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WIRED sbarca in Italia!
Leggo sul Guardian che Wired lancera' la versione italiana l'anno prossimo. A parte questo mi chiedo se in Italia ci sia un pubblico per riviste di questo genere e soprattutto se la qualita' della versione USA verra' mantenuta. Verra' inoltre rilanciata la versione UK, chiusa 11 anni fa! PS: scopro che questa notizia non e' cosi' nuova, visto che Dagospia (eh no dai, non lo linko...) l'aveva data a fine febbraio. Repubblica.it e il controllo delle fonti
Curiosando nei 5 minuti avanzati tra un panettone ed un torrone, sul sito di Repubblica.it, mi sono imbattuto in una galleria di immagini molto interessante, pubblicata proprio oggi, 30 dicembre 2007, e dal titolo "Velocità, false buche per non correre". Leggendo sotto le immagini scopro che "Il problema dell'alta velocità e dei divieti non rispettati dagli automobilisti ha indotto ad uno strano ma efficace esperimento a St. Louis, in America: false buche nel bel mezzo delle strade per evitare gli incidenti" Beh penso, ingegnoso, anche se mi sembra di ricordare di aver visto qualcosa di simile, neanche tanto tempo fa; ricerco tra i feed del mio fido G Reader e ... eccola qui; quella che Repubblica.it presenta come una esperiemento made in USA per rallentare gli automobilisti indisciplinati altro non è che una campagna di Ambient studiata e realizzata in India (non negli Stati Uniti) da Young & Rubicam per le sospensioni Pioneer. La buona notizia è che sono sicuro gli amici di Repubblica.it ci metteranno un nano-secondo a sistemare questo "errore", la cattiva è che ho già pubblicato su Flickr il print screen della pagina. :) Ringrazio Dio per avermi fatto nascere in tempi così interessanti .. un saluto e buone feste a tutti! Arnold ritorna ... ma bonsai
Come dare valore all'enorme archivio delle sitcom messo insieme negli ultimi 30 anni di TV e contemporaneamente essere pienamente 2.0? Ci sta provando Sony Pictures Television con il lancio, in collaborazione con MySpace, del canale Minisode Network; in pratica 15 serie tv saranno rielaborate per ridurre gli episodi dal minutaggio originario a 5 minuti mantenendo il senso della storia e inserendo anche un minispot da 3/5 secondi. Personalmente credo che su questo tema, ovvero l'utilizzo dell'archivio contenuti generati in TV su web, ci sia ancora molto da "inventare"; mi sembra che il potenziale sia molto maggiore di quanto fino ad ora sfruttato. E' una buona idea quella di Sony? Non lo so, ma la curiosità di vedere Arnold ridotto in episodi bonsai è tanta :) Salviamo Pandora e la internet radio
Oggi mi è arrivata una mail di Tim Westergren, fondatore di Pandora, la web radio della quale avevo già parlato in maniera entusiasta in un post di qualche tempo fa. Si tratta di un appello per salvare Pandora ma anche tutte le altre web radio, a fronte dell'aumento ingiustificato del costo delle licenze, quasi triplicate, deciso dal Copyright Royalty Board di Washington. "I hope you'll take just a few minutes to sign our petition - it WILL make a difference. As a young industry, we do not have the lobbying power of the RIAA. You, our listeners, are by far our biggest and most influential allies." A quanto capisco non si tratta certo di non voler pagare fee o licenze di altro tipo (tra l'altro il fondatore di Pandora è un ex musicista e capisce bene la situazione), ma di non essere discriminati rispetto agli altri tipi di radio. Da fan di Pandora e di web radio sono solidale e spero che tutti i lettori di IMlog firmino l'appello! Person of the year: YOU!
Va bene, io sarò particolarmente predisposto e già convinto, ma questa copertina è geniale e l'articolo è straordinario: Net neutrality: due video interessanti
Segnalo un paio di video relativi al tema della Net Neutrality. Il coraggio di sperimentare
Si dice che la cosa più nuova nel panorama mediale italiano siano le free press, non so se questa affermazione sia vera, certo è che le free press hanno avuto l'indubbio merito di far leggere un quotidiano a chi prima non ne avrebbe mai comprato uno. Ci si lamenta della scarsa propensione all'innovazione dell'editoria italiana, quando all'estero le sperimentazioni non si contano più. Sperimentare vuol dire anche rischiare di sbagliare o fallire nel progetto, ma questo consente di aprire all'esplorazione di nuovi terreni. Questo è un momento di grandi cambiamenti, ora più che mai è il momento di testare nuovi linguaggi, di favorire l'ingresso nel comparto mediale di nuovi soggetti La cultura deve essere costosa? Su questa sfida ho deciso di cimentarmi collaborando ad un progetto ambizioso di un editore visionario: una free press in carta patinata, dal titolo RIFLETTO che viene distribuita in stazioni ferroviarie e aereoporti e che si può scaricare dal sito. E' un progetto di divulgazione culturale, che tratta temi come le scienze, il turismo consapevole, la salute, l'ambiente, sponsorizzata da un gruppo industriale, che desidera aprire a tutti il mondo della divulgazione scientifica, seguendo l'esempio di ciò che Piero Angela ha fatto in televisione. Rifletto è un laboratorio, un cantiere aperto che si propone di sperimentare e percorrere nuove strade nella comunicazione. Il primo progetto speciale che verrà lanciato ad ottobre è un reality che parte dal web per approdare in tv, un progetto sicuramente non innovativo nella sostanza, ma che cerca di comprendere se ci possano essere nuovi linguaggi per format creati appositamente per la rete. Seguiranno altre sperimentazioni. Il sito di Rifletto evolverà in una direzione collaborativa e gli utenti saranno sempre più centrali, verranno pubblicate inchieste senza filtri nè censure, ma anche contenuti più leggeri e ameni come i video divertenti, insieme a quelli del CNR o altri istituti di ricerca. Verranno ospitati contributi di autori anche sconosciuti che verranno selezionati solo in base alla qualità dei lavori che proporranno e non in base al loro nome. Il sito è alla sua seconda beta ed è sicuramente migliorabile, visto che è on line da poche settimane. Il caso vuole che in questo progetto sia coinvolto professionalmente, ma questo post è solo uno spunto per parlare del coraggio di sperimentare. Ci tengo a promuovere il progetto soprattutto perchè la rivista è distribuita gratuitamente e perchè l'online non è considerato dall'editore un medium minore. In un prossimo futuro mi piacerebbe riuscire a distribuire gratuitamente anche contenuti formativi per gli studenti. La mia intenzione è di stimolare un dibattito su quali possano essere gli sviluppi di una visione editoriale in direzione partecipativa, per verificare se è possibile che nuovi progetti nascano da un blog come questo e che si materializzino poi realmente in un progetto editoriale che nasca con una modalità realmente bottom up. C'è un futuro sostenibile per la divulgazione in forma gratuita? Troveremo un appoggio dalla blogsfera? Che caratteristiche deve avere un progetto editoriale affinchè possa essere realmente aperto? Ho già raccolto tanti stimoli via mail su come debba essere una free press, in cui il termine free non sia solo legato alla sua gratuità, ma ad una libertà di espressione. C'è voluto molto coraggio nell'intraprendere questo progetto, c'è la possibilità che potremo compiere tanti errori, ma in questa fase non vedo altra scelta che sperimentare. Voi che ne pensate? Convergenza ?
