95€. Va detto che per chi ha sottoscritto contratti per altri prodotti Fineco (ad esempio fondi pensione, etc.) le vecchie condizioni contrattuali restano valide ed in più per chi apre un conto ora è previsto un premio mensile pari all'importo di 5,95€ fino a gennaio 2005.

    Ai correntisti "delusi" da questo repentino cambio di rotta, Fineco offre però la possibilità di guadagnare credito fino a ripagare i 5,95€ di costo del conto; come?

    1€ ogni 300€ spesi con VISA e/o Pagobancomat
    1€ con accredito stipendio o versamenti mensili superiori a 400€
    1€ ogni 2.000€ di compravendita titoli.
    1€ ogni 10.000€ di titoli + liquidità (asset complessivi)

    In pratica, dicono da Fineco, il conto dovrebbe restare gratuito a patto di usarlo in modo intensivo e quindi ad esempio accreditando lo stipendio, pagando con carta di credito, etc.

    In conclusione l'iniziativa mi sembra decisamente interessante; anche l'idea di utilizzare un pò di "basso" CRM per premiare i correntisti che generano maggiore valore è decisamente valida; resta da vedere se quelli di Fineco riusciranno a far percepire questo passaggio "a pagamento" come qualcosa di diverso da una semplice tassa.

    In fondo non viene offerto un upgrade di servizio ed anzi si chiede al correntista di sborsare più di 71 euro l'anno per un servizio che già aveva ... gratuitamente.

    ...E alla fine arriva Bill!
    Autore: Matteo.Balzani | Categoria: Marketing | Data: Martedì, 30 Marzo 2004 

    Leggo su Zeus News che Microsoft ha intenzione di destinare gran parte degli investimenti del settore R&D a sviluppare servizi che facciano concorrenza a Google sul fronte delle news, della ricerca e dei blog.
    Come spesso accade Bill arriva dopo, potendosi permettere investimenti enormi. Ho letto di recente che per ogni PC con sistema operativo il principe dei nerds percepisce ben 45 $, spendendone una cifra molto vicina allo zero. Lo ha fatto così con i browser, affossando Netscape; lo ha fatto con le console, ma ha aspettato troppo e l'Xbox non ha minimamente intaccato il dominio della Playstation, nemmeno puntando sul gaming online; ha tentato anche con gli smartphone, sfidando Palm/Handspring, ma non mi risulta che la diffusione di questi apparecchi sia ancora significativa.

    A breve quindi ci troveremo di fronte Newsbot (già attivo in realtà), Answerbot (in diretta concorrenza con il mitico Askjeeves) e Blogbot (che sfiderà Blogger/Google).
    Cosa può aggiungere Microsoft ai servizi attualmente esistenti?
    Una diffusione più capillare? Forse per i blog e per le news è già tardi.
    Interfacce più userfriendly? Difficile, i sistemi attualmente in uso sono quasi a prova di utonto.
    Nuove funzionalità? Permettetemi di dubitarne.
    Detto questo certamente una grossa fetta di utenti verrà comunque conquistata dalla comunicazione e probabilmente anche dall'integrazione con gli altri tools di MS, come Explorer o MSN Messenger.

    Questa strategia ovviamente ha dei pro e dei contro: non si rischia di gettare soldi in ricerca e sviluppo per prodotti/servizi dei quali non è possibile stabilire la presa sul pubblico; si entra in un mercato già pronto e ricettivo, sia dal punto di vista della distribuzione sia da quello della conoscenza da parte degli utilizzatori; si parte da una base tecnologica esistente e non si deve "inventare" nulla, se non a livello di comunicazione. D'altro canto però se si perde il momento giusto si rischia di non riuscire a raggiungere la leadership; sono necessari ingentissimi investimenti pubblicitari; si deve trovare il modo di strappare i clienti al first mover.
    Non sarebbe forse meglio investire nello sviluppo di nuovi servizi invece di affrettarsi per inseguire dopo? Con Netscape ha funzionato, è vero, ma erano altri tempi: Larry Page e Sergey Brin erano occupati nelle feste universitarie e non ancora nel progettare uno scarno motore di ricerca destinato ad avere un discreto successo...

