IMlog - Il blog di chi fa marketing online

Informazioni al posto di opinioni

Starò invecchiando (in senso buono, spero di poter dire), ma devo ammettere che mi ha convinto questo articolo trovato sul sito di Internazionale.

Starò invecchiando perché circa 15 anni fa (quando avevo 16 anni, anagraficamente) pensavo che una accresciuta accessibilità degli spazi di discussione fosse in grado di sviluppare il rispetto tra persone e insegnare il dialogo, con l’allenamento e la pratica (questo per tagliare con l’accetta i miei pensieri di allora, in realtà più contrastati). Le considerazioni reali sono invece opposte e molto meno contrastate di allora: spesso - e soprattutto online - chi lascia un commento lo fa senza rispetto, dimenticandosi che sta usufruendo di un privilegio che gli viene dato e che non conosce minimamente le persone con cui sta parlando (quindi dovrebbe porsi con distanza ed educazione).

Detto questo, non rimpiango le illusioni giovanili ;-) ma credo che arrivare a quella forma di rispetto e dialogo che auspicavo non sia qualcosa di automatico (non è sufficiente dare uno spazio di espressione e scambio ne basta la scoperta del piacere di dialogare, cosa non per tutti evidentemente). Per questo mi è piaciuta molto la semplice idea - proposta nell’articolo su Internazionale - di chiedere ai lettori informazioni (quindi un contributo) al posto di semplici opinioni su qualcosa. Certo, questo può anche scremare la partecipazione, ma chi partecipa lo fa dando valore aggiuntivo al prodotto editoriale - e questo è molto importante, per un prodotto editoriale che deve essere utile per chi legge e non noioso come lo sono invece i cosiddetti “flame” o scambi di opinioni non supportate da argomentazioni.

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Come sarà il 2019 (according to Microsoft)

<a href="http://video.msn.com/?mkt=en-GB&#038;playlist=videoByUuids:uuids:a517b260-bb6b-48b9-87ac-8e2743a28ec5&#038;showPlaylist=true&#038;from=shared" target="_new" title="Future Vision Montage">Video: Future Vision Montage</a>

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iPhone e Storm

Pare che il Blackberry Storm non sia dello stesso livello del resto della famiglia. Che abbiano fatto bene a non utilizzare questo spot? Sempre che sia veramente uno spot BB…

Via BB Gadgets

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Chiusura

Notizia del giorno: la comunicazione pubblicitaria italiana è sempre più libera da vincoli e costrizioni formali e ideologiche; per quanto riguarda le costrizioni formali, si narra di un banner che, in soli 75.000 pixel di superficie è riuscito a contenere 3 messaggi differenti e dissonanti, ma tutti insignificanti. Il banner, intervistato, sostiene: “però ero sotto ai 25kb”.
Per quanto riguarda il superamento delle costrizioni ideologiche invece, tutti abbiamo visto un’inserzione su Facebook con l’immagine di una maggiorata, accompagnata da un messaggio del tipo “Scopri l’origine del tuo cognome”. Certamente la questione prioritaria che si sono posti tutti i maschi esposti a quell’immaginetta sacra.

In questo contesto così ricco di senso e spunti sulla realtà, hanno osato fare irruzione le due immagini qui seguenti. Per fortuna qualcuno, almeno a Roma, ha pensato di non inquinare un ambiente semiotico così perfetto come quello in cui viviamo.

vanguard1

vanguard2

No, la vera notizia del giorno (per me, in realtà è di ieri) è che se un messaggio pubblicitario ti può far riflettere ma tu sei nel traffico, sei distolto dalla quotidianità, stai pensando a come riuscire a salire su un autobus e altri problemi fondamentali per il genere umano, allora ci sarà qualcuno che, per tuo conto e nel tuo esclusivo interesse, ti risparmierà questa fatica. A Roma l’Atac ha respinto le due pubblicità dinamiche di Current TV che vede poco più sotto, in spregio all’intelligenza delle persone (almeno di quelle rumaste intelligenti, quelle che quando vedono un messaggio che va in contrasto con le loro convinzioni, sono ancora più stimolate ad approfondire e capire).

Via SocialDesignZine.

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Semplicità

Stasera sono in vena di banalità, quindi dico semplicemente: l’azienda dovrebbe lavorare sul prodotto e sui suoi valori intrinseci, prima di pensare a qualunque attività di comunicazione, in particolar modo se questa è mirata a far parlare (a creare buzz, dovrei dire), a stimolare la prova e l’adozione. Non c’è alcun bisogno di costruire valori positivi su un prodotto tramite massicci investimenti, confondere le persone con messaggi ripetitivi e inquinatori dell’ambiente semiotico, se un prodotto possiede già, per sua natura, un contenuto di innovazione (risolvere problemi antichi in modo nuovo o problemi nuovi utilizzando metodi consolidati in altri campi); l’innovazione, così come altre caratteristiche del prodotto (in particolar modo il suo design, l’ergonomia, i materiali ricercati), comunica in maniera naturale e stimola il passaparola autentico.
Un prodotto che comunica per via delle sue caratteristiche permette di destinare le risorse pubblicitarie in maniera più sensata, evitando di obbligare chi fa il “creativo” ad applicare al prodotto valori estrinseci che non hanno un collegamento reale con il prodotto ed evitando a chi elabora la strategia media il compito di studiare metodi quasi-scientifici di calcolare esposizione e frequenza ottimale per far sedimentare un messaggio e tradurlo in un comportamento o in un atteggiamento favorevole.
Questa sera avevo bisogno di ripetere questo, perché ho la sensazione che molti professionisti si trovano a raccontare troppo spesso qualcosa di opposto a questa semplice realtà, ma - ed è la cosa che mi temo di più - sono le aziende clienti a volersi sentire raccontare questa versione dei fatti.