Segnalo questo articolo che ho trovato sul sito Reuters. L'argomento è la convergenza video su iPod e le conseguenze per il mondo della pubblicità. Personalmente ho due considerazioni di partenza. 12 milioni di dollari per una figuraccia!
Questa è la cifra offerta da Michelin (Via AdAge) per rifondere gli spettatori che avevano pagato una media di 100$ a biglietto per assistere al Gran Premio di Formula 1 di Indianapolis dello scorso 19 giugno. Ecco la dichiarazione "Michelin deeply regrets that the public was deprived of an exciting race and therefore wishes to be the first, among the different groups involved in the Indianapolis race, to make a strong gesture towards the spectators". Pare anche che ci sia da parte della casa francese la disponibilità a "investire" altri 5 milioni di dollari in biglietti per il gran premio del 2006; costoso come PR, no? DivX "legale"
Ieri sera cercando un libro alla Feltrinelli International mi sono imbattuto in uno strano espositore: era pieno di film in DivX! L'idea comunque mi piace molto, magari me ne compro uno, anche solo per verificarne la qualità... Il DVR avanza...velocemente
Lo abbiamo scritto e ripetuto più volte, il DVR minaccerà in un prossimo futuro i modelli tradizionali di advertising basati sugli spot da 30 secondi. Il problema non è se, ma quando questo avverrà. Ovviamente il classico spot non morirà, ma verrà affiancato da nuovi formati pubblicitari. Al Forum Internazionale della Televisione Digitale Terrestre, che ho organizzato per THE ECONOMIST CONFERENCES a Roma, il dicembre scorso, sono stati anticipati i temi di punta del Miptv 2005. Pubblicità interattiva, contenuti on demand per le diverse piattaforme digitali e pubblicità non lineare, sono infatti gli argomenti in discussione nella prossima edizione della fiera internazionale che avrà luogo in Aprile a Cannes. Al Miptv si scommette da oltre due anni sul Digital Video Recorder, Forrester Research ha infatti pubblicato con grande risalto sul sito di Miptv le sue previsioni sulla penetrazione del DVR negli Stati Uniti con uno studio di Josh Bernoff L'anno scorso l'autorevole istituto ipotizzava una potenziale penetrazione negli Stati Uniti del DVR del 30% entro il 2008, oggi si spinge ancora più in la, prevedendo una diffusione del DVR di quasi il 45% entro il 2009. Mentre negli Stati Uniti si lavora già sui formati pubblicitari di terza generazione, nel nostro Paese si discute ancora di modelli pubblicitari per la tv digitale che nascono già vecchi. Gli Stati Uniti puntano sull'alta definizione, mentre diversi Paesi dell'Europa, tra cui l'Italia, invece sembrano privilegiare i contenuti ed i servizi interattivi. Anche quest'anno coprirò l'evento Miptv per la rivista Pubblicità Italia, ma cercherò di anticipare qualche retroscena qui su Imli riportando l'opinione dei più autorevoli protagonisti del futuro della comunicazione digitale, della televisione digitale e dei contenuti per i new media. Restate sintonizzati e non cambiate canale. Non ci saranno break pubblicitari. No, Leonardo non ha inventato i blog
È imminente il lancio di un nuovo portale di Eutelia, la società nata dalla fusione di Edisontel e Plug It. Il nuovo portale si chiamerà Leonardo e pare che i contenuti saranno selezionati dai blog creati dagli utenti che usufruiranno della piattaforma messa a disposizione dalla compagnia telefonica. Per chi non lo sapesse Plug It è stata una delle prime aziende a SFRUTTARE l'ingenuità di migliaia di italiani con i dialer, i famigerati gonfiatori di bollette telefoniche, per cui è stata condannata a pagare una multa di 3 milioni di euro, per buona pace di chi la bolletta l'ha pagata. Forse è il caso di premunirsi e di avvisare in anticipo gli utenti che una scelta intelligente questa volta potrebbe servire quantomeno a saldare qualche conto telefonico in sospeso. Blog su Leonardo? No grazie. Ancora asteonline! Ma non per tutti!
