404: da errore a opportunita’
Certo arrivare su una pagina di errore quando si cerca qualcosa non e’ mai piacevole, ma credo che la cara vecchia pagina 404 possa diventare un’ottima opportunita’ per creare una connessione con l’utente (o potenziale cliente).
Qui ho trovato alcuni interessanti esempi.
Amazon lancia Javari, lo Zappos europeo
Amazon ha appena lanciato in UK un nuovo store specializzato in scarpe e borse, Javari.
Vista la policy sembra quantomai probabile che questo sia destinato a diventare lo Zappos britannico: consegna gratuita, resi gratuiti, 365 giorni di tempo per i resi.
Vedo molto dura pero’ un’espansione in altri paesi europei, a meno che non abbiano messo in conto grosse perdite per i primi 3-5 anni.
Il sito e’ molto semplice e usabile. Condivide il database e le recensioni degli utenti con Amazon, quindi chiunque puo’ loggarsi usando gli stessi username e password che usa su Amazon.
Gia’ che ci sono colgo anche l’occasione per segnalare che Zappos ha appena rilasciato la versione “zeta” del proprio sito. Che ricorda un bel po’ Amazon…
Important news from The Economist
Ho appena ricevuto questa interessante email da parte dell’Economist.
La subject line e’ identica al titolo di questo post:
Dear Reader,
I’d like to inform you about important changes at Economist.com.
Beginning October 13th, we will be limiting access to certain sections of our site to subscribers only. Over the past few years, Economist.com has become a hub for intelligent discussion, with news commentary, blogs and an award-winning debate series. We will continue to encourage both subscribers and non-subscribers to participate in those conversations. We will also enhance the experience we offer our most loyal readers by expanding our subscribers-only features.
Currently, all content published within the last year is free of charge. Soon, this access will be limited to articles published within the last 90 days. The print edition contents page, which offers a convenient way to browse articles and features from the latest issue of The Economist, will also be limited to subscribers only.
Through these complementary aspects of Economist.com, we will continue to foster intelligent discussion and debate, while enhancing the value we bring to our community of subscribers.
I hope you’ll continue to visit the site and enjoy all it has to offer.
Sincerely,
Ben Edwards, Publisher
Economist.com
Sono curioso di vedere cosa succedera’. Al momento non credo che mi abbonero’, ma voglio vedere quanti articoli resteranno visibili a tutti e quanti saranno riservati agli abbonati.
In generale credo abbia senso per un giornale come l’Economist, e vederlo ricoperto di banner per poter sopravvivere non e’ una bella prospettiva.
Scelta coraggiosa.
Aggregazioni via Facebook e Twitter
In attesa che Google Wave venga effettivamente aperto alla comunità (per ora è disponibile, in preview, solo a tester “scelti”), riflettevo sulle vie di fuga dall’e-mail che si sono verificate con l’avvento di Facebook e Twitter (mi concentro quindi sull’utilizzo di questi strumenti per la messaggistica, tralasciando il resto). La realtà è semplice: le persone si scrivono via Facebook e Twitter anziché via e-mail. A posteriori viene da pensare che, data la già enorme diffusione dell’instant messaging come strumento alternativo alla e-mail, si poteva immaginare che strumenti come Facebook (e anche Twitter) avrebbero trovato un terreno già fertile per installarsi nelle abitudini di molti utenti.
Tra l’altro forse non dovrei tralasciare, nel discorso e quantomeno riguardo a FB, le funzionalità oltre alla messaggistica; probabilmente FB si sta affermando come strumento di messaggistica proprio grazie alla nuvola di altre funzionalità “parallele”. Mi sembra che FB sia - nell’uso che le persone ne fanno - una piattaforma di messaggistica arricchita dalla multimedialità e da contenuti editoriali di natura sociale e di intrattenimento, spontaneamente e a volte inconsciamente generati dagli utenti. Questo porta FB a diventare non solo punto di accesso alla Rete ma anche posto dove rimanere quando si è online, senza bisogno di uscire dal suo recinto: una sorta di subnetwork dell’Internet in generale, dove gli utenti possono fare molte delle cose che Internet permette di fare (messaging, informazione, interazione).