    Tutta un'altra musica
    Autore: Giuseppe.Mayer | Categoria: Marketing | Data: Giovedì, 11 Marzo 2004 

    Il Parlamento Europeo, con un voto a larga maggioranza, ha di recente approvato una direttiva sulla proprietà intellettuale che va decisamente in controtendenza rispetto alle ultime deliberazioni in materia anche nel nostro paese.

    Sostanzialmente in questo documento da un lato viene ribadita e rafforzata la condanna verso chi trae un qualsiasi tipo di profitto dal commercio di materiale non originale (è prevista anche la possibilità di congelare i conti correnti bancari degli indiziati di reato), ma dall'altro è sancita la non punibilità per atti commessi in buona fede dai consumatori (come ad esempio scaricare musica da Internet per uso personale).

    All'interno della direttiva c'è anche spazio in realtà per una importante concessione che il Parlamento Europeo fa alle major dell'industria discografica; nel caso in cui un titolare di diritti d'autore intenda perseguire attività illegali condotte su scala commerciale, questi potrà infatti obbligare i provider alla fornitura dei dati personali degli utenti coinvolti in queste attività sospette.

    Chiaramente le proteste e le accuse di attentato alla privacy non si sono fatte attendere; accuse che si sono tradotte anche in attacchi personali verso la relatrice del provvedimento, la francese Janelly Fourtou del PPE, colpevole di "matrimonio" (in questo caso di interessi) con il suo compagno di vita Jean-Rene Fourtou, mega-boss di Vivendi Universal.

    Personalmente ritengo questa direttiva solo l'ultimo di una serie di segnali di malessere che emergono dall'industria culturale, di fatto incapace di gestire una richiesta di rinnovamento che, sempre più concretamente, sale dal mercato; Internet non ha generato questa richiesta, e tuttavia è riuscita a dare una risposta vincente ai consumatori.

    Le grandi imprese dell'industria culturale si erano illuse negli anni '50 e '60 di aver raggiunto un livello di organizzazione e di gestione distributiva tale da garantire un successo senza fine, ma negli anni è cambiato il modo di ascoltare musica (dall'lp, al CD all'MP3), di vivere il cinema (prima con il VHS ora con l'home theatre), in una parola, è cambiato tutto.

    Le aziende coinvolte non hanno dunque saputo rispondere a questa situazione di fatto con una rimodulazione dell'offerta distributiva o con una seria analisi di prodotto, e si stanno invece intestardendo in azioni di lobbying o con politiche di "criminalizzazione" dei consumatori (come i CD Copy Controlled) che tendono a penalizzare, invece che a valorizzare l'acquisto di originali.

    Eppure qualcuno sta provando nuove opporunità di business ed i casi di successo non mancano; Elio e le Storie Tese, nel corso del loro ultimo tour, vendono alla fine di ogni serata un CD contentente l'esibizione integrale del concerto al quale si è appena assistito e con questa iniziativa stanno riscuotendo un notevole successo. Un caso molto simile è quello dei Pearl Jam che un paio di anni fa misero in vendita, direttamente online, più di 70 CD estratti da altrettanti concerti tenuti in giro per il mondo.

    Altre iniziative interessanti sono quella di iTunes della Apple che permette per 0,99$ di scaricare "legalmente" un brano nella inifinita libreria disponibile, o ancora i chioschi musicali per creare compilation come quelli installati di recente a Bergamo.

    Insomma, si possono forzare le istituzioni a realizzare leggi gradite ad una particolare lobby, ma dove esiste una forte richiesta di mercato l'unico strumento per rispondere non può che essere il marketing.


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