Collegejunktion.com è un interessante iniziativa (segnalata da BizReport) messa in piedi da studenti universitari USA: si tratta di un sito di aste online come ne esistono tanti, ma che permette l'iscrizione solo a chi possiede un valido indirizzo email .edu. Quello che mi sembra interessante in questa storia è proprio la motivazione che ha spinto gli studenti ad aprire un sito "specifico" per le proprie esigenze: eBay infatti resta una piattaforma riconosciuta come efficente (anche se l'incremento delle commissioni nelle scorse settimane non è piaciuto a molti) e tuttavia in un'internet sempre più di massa (leggi: affollata) il rischio per un offerta così "specifica" (libri di testo usati, etc) è quello di restare sommersa. In più l'idea stessa di essere "tra pari" è un valore che gli studenti stessi riconoscono come determinante nel dare rassicurazione nel momento dell'acquisto/vendita; non di tecnologia, ma di persone è fatta l'internet di domani! Sbatti il blog in prima pagina
Prima o poi doveva succedere; da feticcio di una ristretta cerchia di maniaci del web, il blog ne ha fatta di strada fino ad arrivare sulla prima pagina del Corriere della Sera di oggi. A dire il vero l'autore dell'articolo lo descrive ancora come "diario online" e, se non ho capito male, si tratta in realtà della traduzione di un articolo del Los Angeles Times, ma vedere quella parolina che fino a qualche tempo fa, semplicemente, non esisteva, direttamente sulla prima pagina del giornale più "istituzionale" del bel paese... Una piccola riflessione però: i giornali, in edicola, continuano a perdere copie da anni e dopo aver rinnovato nell'ordine la videoteca, la biblioteca e negli ultimi tempi anche le discoteche degli italiani si apprestano a divenire, gli stessi quotidiani intendo, meri allegati a qualche altro prodotto (un nuovo shampoo? Un buono sconto?) da distribuire in edicola. La cosa curiosa è che, negli ultimi tempi, un accelleratore di questo processo è stato proprio il blog; mi capita infatti sempre più spesso di leggere su periodici specializzati come Affari e Finanza una news "spacciata" come "esclusiva" e della quale in realtà sapevo già tutto (ultimo caso è l'articolo de Il Mondo sullo scontro Alfa/Bmw). Non solo; spesso capita che l'articolo stesso venga ripreso poi da blogger che lo sezionano e, come avviene nella maggior parte dei casi, ne sottolineano i limiti, le inesattezze e l'approssimazione mostrata dal giornalista nella conoscenza dei fatti. E pensare che un tempo bastava avere il proprio nome sul giornale per essere qualcuno :) Quale futuro per la misurazione delle audience televisive?
E’ inutile “sparare” sull’Auditel, Audiweb, Audiradio &C., sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, poi le polemiche tout court non servono a nessuno. Sono invece utili le pacate riflessioni e i ragionamenti costruttivi. Se ad esempio l’Auditel sta mostrando molti limiti in uno scenario televisivo (quello attuale) popolato da un numero limitato di canali (anche se come si sa, alla fine quelli più visti, rimangono i primi 10), una misurazione basata esclusivamente su un panel, per quanto ampio esso sia, diviene assolutamente inefficace quando ci troviamo ad affrontare la multicanalità e la coesistenza di centinaia di canali televisivi tra piattaforme alternative di distribuzione. In particolare; 1)errori statistici o sotto o sovra rappresentazioni anche di un solo punto percentuale possono fare la differenza in modo ancora più evidente dopo la transizione alla tv digitale Il problema della misurazione delle audience è troppo importante, al centro ci sono interessi troppo grandi. Le questioni da affrontare sono davvero complesse, vale la pena di essere pragmatici; sappiamo tutti che i vari Auditel sono strumenti fortemente imperfetti, ma fintanto che non disporremo di valide alternative, dovremo tenerceli. Non ho dubbi che quando la tv diventerà digitale sul serio, i criteri di misurazione dovranno essere misti (quali-quantititativi), ma sicuramente i problemi di cui sopra non potranno essere risolti a livello nazionale. Non potremmo non tenere conto dello stato dell’arte della misurazione a livello internazionale, perché la misurazione delle audience televisive, che ci piaccia o no, è un business i cui giochi si disputeranno a livello internazionale. Mettiamoci per il momento quindi il cuore in pace. Internet - Tv: pronti... partenza... via!
La televisione è sempre stata vista dagli operatori internet un po’ come il fratello maggiore, di cui avere rispetto ma anche un poco di soggezione. L’internet tv con la penetrazione attuale delle linee broadband sta diventando una realtà che potrà mettere in seria difficoltà gli operatori del “digitale terrestre” e quelli del “digitale celeste”. Gli analisti stimano nei soli Stati Uniti un’utenza di 26 milioni di clienti entro il 2008. L’argomento non è più per addetti ai lavori, visto che anche Newsweek se ne sta occupando (numero di 24 gennaio 2005), dedicando addirittura la copertina alla telefonia via internet ed un ampio spazio nella rivista alla internet tv. Non è difficile ipotizzare un futuro non troppo lontano in cui la broadband tv andrà in copertina. ... e il 2008 sarà l'anno di GoogleZon!