Lo spostamento delle abitudini (passaggio da strumenti dell’alba di Internet, quali la posta eletronica, al lifestreaming degli aggiornamenti di status) dovuto a Facebook e Twitter non farà, a mio parere, la fine del presunto fenomento Second Life (oblio). Questi (neanche poi così radicali, ma significativi) spostamenti nelle abitudini credo si siano consolidati e al massimo potrà venire uno strumento migliore di FB/Twitter (Google Wave?), ma la tendenza in atto non cadrà nell’oblio e porterà al massimo a nuovi sviluppi nella direzione di una maggiore simultaneità delle comunicazioni.
Segnalazioni da Cannes
Credo che le cose più interessanti da Cannes siano arrivate dagli speech collegati (non tanto quindi dalle premiazioni, per quanto le idee/esecuzioni premiate sono valide - e non solo perché un premio è arrivata alla media agency dove lavoro). Tra questi speech c’è stato quello di Steve Ballmer, il quale ha detto una cosa molto semplice: non siamo di fronte ad una crisi ma ad un reset, a seguire del quale lo scenario della pubblicità sarà profondamente innovato. Ovviamente non parlava a caso, gli interessi di Microsoft in questo campo sono enormi e il loro ruolo nel cambiamento è attivo (quindi parte del reset, se ci sarà davvero, sarà dovuto anche alle loro azioni).
Di quale innovazione si parla? Anzitutto della digitalizzazione di tutto l’esistente, quantomeno a livello di “media”. Non si tratta solo passare da tecnologia analogica a digitale (ovvero digitalizzare la tv e trasmettere sempre le stesse cose), si tratta di introdurre nei media la “logica” digitale, che è quella (per farla breve) della trinità: test-measure-refine. Questa è cultura digitale, non tecnologia.
Di nuovo, Microsoft ha interessi consistenti in questo campo. E’ stata ripresentata in questi giorni (in occasione di una partnership con Publicis - disclaimer: la media agency per cui lavoro è parte del gruppo Publicis) la notizia di Microsoft che ha sviluppato una soluzione (nome: Admira) adatta alla creazione di piattaforme di gestione e acquisto dell’inventario TV su televisioni via cavo. Sembra una questione tecnica, d’interesse per addetti al settore, pubblicitari, inserzionisti, editori, e irrilevante per gli altri. Invece interessa tutti, anche l’utente finale che è investito dalla pubblicità - perché magari egli sia un po’ meno investito da messaggi non rilevanti e sia invece raggiunto da comunicazioni più utili, purchè dietro alla tecnologia di un ad exchange ci sia - di nuovo - non solo la tecnologia ma anche una cultura di questo tipo presso pubblicitari e investitori. Per la cronaca, nel medesimo campo Google è già attiva (con Google TV Ads) da due anni; per loro dev’essere stato naturale pensare di trasporre la logica di gestione di Adwords su altri strumenti, estendendovi l’applicazione della logica “test-measure-refine” (oltre che con la TV ci hanno provato anche con la stampa, ma con poco successo tant’è che pochi mesi Google Print è stato dismesso).
Comunque, cosa succede dove la logica digitale contamina i media e le attività pubblicitarie? Succede che si formano nuove professionalità ad alto valore aggiunto e si tende a perdere un livello di intermediazione. La professionalità ad alto valore aggiunto è proprio quella che si occupa di testare un messaggio, misurarne gli effetti, proporre le correzioni: un consulente e un esperto di comunicazione. Il livello di intermediazione che si rischia di perdere è invece quella della concessionaria di pubblicità: ad exchange come Admira di Microsoft o Google TV Ads appaiono più efficienti e trasparenti del rapporto con le concessionarie. A questo punto anche per queste entità di pura intermediazioni tra un fornitore e un compratore si porrebbe il punto di dover introdurre valore aggiunto oltre alla semplice vendita e alla contrattazione.
In Italia comunque (che novità) siamo molto lontani da tutto questo. Non solo non è disponibile un ad exchange per la tv (che via cavo praticamente non esiste, e questo è un requisito per implementare questo tipo di mercato) ma siamo lontani da una vera implementazione anche per la gestione degli inventari online (ambito dove sarebbe più immediato e naturale operare questo cambiamento gestionale).