——-

Provocazione: sono dell’opinione di sottrarre ai “creativi” il controllo della produzione di websites a contenuti creativi per strumenti digitali. Questa è una extrema ratio provocatoria. Potrei anche accountentarmi del fatto che ad ogni kick off creativo si parta a ragionare, sempre come provocazione e come stimolo dato dall’inversione della consuetudine, di soluzioni tecniche, di interazioni tra l’uomo e gli oggetti virtuali, mai partendo dai contenuti e sempre partendo da come si sentono le persone e i loro cervelli ad avere (sullo schermo, o sul proprio device mobile) un potenziale mondo di interazioni che ne estende il campo cognitivo, che lo fa sentire implicitamente un individuo esteso, con possibilità “aumentate”.

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Microsoft Surface :)

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Creare simbiosi

Ho finalmente trovato il tempo di leggere l’articolo di Luca de Biase sull’ecologia dell’attenzione; De Biase fa una interessante introduzione sulla nascita dell’economia dell’attenzione come base dello sviluppo dei media negli ultimi 25 anni (mi piace sottolineare che sono stati i media a creare l’economia dell’attenzione ma che, come dice anche De Biase, i media stessi sono diventati vittima dell’eccessiva frammentazione, dovuta ai canali digitali e anche ad Internet; in sostanza i media funzionavano bene, come compratori di attenzione, quando non erano che pochi e univoci nel messaggio).

[Continua...]

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Campagne internazionali? Non trascurare la traduzione…

Ho appena ricevuto una newsletter da Grasshopper.co.uk, con 5 interessanti e divertenti errori (li riporto senza tradurli perche’ sono pigro).
Morale: per fare una campagna internazionale tradurre non basta, ma se lo fai almeno fallo bene…

1: Parker Pens launched an ad campaign in Mexico and the strapline, in the native language, read: It won’t leak in your pocket and make you pregnant (well, it was a ball point).

2: Gerber’s new tinned baby food launch in Africa showed, naturally enough, a baby on the label. Unfortunately in Africa, the picture on the tin usually depicts the contents. Baby food anyone?

3: An American biscuit company promoted an on-pack competition to win a weekend in fashionable Milan. Unfortunately the packaging showed a picture of the Eiffel Tower. Perhaps Sarah Palin was the copywriter.

4: Ten years ago Honda introduced its new car as the “Fitta” in Scandanavia only to find “fitta” was Nordic slang for a woman’s genitals. Never mind, the strapline was: ’small on the outside, but large on the inside’.

5: Finally, the whole world knows the Kentucky Fried Chicken slogan ‘finger-lickin’ good’. Sadly in Chinese it came out as ‘eat your fingers off’. Hmm, better go easy on the moist wipes.

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Just back, Just Wired

Sono appena tornato dall’evento serale legato alla presentazione di Wired in versione italica (ma sono sobrio); dell’evento in sé c’è realmente poco da dire se non che era una festa con poco di progettuale, che decisamente non ha veicolato un’idea di progettualità per le persone curiose e innovative. E’ stata una festa, il che per molti va bene, ma non è stata secondo me molto coerente con il posizionamento dichiarato dalla copertina (e io spero che non risulti nemmeno coerente con il posizionamente reale dell’edizione italiana - che potrebbe anche differire da quello dichiarato - perché se così fosse rimarrei davvero deluso).

Ho comunque in mano il prodotto editoriale, che ovviamente mi è stato regalato all’uscita (ma questo non influenzerà le mie opinioni ;-) e di questi tempi ho apprezzato l’assenza di qualsivoglia gadget (spesso inutile) aggiuntivo. Dell’evento la cosa che più mi è piaciuta è stata il posizionamento strategico di mini-frigo contenenti il nuovo prodotto nato dalla joint venture tra Coca-Cola HBC Italia (che per chi non sapesse è il cosiddetto “imbottigliatore”, colui che si occupa di produzione e distribuzione dei prodotti C-C; HBC sta per Hellenic Bottling Company…e non ho mai approfondito il riferimento alla Grecia ma sono sicuro che ha una sua spiegazione razionale) e Illy. Il prodotto si chiama Illyssimo e il nome non mi piace molto, ma il prodotto in sé sì, mi è piaciuto come aroma - è un caffè fresco in lattina - anche se non sono riuscito a berne più della metà, sebbene la lattina sia di appena 150 ml di contenuto; probabilmente sono troppo abituato al caffè ristretto (un sorso e via).

[Continua...]

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Il mobile social networking del futuro (non troppo lontano…)

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