Dopo un anno passato a commentare, con sempre maggiore entusiasmo, le release dei nuovi servizi di Google, forse è il caso di provare ad immaginare, in un quadro più ampio, i possibili scenari futuri di quella che, solo pochi mesi fa, chiamavamo "guerra dei motori". In quest'ottica ho trovato decisamente interessante, anche se da brividi, il filmato, segnalato da Traffick, proveniente dal fantomatico Musem Of Media History del 2014, all'interno del quale si ripercorre la nascita del web dal 1989 fino ad oggi ... per andare poi oltre descrivendo un ipotesi futuristica dell'evoluzione dell'industria dei media fino al 2015. Il filmato, creato da Robin Sloan e Matt Thompson, è scaricabile da qui, richiede flash ed 8 minuti di tempo per essere visualizzato; per i più curiosi ecco in breve gli highlights su questo "possibile" domani. 2004 (e qui è facile) Gmail di Google, Newsbot di MSN ed A9 di Amazon vedono la luce. Inoltre, Sony e Philips, annunciano la prima produzione di massa di e-paper. 2005 Google, utilizzando parte dei ricavi della quotazione, compra TiVo e Microsoft, per rispondere adeguatamente, compra Friendster 2006 Google crea GRID, piattaforma universale integrata che combina tutti i servizi e prodotti di Google; Grid, così facendo, permette ai suoi utenti di utilizzare spazio e banda illimitati per condividere immagini, video, audio. GoogleGrid: always online, accessible from anywhere 2007 Microsoft prova ancora a rispondere e rilascia Newsbotster, primo social-news-network. In questo anno, la carta elettronica (e-Paper) costa meno della carta tradizionale. 2008 Google e Amazon uniscono le forze; nasce GoogleZon. Combinando le rispettive "specialità", GoogleZon può produrre una personalizzazione totale dei contenuti integrando questa offerta con quella commerciale. 2010 GoogleZon rilascia un algoritmo che permette ad un computer di combinare notizie provenienti da editori, ma soprattutto da blogger e social network più popolari, in funzione delle particolari esigenze di ogni singolo individuo. A questa mossa, Microsoft non riesce a rispondere. 2011 Il New York Times cita in giudizio GoogleZon per violazione del diritto d'autore ... e perde. 2014 GoogleZon rilascia E.P.I.C.; Evolving Personalized Information Construct in grado di raccogliere e filtrare qualsiasi tipo di informazione in funzione delle richieste e delle specifiche esigenze del singolo utente. Sarà l'anno del "newsmaster", che sostituirà la figura del webmaster e sarà pagato e valutato in funzione della "popolarità" che i suoi contenuti sono in grado di generare. Il newsmaster rappresenterà quindi la nuova forma di editore che, utilizzando nuovi strumenti e servizi, sarà in grado di produrre contenuti (ad esempio in formato RSS) gestiti da Epic in funzione della loro popolarità e indirizzati al singolo utente in funzione delle sue specifiche richieste. "Everyone contributes in some way" La fine dell'industria dei media così come la conosciamo oggi, o il suo apice? Il digitale che non ti aspetti
Siamo sinceri, ben pochi credevano e credono al digitale terrestre e ad una sua rapida crescita, anche dal punto di vista delle opportunità legate al mercato pubblicitario e al marketing interattivo, nonostante giungano notizie di carte prepagate calcistiche anche da La7, e di spot interattivi pronti all'uso dalle parti di Cologno Monzese, che peraltro nessuno ha ancora visto. Tuttavia la storia a volte imbocca strade inaspettate: dopo questa notizia ("Berlino collegata tramite un hot spot via DVB-T, cioè lo stesso sistema di trasmissione della tv digitale terrestre") potrebbe esistere una possibilità, sia pure minima, che alla fine il sistema messo in piedi in Italia per tenere in vita il duopolio possa avere uno sviluppo diverso da quello triste e scontato che tutti hanno immaginato, cioè la riproposizione, a definizione migliore, degli stessi squallidi contenuti catodici. Pensate ad un'appliance in grado di ricevere a banda larga, via antenna TV, canali televisivi digitali, dati (internet, mail ecc.) e di collegarsi in dialup per richiedere qualsiasi tipo di input (un film, un approfondimento su di un prodotto, un video, con tutta la ricchezza di internet) partendo (cliccando?) indifferentemente su uno spot interattivo o un sito... La convergenza nella fornitura di Internet direttamente via segnale televisivo potrebbe superare quindi da un lato la limitazione della -altrimenti povera- interattività del DTT, che sembrava non potesse andare al di la' di una specie di versione rich-media del Videotext, dall'altro la difficoltà e le rimostranze dell'utente poco informatizzato nel dotarsi di un PC vero e proprio. A quel punto, chi riuscirà a fornire il box, avrà il controllo di tutto lo spettro interattivo della gran parte delle famiglie medie italiane. SportItalia, la TV fatta col web...
SportItalia è un nuovo canale tematico, di proprietà di Eurosport, uscito da non si sa dove e che utilizza frequenze nazionali come se niente fosse, alla faccia di tutto il casino di Rete4 ed Europa7, il satellite e i pianti di Emilio Fede. (Chi sa come ha funzionato la cosa me lo spiega? Grazie) In ogni caso la cosa che mi ha più colpito di questo nuovo canale è l'utilizzo massiccio del web. In pratica i conduttori dei vari notiziari "live" non leggono notizie dai soliti fogli, ma si collegano a diversi siti internet, citandoli e mostrandoli sullo schermo del proprio PC, e leggono direttamente le notizie dal web. Sicuramente questo velocizza il loro lavoro e permette loro di essere sempre aggiornati in tempo reale o quasi. D'altro canto toglie un po' di credibilità e aura al lavoro del giornalista, che si riduce ad un annunciatore/lettore/surfer. Probabilmente non è quello che molti intendono con integrazione tra web e TV, ma dal punto di vista dello spettatore ha i suoi lati positivi: innanzitutto permette di conoscere i siti di riferimento dei vari sport o campionati, con la possibilità ovviamente di andarseli poi a rivedere autonomamente; poi dà la possibilità di essere messi al corrente di un maggior numero di eventi o risultati, d'altronde no hanno bisogno di creare dei servizi, devono solo digitare l'url o sceglierla dai preferiti... Addirittura ieri, parlando di skateboard, il mezzobusto ha aperto Google e ha fatto una ricerca al volo, inserendo semplicemente la keyword "skateboard" (detto come va detto ha poi aperto un sito amatoriale indecente...). Stamattina invece, parlando di rugby, la ragazza, un po' stile VJ di MTV, ha visitato un sito in cui si trovavano le istruzioni per imparare la haka (la famosa danza propiziatoria degli All Blacks): la telecamera ha abbandonato il volto per inquadrare direttamente lo schermo del PC e seguire il clickstream della conduttrice. In misura embrionale questo approccio ammette quello che tutti sperimentiamo ogni giorno: il superamente della TV, in favore della rete ovviamente, come mezzo di informazione primario. Non più quindi "l'ho visto in TV", ma "l'ho letto su Internet"! Wi-fi, why not?
Sottotitolo: perché agli altri sì e a noi no? Il Wi-Fi, tecnologia per la creazione di reti senza fili approvata dall'IEEE nel 1997, è una tecnologia di cui in Italia si parla soprattutto a proposito dei modelli di business legati all'accesso a banda larga in aeroporti, hotel, ristoranti ed altri luoghi chiusi. Se ne parla molto meno come opportunità di sviluppo tecnologico e sociale (sì, perché in una società basata sulle informazioni, ogni opportunità di accesso è anche una opportunità di sviluppo sociale). La normativa italiana riflette questo discorso, andando perciò a regolamentare soprattutto le applicazioni commerciali del Wi-fi(i casi citati in precedenza di aeroporti ecc...) ed ignorando quasi del tutto le altre possibilità di impiego. E' un problema di scarsa conoscenza dell'argomento da parte del legislatore (ed in particolare del ministero competente), il quale dimostra, a scapito di quello che dovrebbe essere il suo ruolo, di non essere in grado di immaginare i possibili sviluppi del Wi-Fi e finendo così per non agevolarli...se non per ostacolarli: l'impianto normativo infatti ignora, se non ostacola, le potenzialità del Wi-fi per creare reti pubbliche ad accesso gratuito, soprattutto se a volerle costituire sono privati cittadini od associazioni no-profit (come vedremo più avanti, in Italia le reti Wi-Fi pubbliche possono essere create solo da operatori iscritti in un particolare registro, nel quale ci si può iscrivere solo a particolarissime condizioni). In altri paesi più lungimiranti tecnologicamente (Usa) o con una tradizione importante in fatto di libertà nelle comunicazioni (Olanda, in particolare Amsterdam), le reti pubbliche Wi-Fi si stanno sviluppando come processo per: Facciamo una rapida panoramica su alcuni casi in giro per il mondo (con confronti rispetto allo scenario italiano). - A St.Louis (Missouri-Usa) hanno pensato che una rete Wi-Fi cittadina e gratuita potesse essere una buona strada per lanciare un processo di sviluppo tecnologico e sociale, e per rendere la propria città tecnologicamente competitiva. L'idea è stata quindi quella di sviluppare una rete Wi-fi municipale accessibile a chiunque, cittadini, turisti, lavoratori. Il caso di St.Louis è l'emblema della rete Wi-Fi come metodo per aumentare l'attrattività (valore economico, valore sociale) del territorio cittadino. - La Francia ha liberato l'uso delle frequenze da 2.4 a 5 Ghz (quelle del wi-Fi per intenderci) che quindi per uso privato non richiede il rilascio di una licenza. In Italia non è richiesta alcuna autorizzazione solo nel caso in cui la rete Wi-Fi è limitata alla propria proprietà, cioè abitazione+terreno circostante; ma il legislatore ignora che le onde radio non sono limitabili e una rete Wi-Fi casalinga può anche arrivare con le proprie onde in strada o nel terreno del proprio vicino, senza possibilità di impedire che questo avvenga. - Per sottolineare l'atteggiamento delle imprese italiane del settore telecomunicazioni, un paio di anni fa Tim e Wind chiesero al legislatore di bloccare il Wi-Fi, perchè secondo loro costituisce una minaccia agli operatori che hanno acquistato (a caro prezzo) le licenza UMTS. - Mentre in Italia E.Biscom (grazie anche a capitali della AEM) sta ancora scavando per depositare fibre ottiche, ad Amsterdam una società privata -HotSpot Amsterdam sta creando una rete Wi-Fi costituita da 250 hotspot che mira a coprire l'intera città rendendo il cavo non più necessario. E se lo fanno ad Amsterdam, dove il cavo TV (utilizzabile anche per l'accesso ad Internet) c'è già e raggiunge il 90% della popolazione, perché non farlo in Italia dove il cavo in gran parte del territorio non c'è (e l'ADSL non è ancora presente in molte zone)?. - In Italia il Decreto Ministeriale di regolamentazione dei servizi Wi-fi ad uso pubblico (art. 3, comma 4) stabilisce che gli unici soggetti autorizzati a creare reti Wi-Fi pubbliche, previa autorizzazione generale, sono obbligati all'iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione (Roc); dalle faq presenti sul sito Agcom si legge che solamente i soggetti che svolgono attività di radiodiffusione o che sono agenti del mondo pubblicitario od editoriale possono iscriversi al registro. E' preclusa ogni possibilità di iscriversi al registro, e quindi di creare reti Wi-Fi pubbliche, ad ogni altro tipo soggetto, comprese realtà non imprenditoriali, no-profit o liberi cittadini.
Il primo modello, per quanto gestito da persone competenti, può produrre a lungo termine un imbrigliamento delle possibilità di sviluppo tecnologico ed una lontananza del risultato dai bisogni dei privati cittadini, in tutto favore di interessi particolari (che possono essere quelli di un gruppo di imprese o dello Stato stesso).
La normativa italiana: - Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2001, n.447 - Decreto Ministeriale di regolamentazione dei servizi Wi-fi ad uso pubblico del 28 maggio 2003; - Il registro degli operatori di comunicazione. Alcuni articoli - Wi-Fi: profili giuridici e opportunità di mercato - Un'articolo di Beppe Caravita sulle possibilità di aprire il Wi-Fi al mondo pubblico e no-profit: Quel pasticcio del decreto Gasparri sul wi-fi....; Microsoft e Telecom assieme per la WebTV
E' di pochi giorni fa la notizia di un accordo tra la Microsoft e Telecom Italia per la sperimentazione anche in Italia della piattaforma Microsoft Iptv, ovvero la TV su protocollo IP. La sperimentazione inizierà nei primi mesi del 2005 e coinvolgerà, nella prima fase di test, circa un migliaio di utenti Alice, in due modi: tramite il portale RossoAlice e, per i clienti ADSL, tramite l'accesso diretto tramite la propria TV. Ovviamente tutto sarà basato sulla tecnologia proprietaria Windows Media 9 Series, ma in questo caso non credo che la posizione dominante possa aiutare più di tanto la diffusione di questo strumento. A mio parere la possibile integrazione tra TV e web sta nella digitalizzazione e nell'archiviazione dei contenuti (per esempio RaiClick), non nell'interattività a tutti i costi. Invece di rispondere ad un'esigenza degli utilizzatori si sta cercando, secondo me, di creare un nuovo bisogno. In generale non vedo particolarmente di buon occhio l'integrazione assoluta, nel senso dell'integrazione di aspetti che poco hanno a che fare tra loro. Il criterio alla base di queste operazioni dovrebbe essere la creazione di un vantaggio o la riduzione di un disagio per chi si serve una o più tecnologie. T-Government, e-government sulla Tv Digitale Terrestre
Il 21 giugno il Cnipa - Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione, ha comunicato un bando per il finaziamento di servizi di e-government fruibili tramite la piattaforma Tv digitale terrestre. Il bando del Cnipa promette ai progetti scelti un finanziamento del 50% sul totale, con uno stanziamento complessivo di 7 milioni di euro. Quasi contemporaneamente la Fondazione Ugo Bordoni ha promosso un bando, stanziando 3 milioni di euro, per il medesimo scopo. Quindi ogni ente regionale potrà concorrere per finanziare, anche se solo a metà, un progetto di pubblica utilità su piattaforma DTT. Qualcuno finalmente ha capito che, per innalzare la diffusione del DTT, è necessario finanziare i fornitori Comunque, ho già avuto modo in passato di rimarcare la contradditorietà di utilizzare risorse pubbliche per finanziare l'acquisto di inutili decoder, e quindi i bandi del Cnipa e della Fondazione Ugo Bordoni tentano di colmare la mancanza di servizi innovativi, che sono l'unico vero motivo per cui una persona dovrebbe acquistare un decoder. Io, a mio tempo, avevo proposto degli utilizzi innovativi del DTT, per fare sì che questa innovazione possa veramente diventare, come scritto sul sito del Cnipa, "una tappa fondamentale nello sviluppo tecnologico dei sistemi televisivi", ma soprattutto, come scrivo io ora, una tappa fondamentale nello sviluppo di una capacità informativa, di servizio e culturale (attualmente tutte e tre ad un livello infimo sui media italiani) accessibile a tutti. Tv digitale terrestre...e tre.
Ho già scritto in altre due occasioni in merito al tema della tv digitale terrestre, qui, e qui. Con questo terzo intervento in tema di tv vorrei spostarmi momentaneamente dall'argomento della creazione di modelli di televisione partecipativa, per sensibilizzare i lettori sul tema dell'assegnazione delle frequenze televisive. E' un argomento che in realtà non riguarda direttamente il marketing o la comunicazione, ma indirettamente riguarda la libertà di trasmettere un segnale Tv, e quindi anche la libertà di comunicare e di sviluppare iniziative imprenditoriali di broadcasting. Ho giò cercato di fare sensibilizzazione su questo tema, accennando in un precedente intervento all'esperienza olandese, dove lo Stato ha deciso di concedere a chiunque la possibilità di trasmettere i propri documentari ed i programmi televisivi realizzati "in proprio", creando degli appositi canali di trasmissione via cavo (che in Olanda ha una penetrazione pressoche totale presso le case). Certo, nel nord Europa c'è una cultura piuttosto differente rispetto alla nostra... Un'altra strada per permettere una maggior libertà di accesso alle trasmissioni tv sarebbe il cambiamento della filosofia e della politica di assegnazione delle frequenze. Da qualche mese, come è ampiamente noto, è stata introdotta in via sperimentale la tecnologia digitale terrestre; questa nuova (per l'Italia) tecnologia permetterebbe di modificare il processo di assegnazione delle frequenze, passando da un sistema centralizzato, gestito dallo Stato, ad un sistema di assegnazione automatica, gestita dalla tecnologia. Posso ipotizzare la risposta a questa domanda: occorre sottolineare che l'attuale sistema di assegnazione delle frequenze da il potere ad un'unica entità di decidere chi può trasmettere e chi no. E' quindi probabile che questa entità non voglia perdere questo potere di controllo. Il problema è ovviamente anche di tipo politico e culturale; uno Stato X ed i governi che lo guidano sarebbero in grado di tollerare che tutti, o comunque che molti, possano trasmettere liberamente le proprie immagini, le proprie idee ed opinioni, senza poter far nulla per impedirlo in maniera preventiva? E lo stesso discorso è applicabile sia alla radio (DAB), sia al Wi-fi. L'argomento viene approfondito qui (in inglese), ed in breve qui (in italiano). Quando la vera esplosione?
La ricerca commissionata dal Cnel ad Eurisko non lascia dubbi. Siamo ancora un paese che deve crescere rispetto al resto dell'Europa: una penetrazione del 28,5% contro il 60% della Germania e il 54% della Gran Bretagna. E il trend non sembra affatto in crescita. Per il resto nulla di nuovo: "Il navigatore tipo è maschio, giovane e istruito". WAP: ma esiste davvero?
Secondo me non si può dire che il WAP sia morto, semplicemente perchè non è mai nato! Ma sono servizi per qualcuno o solo per far vedere agli investitori e agli azionisti che ci si muove e si fa qualcosa? Ha senso "sprecare" risorse umane e finanziarie per dei servizi che verranno utilizzati da un numero irrilevante di persone? Forse sono io che sbaglio e non mi rendo conto, ma mi pare che stiano tenendo in vita la tecnologia WAP solo con i macchinari e che l'encefalogramma sia piatto da un po': accanimento terapeutico insomma. La tv partecipativa
Qualche giorno fa ho pubblicato uno scritto in tema di tv (link), nel quale auspicavo, in coincidenza dell'introduzione della tecnologia Digitale Terrestre, l'istituzione di uno o più canali ad accesso pubblico destinati a trasmettere i contenuti prodotti da privati cittadini, enti no-profit, o realtà in ogni caso indipendenti dalle emittenti cosiddette "commerciali". L'obiettivo è quello che è facile immaginare: abbattere il duopolio asfittico dei "broadcast media" italiani che, come ho spiegato sempre nel precedente articolo, nemmeno il DTT garantisce di rimuovere, a causa di motivazioni di ordine principalmente economico, che fanno sì che solo grandi investitori possano accedere alle trasmissioni digitali. Esiste anche un'altra via per raggiungere l'obiettivo di aumentare l'offerta televisiva, via della quale, ammetto, non ero a conoscenza. La potrei definire "tv partecipativa", o "tv ad azionariato collettivo". Il principio è semplice: un canale televisivo si fa finanziare, tramite sottoscrizioni, dal suo pubblico, che con questa azione di finanziamento acquisisce un potere di influenza sulle scelte dell'editore (come un'azionista per un'azienda). Questo "modello televisivo" è applicato in USA da Thirteen Channel di New York, ed in Italia da Nessuno Tv; quest'ultima iniziativa è stata lanciata da Bruno Pellegrini, ex-direttore Marketing e Contenuti di Jumpy, e come emerge in questa recensione, si propone di diventare una realtà produttrice di contenuti non solo per la tv, ma "multi-piattaforma" (radio, web, contenuti per video-telefonia mobile). Si spera che la cosa vada avanti, e che la scelta di adottare il modello "partecipativo" non sia solo un modo per far parlare di sé, ma una scelta che possa davvero sviluppare un modello dilagante di partecipazione alla "creazione dei media, dei contenuti e dei linguaggi". Cresce il Local Web Advertising (negli USA)
E' questa la conclusione di uno studio fatto da Barrel Associeates i cui risultati, appena resi pubblici, hanno suscitato molto interesse. Gli autori della ricerca prevedono infatti un incremento medio di spesa nel 2004 pari al 28,7%, più del doppio rispetto al web Advertising considerato nel suo insieme; sfortunatamente il WebAudit della Barrel non analizza questo aumento di spesa per tipologia di strumento (per intenderci, non sappiamo quale quota di spesa è riservata alle Pagine Gialle, quanto ai motori di ricerca ne quanto ai siti che richiamano realtà locali, etc). La ricerca prevede anche un notevole incremento nei ricavi nel 2004 per giornali e Tv locali (tra 80% ed il 100%), ma da quello che leggo non si comprende se questa crescita è causa, effetto oppure è indipendente dalla corrispondente crescita di spesa pubblicitaria online. Ed in Italia? Dopo il clamore suscitato ieri dalla notizia del raggiungimento di quota 21 milioni di navigatori, ripresa anche dai maggiori giornali e telegiornali nazionali, penso sarebbe opportuno iniziare ad indagare questi aspetti locali, ma in una prospettiva diversa rispetto a quello che è stato fatto in USA. Negli Stati Uniti infatti la dimensione locale si realizza in macro-aree omogenee geograficamente, ma aventi come centro di influenza le maggiori metropoli (New York, Los Angeles, etc); in Italia la dimensione locale è molto più "diffusa", con pochissime macro-aree (Milano, Roma ad esempio) e difficilmente inquadrabile. E tuttavia conoscere in che modo gli inserzionisti locali percepiscono il media potrebbe rappresentare davvero un ottimo punto di partenza per raggiungere l'obiettivo di una crescita stabile di investimenti pubblicitari online anche nel nostro paese. Due proposte per un Digitale (Extra)Terrestre.
Il 31-12-2006 cesseranno le trasmissioni televisive nella "ultra-cinquantennale" tecnologia analogica, se la legge attualmente in discussione sarà approvata e non subirà modifiche. La sperimentazione, come molti già sapranno, è già in corso e durerà ufficialmente (sempre secondo la legge in approvazione, salvo modifiche o proroghe) fino a Luglio 2005. L'eventualità, tutta da verificare, causata da questo incremento di capacità trasmissiva, è che gli editori che si sono "accaparrati", a caro prezzo, i Multiplex (le frequenze di trasmissione), vogliano affittare le frequenze che non utilizzano ad editori "terzi"; l'effetto di questa eventualità (che sto ipotizzando io, ma per ora non è stata ipotizzata dai carrier già attivi sul DTT; Mediaset, Rai, La7 e Dfree), sarebbe che un editore che vuole diffondere i propri contenuti potrebbe farlo senza investire in infrastrutture, ma pagando un consistente canone di affitto all'operatore di rete (che non so quantificare, ma visti i costi degli investimenti in infrastrutture, in qualche modo il costo d'affitto deve portare alla copertura di queste spese). Il punto è che i capitali necessari ad entrare nel mercato del DTT, come operatore di rete, sono ingenti (stimati in 1,5 miliardi di Euro), quindi saranno quasi esclusivamente le aziende già attive nel campo delle trasmissioni TV a poter sostenere un tale livello di investimenti; questo perché l'editore già attivo sull'analogico ha un "cuscinetto" costituito dagli introiti pubblicitari, che va ad attutire gli investimenti nel DTT, ed anche perché l'editore che sostanzialmente si "trasferisce" dall'analogico al digitale, ha già un pubblico consistente di utenti fedeli. Qualunque altra azienda che volesse entrare nel mercato DTT avrebbe quindi dei problemi in più, oltre agli ingenti investimenti necessari, soprattutto sulla mancanza di fedeltà degli utenti TV. Sono abbastanza convinto, oltretutto, che l'ingresso di nuovi editori che copiano, come modello, come contenuti e come target destinatario, il modello delle tv generaliste, è destinato a fallire. C'è qualche possibilità in più se si propongono canali tematici o canali di servizio; bisogna pensare qualcosa di nuovo insomma, ma mi sembra che la Rai per ora sia l'unica che lo sta facendo (Rai Doc e Rai Utile), anche se per giudicare aspetto di vedere cosa ne esce, dal momento che non c'è niente di definitivo, nemmeno il nome di queste due nuove reti. Come evitare quindi il rischio concreto di una "blindatura" del mercato, con pochi editori/operatori di rete che controllano la rete di trasmissione, ed eventualmente affittano le frequenze che loro non utilizzano ad altri editori che ne sono sprovvisti? Proposta 1 - Il finanziamento Per favorire l'ingresso di nuovi editori, io destinerei gli incentivi ad imprese (o ad idee imprenditoriali) destinate a sfruttare le nuove caratteristiche introdotte dal DTT e ad accrescerne l'offerta in termini di contenuti, anzichè finanziare l'acquisto dei decoder (oltretutto con la politica scellerata di vendere dei decoder per un servizio in gran parte indisponibile, generando arrabbiature e delusioni negli utenti, nonché una sensazione di "fregatura"). Proposta 2 - Un Multiplex ad accesso pubblico Per favorire l'ingresso di nuovi editori, o più propriamente, per favorire il pluralismo, propongo che si approfitti della abbondanza di canali che il DTT (rispetto all'analogico) sembra consentire, per creare un Multiplex ad accesso pubblico, sul modello dei canali ad accesso pubblico presenti in Olanda. Questi canali ad accesso pubblico, in Olanda, sono nati su iniziativa statale, ma su spinta "popolare"; negli anni '80 gruppi di "pirati" entravano illegalmente nelle trasmissioni TV, diffondendo i loro contenuti, principalmente di "video-art". Lo Stato olandese ha deciso (è stato in un certo senso costretto, per far terminare le attività di "hacking" della TV via cavo), di offrire canali ad accesso pubblico che rispondessero a questa volontà di comunicare; naturalmente negli anni la qualità di questi canali si è accresciuta, arrivando a proporre formati di tutti i generi, dall'informazione ai talk-show, alla copertura mediatica di eventi locali ed internazionali. In Italia non c'è una spinta popolare all'accesso al broadcasting, almeno non forte come quella olandese degli anni '80, anche se non manca il fenomeno, ormai non più secondario, delle TV di strada che trasmettono nei coni d'ombra delle frequenze concesse agli altri editori, e che contano ormai qualche centinaia di "trasmettitori" diffusi su tutto il territorio nazionale, supportati nella loro attività da un network di creatori e distributori di contenuti (naturalmente a titolo totalmente gratuito), che fa capo a New Global Vision. Come si dice in questi casi, "just my 2 cents", per cercare di avere un vero sviluppo del broadcast in Italia (a prescindere quindi dal DTT o meno, ma tentando di approfittare di questa innovazione), fin troppo asfissiato dall'oligopolio "bicefalo" (ma a me sembra "acefalo", almeno nella qualità del prodotto finale) che in molti vorrebbero mantenere invariato. Radio digitale
Avrai sicuramente sentito parlare di Digital Audio Broadcasting (DAB). Radio Monte Carlo lo scorso dicembre ha trasmesso uno spot ad hoc decantandone le qualità. Le conferenze in cui si cerca di definire gli standard e studiare le applicazioni si sprecano. Si tratta di una nuova tecnologia che consente di trasmettere programmi radiofonici su canali digitali, con una migliore qualità del suono rispetto al segnale analogico e con un minore costo di distribuzione. In Inghilterra la radio DAB è stata uno degli oggetti tecnologici più venduti durante lo scorso Natale. Se aggiungiamo la (non troppo) recente possibilità di ricevere i segnali delle più importanti stazioni attraverso il decoder satellitare, possiamo dire di trovarci di fronte ad una potenziale rivoluzione per le trasmissioni radio e quindi per il mezzo. In Italia c'è un consorzio attivo fin dal 1996 che studia la radiodiffusione digitale. Nel consorzio vi sono le maggiori stazioni nazionali: Elemedia (Radio DeeJay, Radio Capital, m2o), RDS, Radio Maria, Radio Radicale, Radio Italia Solo Musica Italiana, Radio 24 - Il Sole 24 Ore, Radio Italia Network. Quali sono i cambiamenti che il DAB porterà nel modo di ascoltare la musica? Questa tecnologia entrerà nelle nostre case attraverso l'impianto stereo, il decoder satellitare e il PC. Saremo in grado di trasportarla con le radio portatili e le autoradio senza più dover risintonizzare la radio sulla corretta frequenza. Le radio DAB saranno un concentrato di tecnologia in movimento. Avranno infatti la possibilità di ricevere segnali convertibili in immagini, oltre ovviamente a testo e dati. Gli utenti DAB potranno quindi ricevere i titoli delle canzoni trasmesse, ma anche contenuti editoriali (informazioni sul traffico), mappe interattive per la navigazione (indicazioni per raggiungere una località) e filmati. Sono già state sviluppate radio e autoradio con uno schermo a colori in grado di riprodurre filmati. L'utente avrà così la possibilità di ricevere altre informazioni multimediali oltre a testo e suono: il video della canzone trasmessa, un gioco in Java, notizie, Non da ultimo il DAB è compatibile con tutti i protocolli di comunicazione mobile: GSM, 3G, UMTS. È sufficiente un chip per attivare la funzionalità all'interno dei telefoni cellulari, fornendo ai clienti degli operatori un canale di comunicazione su cui veicolare radio, testo, dati e filmati, come un normale ricevitore DAB. Insomma, siamo di fronte ad una rivoluzione del mezzo che potenzialmente avrà impatti non solo sul modo in cui ascolteremo le trasmissioni, cambierà completamente l'esperienza dell'ascolto e il modo in cui utilizzeremo la radio. Per le aziende si apriranno nuovi scenari per raggiungere il proprio pubblico: comunicazione multimediale su un mezzo in movimento, ma anche la possibilità di personalizzare la comunicazione su uno specifico target di utenti. Un po' come internet, no? |